Assicurazioni Generali, Fondazione Cariplo e 35 privati sono partner dell'istituto di credito. Che lavora per dare agli stranieri prodotti finanziari ad hoc, aiutandone l'integrazione e l'emancipazione. Senza rinunciare al business
L’integrazione passa dal conto in banca. Ha aperto a marzo a Milano il primo istituto di credito per immigrati, buon esempio di sostenibilità finanziaria. Un nuovo gruppo bancario, Extrabanca, che vede tra gli azionisti di riferimento due colossi della finanza italiana come Assicurazioni Generali e Fondazione Cariplo. A completare il parterre, 35 soci privati che hanno scelto (primi in Europa) di scommettere sul futuro dell’immigrazione. Un futuro a doppia cifra visto che il trend di crescita delle presenze straniere in Italia è destinato a raddoppiare entro i prossimi 15 anni. Da qui l’idea di aprire le frontiere della finanza agli stranieri, una fascia di popolazione che finora era rimasta esclusa dal mercato bancario. Oggi grazie a Extrabanca e alla sua prima filiale in via Pergolesi a Milano arrivano prodotti concepiti sulle esigenze degli immigrati: conti correnti a zero spese, carte di pagamento internazionali e agevolazioni per i mutui. Ma non solo, perché se è vero che lo spirito dei fondatori racchiude un fine etico – dare pari dignità economica agli italiani e agli stranieri – c’è poi l’aspetto più commerciale del business, ossia il grande mercato delle “rimesse“, i guadagni dei lavoratori stranieri che ogni giorno vengono inviati nei Paesi d’origine. Un settore attualmente coperto da servizi costosi di money transfer, che resta totalmente fuori dal circuito bancario. Si tratta di cifre considerevoli visto che il mercato italiano delle rimesse è secondo a livello mondiale, preceduto solo da quello degli Stati Uniti.
«Non siamo una banca etica, ma un istituto commerciale» commenta Andrea Orlandini, presidente di Extrabanca, «quindi la finalità dei nostri soci è quella del profitto. Tuttavia abbiamo deciso di offrire agli immigrati servizi professionali e studiati ad hoc per le loro esigenze, che restituiscano dignità sociale ai lavoratori stranieri e li aiutino nei loro percorsi d’integrazione». Nel gruppo Extrabanca si parlano 13 lingue e il 55 per cento dei dipendenti è di origine straniera. «Non una scelta casuale, anche perché gli immigrati coprono funzioni decisive, come la vicepresidenza». Ma le differenze con molti istituti di credito non sono finite. Nella filiale di via Pergolesi, alla quale faranno seguito altre due agenzie (una a Milano e l’altra a Roma, e successivamente la copertura delle 15 principali province), niente banconi né casse, ma un grande open space con postazioni con divanetti e poltrone dove dialogare in tranquillità con i dipendenti: «Vogliamo venire in contro alla nostra clientela anche in questo modo» ha spiegato il direttore generale, Paolo Caroli, ex vicedirettore generale dei Credito Emiliano, «Vogliamo parlare con i nostri clienti, fargli conoscere gli strumenti migliori per le loro esigenze».
Del progetto fa parte anche la Fondazione Cariplo che già finanzia programmi di microcredito e finanziamenti sociali. Ma in questo caso è la vocazione imprenditoriale a fare la differenza. Il settore, secondo gli analisti, può rappresentare infatti un’ancora di salvezza importante per il mondo della finanza alle prese con la crisi economica mondiale. A Milano e provincia gli stranieri residenti sono oltre 430 mila con oltre 20 mila aziende a titolare extracomunitario. In Lombardia un atto notarile per vendite immobiliari ogni cinque è ormai intestato a uno straniero. Il tasso medio di crescita degli stranieri residenti per il triennio 2009-2012, infine, è stimato in crescita del 17 per cento. Il futuro insomma vedrà un mercato bancario sempre più multietnico. Da qui la scommessa di Extrabanca. Una scommessa che rischia di rivoluzionare l’intero sistema del credito. Nella filiale numero uno gli sportelli sono aperti dalle 9 alle 19 con orario continuato, sei giorni su sette, con aperture straordinarie domenicali: «Vogliamo andare incontro alle esigenze dei nostri clienti, una comunità molto operosa e per questo» conclude Caroli, «abbiamo deciso di prolungare gli orari e i giorni di apertura. Sia chiaro però: i nostri prodotti sono “tagliati” sulle necessità delle famiglie immigrate, ma siamo aperti a tutti. Anche agli italiani: solo così si realizzerà il massimo dell’integrazione».