L'intero sistema italiano delle aziende private, degli istituti di ricerca, dei ministeri si sta mobilitando per fare dell'Italia una piattaforma di sperimentazione nel campo della sostenibilità su quattro ruote e, di conseguenza, dell'ambiente. Ma i tempi sono maturi?
Auto elettriche o tradizionali? Nel dibattito, le prime sono spesso propagandate come soluzione ideale ai problemi della futura mobilità. Tanto che l’intero sistema italiano delle aziende private, degli istituti di ricerca, dei ministeri si sta mobilitando per fare dell’Italia una piattaforma di sperimentazione nel campo della sostenibilità su quattro ruote e, di conseguenza, dell’ambiente. L’auto elettrica diventerebbe, insomma, una buona alternativa ai veicoli spinti da motori a scoppio alimentati da combustibili fossili, dal momento che non producono emissioni di gas. In realtà, non è facile confrontare gli effetti ambientali delle auto elettriche a batteria con quelli dei veicoli convenzionali a motore a scoppio: l’impatto ambientale della produzione, dell’uso e dello smaltimento delle batterie, infatti, non è mai stato valutato complessivamente con grande precisione.
Si legge sul sito lescienze.it che, per la prima volta, un gruppo di ricercatori dell’Empa (Swiss federal laboratories form materials science and technology) hanno effettuato una valutazione dettagliata del ciclo di vita delle batterie a ioni di litio, in particolare della loro versione evoluta, frequentemente utilizzata nei veicoli elettrici. Come termine di paragone è stata considerata un’auto di recente produzione, in grado di soddisfare la normativa euro 5 sulle emissioni, che consuma 5,2 litri di carburante per 100 chilometri, misurati secondo il New European Driving Cycle (NEDC), un valore significativamente inferiore a quello della media delle auto in circolazione. I risultati dello studio, basato su una percorrenza di 150 mila chilometri circa, mostrano che, se l’energia utilizzata per caricare la batteria non è ricavata esclusivamente dall’idroelettrico o da altre fonti rinnovabili, il suo impatto ecologico potrebbe essere paragonabile a quello di un’auto convenzionale. Questa stima è evidentemente una riprova di come la reale natura verde dei veicoli elettrici dipenda da dove si ricava l’energia primaria. Le batterie a ioni di litio in sé per contro, hanno un effetto limitato. In effetti solo il 15 per cento dell’impatto ambientale totale è ascrivibile alla batteria e la metà di esso è dovuto all’estrazione e alla lavorazione delle due materie: prime rame e alluminio, mentre solo il 2,3 per cento del totale, infine, è dovuto al litio.
«La produzione delle batterie al litio, d’altra parte, è responsabile solo del 2,3 per cento del totale», commenta Dominic Notter, coautore dello studio, il cui resoconto è apparso sulla rivista Environmental Science & Technology. Insomma, le batterie a ricaricabili a ioni di litio non sono dannose come finora ipotizzato.
Sta di fatto che sul mercato è in arrivo un gran numero di modelli, da parte di tutte le case automobilisitche. Un’industria che non sta certo navigando in buone acque ma che sta mettendo in campo i progetti migliori studiati nelle università e nei centri di ricerca delle imprese.
Legambiente, in collaborazione con l’Associazione Traffico e Ambiente Svizzera (ATA) ha stilato una EcoTopTen dei modelli più ecologici e una dei modelli con le migliori prestazioni ambientali considerati per categoria.
Per quanto riguarda le auto, oltre 850 modelli sono stati selezionati sulla base delle prime 100 marche di auto più vendute sul mercato italiano nel 2009 (fonte: Anfia) e dopo due anni di assenza dal vertice della classifica, tornano al primo posto delle auto più rispettose dell’ambiente: le ibride elettrico-benzina di grande cilindrata che si contendono le migliori prestazioni con le Gpl di classe mini e piccola, mentre le auto diesel sono rappresentate prevalentemente dalle piccole cilindrate.
Dal quadro condotto da Legambiente emerge che tutte le auto di nuova immatricolazione sono ormai euro 4, ma modelli euro 5 in circolazione, che anticipano le omologazioni del gennaio 2011, sono già più della metà dei veicoli analizzati e gli euro 6 sono già sei. Da un confronto con le EcoTopTen degli anni passati risulta che tra il 2008 e il 2009, i modelli sotto i 120 gr CO2/km erano raddoppiati passando da circa quaranta a un’ottantina. Nel 2010 sono più che raddoppiati: sugli 850 modelli analizzati sono saliti a ben 170: il 20%. Quasi tutte auto mini e piccole con una buona rappresentanza di medie inferiori. Esclusi Suv e fuoristrada.
