Alla terza conferenza internazionale sulla decrescita, l'economista francese ha messo in guardia ancora una volta dai pericoli del liberismo, rilanciando con forza la sua teoria delle 8 "R"
È il più autorevole esponente del movimento della decrescita. Da 30 anni, infatti, Serge Latouche, economista francese, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi XI e all’Institut d’études du devoloppement économique et social (IEDES) della capitale francese, espone le sue teorie basate sul cambio radicale della società dei consumi. Lo ha fatto anche a Venezia in occasione della Terza conferenza internazionale sulla decrescita 2012.
«Dobbiamo rompere col neo-liberismo e il social-liberismo per demondializzare, cioè rilocalizzare. Noi europei dobbiamo avere il coraggio di dire cosa significa uscire dall’euro, come scrive il mio amico Marino Badiali nel suo libro La trappola dell’euro. Dobbiamo riappropiarci della moneta che deve servire ma non asservire», ha argomentato dal palco del teatro Malibran durante la conferenza di apertura dell’evento. «Dobbiamo liberarci di due tabù: del protezionismo dei mercati finanziari basato sulla truffa del libero scambio e della concorrenza opponendo un protezionismo dei poveri e ambientale».
Latouche è convinto che attraverso la sua teoria delle 8 “R” (Rivalutare, Ricontestualizzare, Ristrutturare, Ridistribuire, Rilocalizzare, Ridurre, Riciclare, Riutilizzare) si possa dare vita ad un sistema sociale economico e politico più umano. «Si deve denunciare quella che io definisco la doppia impostura della “relance”, (contrazione di riguer e rilance ) neologismo inventato da Christine Lagarde, attuale presidente del Fondo Monetario Internazionale e che corrisponde al programma economico di tutti i paesi del mondo, siano essi liberisti o socialisti.
Noi denunciamo l’austerità ma anche la crescita negando il rigore. La nostra proposta poggia su tre pilastri: rilocalizzare che significa demondializzare, creando tessuto produttivo locale come stanno facendo i consumatori e produttori italiani a km zero proteggendo queste iniziative e ampliandole, riconvertire l’agricoltura: da produttivista, che genera obesità cancri e malattie cardiache, a ecologica senza pesticidi che porterà milioni di posti di lavoro producendo in modo corretto il cibo che consumiamo, riconvertendo non solo l’energia ma anche le materie “spiritualmente” tossiche come la pubblicità e il marketing. In ultimo ridurre gli orari di lavoro, per vivere meglio e per recuperare la dimensione della vita contemplativa».
Latouche ha salutato positivamente le piccole iniziative dal basso sorte spontaneamente in Italia e Francia come i GAS che «ho sempre detto che somigliano al concetto della costruzione dal basso di una società della decrescita», afferma, portando l’esempio dell’Ecuador che è sulla via della decrescita all’insegna del buen vivre del ripudio del debito pubblico. Tutti elementi utili «per uscire dall’inferno dell’attuale società della crescita senza crescita che è la cosa peggiore di tutto e che genera disoccupazione».
Più mistico il suo discorso tenuto alla Basilica dei Frari in quella che è stata la conferenza che ha suscitato maggior interessa e un’affluenza di pubblico record.
«Riconvertire significa uscire da una religione per andare verso un’altra», sono state le sue parole «un po’ come il progetto della decrescita che cerca di uscire dalla società della crescita cambiando i valori sui quali questa è basata -distruzione della natura, concorrenza sfrenata, ricerca profitto, egoismo, avidità- per realizzare un altro sistema sostenibile. La gente ha bisogno di avere una fede di ritrovare il senso del sacro. Se non consideriamo la natura come qualcosa di sacro allora non c’è più speranza per salvare il pianeta», ha concluso l’economista.
«I doni della natura sono meravigliosi ma dobbiamo finirla col sistema dell’usa e getta, del consumare sempre di più, e ritrovare il senso della materia prima e degli oggetti che sono frutto del lavoro umano».