Nasce come una costa di Dainese e mette in campo il background di conoscenze della grande azienda per tirare fuori dal casetto progetti innovativi e made in Italy
Si definisce una start-up con 50 anni di esperienza. D-Air Lab è un’azienda audace: nelle idee, nel progetto, ma anche nelle parole che utilizza per presentarsi. Un’audacia che affonda le sue radici in quella D che apre il suo nome, e che è la D di Dainese, dalla quale vede la luce. D-Air Lab, fondata nel 2015 da Lino Dainese, è una start-up innovativa, nata con l’obiettivo di individuare nuove applicazioni della tecnologia D-air®, il sofisticato airbag per la protezione della persona messo a punto da Dainese.
È suo il primo air-bag al mondo per la protezione dei lavoratori in altezza certificato come DPI. O il gilet pensato per i runner, dotato di LED frontali e posteriori per garantire totale visibilità, capace di rilevare una caduta seguita da immobilità prolungata e inviare una chiamata ad un numero di emergenza, assieme ad un SMS geolocalizzato.
Suo anche il progetto, ancora in fase di sviluppo, di un indumento per proteggere gli anziani in caso di caduta: dotato di sensori in grado di riconoscere il movimento della persona che lo indossa e, grazie ad un sofisticato algoritmo, attivare un airbag prima che la persona tocchi terra.
Ma quanto conta la strada percorsa come Dainese, e quanto l’adrenalina di un nuovo progetto? Lo abbiamo chiesto a Marco Soliman, Sales and Marketing Manager dell’azienda. “Le due cose sono un mix vincente: l’entusiasmo dei giovani che sono stati coinvolti nel nuovo progetto di D-Air Lab, assieme all’esperienza, i successi ed i primati raggiunti da Dainese, sono stati un ottimo punto di partenza per sviluppare tutti i nuovi progetti. La tecnologia che usiamo per l’air-bag, ma anche tutte le competenze messe in campo – sui materiali, sui tessuti sui prodotti – sono molto tecniche e quindi difficilmente avrebbero potuto essere sviluppati da una start-up. Occorreva una solida competenza. Dall’altra parte abbiamo tutto un know-how sulla protezione, che non vedeva l’ora di uscire da un ambito di nicchia, come quello delle competizioni motociclistiche e sciistiche, e che poteva essere utilizzato in nuovi ambiti di applicazione. È stato messo in campo tutto il background di conoscenze e brevetti, per dare libero sfogo alla creatività e tirar fuori dal cassetto dei progetti che erano pronti per essere sviluppati, ma che nelle logiche in una grande azienda facevano fatica a trovare il loro spazio. Necessitavano dell’agilità di una realtà più piccola.”
I vostri “vestiti intelligenti” sono progettati e prodotti interamente in Italia: una scelta sicuramente orientata alla qualità e all’eccellenza, ma anche alla sostenibilità in termini di controllo della filiera.
Assolutamente sì. Strategicamente, dal punto di vista dell’innovazione, mantenere le attività di “ricerca e sviluppo” non solo in Italia, ma interne all’azienda, è molto più funzionale che non se fossero delocalizzate o affidate ad aziende terze. Dal 2019 ci siamo strutturati integrando un team di persone di “R&S” di Dainese spa all’interno di D-Air Lab, proprio per rendere i processi più agili ed efficienti.
Questo ovviamente ci permette di lavorare con risorse del territorio, cosa a cui Lino Dainese tiene molto: coltivare i giovani talenti del territorio, farli crescere e dar loro nuove opportunità. Uno dei nostri obiettivi infatti è proprio quello di sviluppo del territorio, a cui siamo molto legati, anche attraverso la promozione di eventi, per esempio, per Vicenza Capitale della Cultura 2024 con il cui comitato Lino Dainese collabora.
Anche dal punto di vista dei materiali, la scelta di mantenere la produzione internamente ci permette di essere più sostenibili. Per esempio il tessuto della parte interna degli air-bag per i lavoratori in altezza è molto tecnico. Abbiamo acquistato un macchinario giapponese per poterlo produrre in house: lavora praticamente come una stampante 3D, per cui esce il tessuto già tagliato a misura, senza il minimo spreco.
Puntiamo su prodotti di ottima qualità, che possano essere quindi più duraturi. Inoltre analizziamo tutti i componenti dei prodotti per definire politiche di smaltimento e riciclo coerenti. Per esempio, nel prodotto Future Age per gli anziani, l’utente finale può sostituire soltanto la bomboletta di gas in modo da non dover sostituire l’intero prodotto. Su Workair non è possibile questo, ma l’evento di caduta dei lavoratori in altezza, dovrebbe essere molto più raro. In generale il nostro obiettivo è quello di ricondizionare sempre, quando possibile.
Puntate sul miglioramento delle condizioni di sicurezza sia sul lavoro ma anche nel tempo libero, per migliorare la vita di quelle persone che ambiscono ad una maggiore autonomia, come per esempio le persone anziane o i bambini che soffrono di attacchi epilettici. In tempi in cui si parla molto di salute mentale, quanto conta per voi la tranquillità generata dalla sicurezza fisica?
La sicurezza, sia fisica che mentale, è parte del nostro DNA. Ma per noi sicurezza vuol dire anche creare capi di abbigliamento di design, che vengano accettati dall’utente finale, che grazie alle nostre protezioni possa sentirsi di nuovo incluso nella società. Un bambino epilettico per esempio, dovrebbe indossare perennemente un casco, cosa che non fa perché è scomodo si sentirebbe a disagio. Così come l’anziano dovrebbe andare in giro con delle protezioni per scongiurare la rottura del femore.
Il concetto di “vestito intelligente” permette ai nostri prodotti di apparire come dei normali indumenti, in realtà nasconde la tecnologia di un sofisticato algoritmo, capace di attivare l’airbag piuttosto che la chiamata di emergenza ad un familiare. Questo consente a chi lo indossa di sentirsi più sicuro, e quindi di affrontare una comune passeggiata con maggiore tranquillità, ma anche di sentirsi a proprio agio in società. Riuscire a dare autonomia e indipendenza alle persone fragili è sicuramente una cosa che ci sta molto a cuore, e questo processo passa imprescindibilmente dall’accettabilità dei prodotti a livello di design funzionale ed estetico: indossare i nostri “vestiti intelligenti” con piacere consente di aumentare in modo esponenziale il numero di persone protette.
Future Age è il nome del progetto per la sicurezza delle persone anziane. Per i bambini epilettici userete la stessa tecnologia?
La tecnologia di base è più o meno la stessa, anche se hanno necessità differenti.
Gli anziani hanno bisogno di proteggere principalmente la parte dell’anca e della testa del femore, mentre i bambini epilettici la testa, la nuca ed il volto. Sono progetti sperimentali, molto lunghi per tanti aspetti: le cadute non sono tutte uguali, i movimenti sono completamente diversi. E questo si riflette sulle complessità che affrontiamo nella preparazione degli algoritmi: una persona anziana si muove lentamente ed in un ambiente circoscritto, mentre un bambino gioca, corre, salta. L’identificazione di quelli che sono i falsi positivi non è così banale e necessita di studi approfonditi.
Paola Greco