“Ogni salto tecnologico sul fronte della trazione elettrica apre prospettive nuove e interessanti sul fronte ambientale ma l’impatto ambientale della motorizzazione soprattutto nella città non è dovuto esclusivamente ai gas che escono dai tubi di scarico ma dalle polveri generate da tutti gli attriti dei veicoli e dall’ingombro fisico delle innumerevoli auto private che abbiamo a disposizione”, commenta Andrea Pggio, vice presidente di Legambiente. E continua: “Basti pensare che le emissioni di Pm10 di un auto a benzina o a metano euro 4 sono ormai al 90% dovute agli attriti quindi il problema non è risolvibile sostituendo i veicoli attualmente in circolazione”. Cosa andrebbe fatto allora? “Bisognerebbe cambiare la natura dei veicoli e il numero degli stessi soprattutto in ambito urbano. A questo proposito è molto interessante lo sviluppo di piccoli veicoli elettrici anche per una o due persone se queste vengono utilizzate in maniera condivisa perchè possono rappresentare l’ultimo miglio mancante tra le linee di forza della mobilità pubblica e gli innumerevoli luoghi di origine e destinazione per gli spostamenti”, continua Poggio. Il punto principale di interesse, dunque, è proprio questo: bisognerebbe riuscire a coprire l’ultimo miglio con forme di mobilità fatte da piste ciclabili, piccoli veicoli elettrici a quattro ruote che potrebbero sostituire gli spostamenti nelle aree metropolitane italiane.
A questo aggiungere “una potenzialità di veicoli facilmente accessibili con un buon supporto di informazioni e di forme di abbonamento per circuiti alternativi. Spesso non si conosce la possibile integrazione tra un servizio di metropolitana e la linea dell’autobus, non si riescono ad avere forme di abbonamento integrato. Il sistema pubblico deve essere funzionante e accessibile”, precisa il vice presidente di Legambiente.
“Indubbiamente ci sarà sempre bisogno dell’auto tradizionale, il problema è in quanto la si usa, se da soli o in tre o quattro, e per fare quanti chilometri. La Fiat, per esempio, per un po’ di anni potrà continuare a fare auto per la Cina oltre che per l’Italia ma poi dovrà fornire mezzi alternativi”. Qual è allora la via d’uscita? “Quello che ha imposto Obama come superamento della crisi dell’auto, che poi è la stessa linea di indirizzo chiesta dall’Ue: la riduzione della CO2”.
Secondo le direttive della Commissione Europea entro il 2012 il 65% dei veicoli venduti non dovranno superare i 120 grammi di CO2 per chilometro, nel 2015 si deve giungere al 100%. Obiettivo al 2020 saranno i 95 grammi di CO2. L’intesa ha previsto che si arrivi ad una riduzione di emissioni fino a 130gr/km grazie al miglioramento della tecnologia dei motori, alla quale si aggiunge una ulteriore riduzione di 10 gr/km con una migliore performance dei pneumatici e con l’uso di biocarburanti. Quindi 120 grCO2/km.
Quanto alla Cina, la domanda sorge spontanea: dovrà ripercorrere i nostri stessi errori? “Loro sono molto più efficienti di noi e degli Stati Uniti, basti guardare alle centrali elettriche a carbone. Inoltre stanno installando molti più pannelli solari pro capite di quanto facciamo noi in Italia. La Cina è stato il secondo paese al mondo in installazione di eolico dopo gli Usa l’anno scorso e sta diventando il primo mercato al mondo del fotovoltaico. Nei prossimi 20 anni hanno, sì, in mente di fare 20 centrali nucleari (se no ci sarebbe troppo carbone) ma hanno il progetto di fare 120mila megawatt solo di eolico. Basti pensare che oggi nel mondo in tutto sono installati 140mila mgw.
Parlando di numeri veri, comunque, la green economy, di fatto, ha già superato la vecchia economia. Quando Enel dice di fare il nucleare e di portare in Italia 2000 posti di lavoro in 10 anni non prospetta numeri molto forti, dato che la stima sui dati occupazionali sulle rinnovabili in Italia tra occupati diretti e indotto è di 80mila posti di lavoro. Solo per la Lombardia il numero è di 20mila persone”, conclude Poggio.