Torino ospita un’importante iniziativa sociale che sta avendo una buona riuscita: un condominio creato per ospitare persone in difficoltà: donne sole perché separate o in fuga insieme ai figli da situazioni familiari insostenibili, anziani, rifugiati di guerra e immigrati senza lavoro. A tutti loro il condominio solidale di via Romolo Gessi 4/6, detto “Casa di zia Jessy” cerca di dare una risposta pur se temporanea. Il quotidiano La Repubblica ha dedicato all’iniziativa un ampio articolo che la descrive come un’esperienza sperimentale molto positiva. Attualmente si ospitano come residenti stabili 18 anziani inseriti nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi comunali, insieme a otto nuclei familiari, prevalentemente mamme con bambini, la cui permanenza è fissata in 18 mesi; altri quattro alloggi sono destinati alle “famiglie affidatarie” che affiancano durante la permanenza in condominio gli ospiti temporanei.
Il progetto, che ha tra le sue finalità “l’accoglienza abitativa, l’accompagnamento sociale, la promozione della salute dei cittadini che versano in condizioni di temporanea fragilità”, è stato dato in concessione dal comune di Torino, tramite bando pubblico, all’associazione AGS (Associazione Giovanile Salesiana) ed è finanziato dal Programma Housing della Compagnia di San Paolo, coordinato da Maria Grazia Tomaino. L’obiettivo finale è il conseguimento della definitiva autonomia dei cittadini che abitano in via temporanea negli otto alloggi, ma anche il consolidamento del condominio stesso quale risorsa di reti solidaristiche anche dopo il termine dell’esperienza abitativa e il conseguimento della definitiva autonomia.
Una soluzione all’insegna del cohousing e del buon vicinato che potrebbe trovare proseliti anche in altre città italiane dove sarebbe bello poter recuperare un’ottica di accettazione e solidarietà a partire dal proprio quartiere, a cominciare dalla famiglia della porta accanto. Donne sole in difficoltà e anziani senza amore e attenzioni sono realtà comuni in molti condomini di Milano, Roma e via dicendo. A volte basta davvero poco.
Fonte: La Repubblica