Rischiose e costose o pratiche e sicure: la quarta gamma è stata anche di recente al centro di molte polemiche sulla carica microbica del prodotto e sulla sua deperibilità. La praticità ha il suo prezzo ma ne vale la pena?
Si chiama “quarta gamma” ma dietro il nome astruso nasconde una realtà che ci è ormai familiare: l’insalata in busta. Pratica e porzionata, si raccoglie al volo dai banchi del fresco, si apre e si versa direttamente nel piatto senza bisogno di essere lavata.
Secondo uno studio condotto dall’Università di Torino su 100 buste di insalata pronta – studio cui è stato dato molto spazio nell’articolo “Lavate e asciugate ma piene di germi” pubblicato sul numero 27 de Il Salvagente – le insalate in busta richiederebbero, tuttavia, un ulteriore lavaggio domestico per diluire la carica microbica. Lo studio, infatti, come evidenzia l’articolo de Il Salvagente, avrebbe denunciato elevate quantità di microrganismi di varia natura destinati a moltiplicarsi dopo l’acquisito, microrganismi che farebbero deperire il prodotto in pochi giorni, ben prima della scadenza indicata sulla confezione e aumenterebbero il rischio di tossinfezione alimentare quando sono presenti microrganismi patogeni.
La cosa è un po’ più complessa. L’articolo in questione è stato, infatti, seguito da un’articolata replica della Sezione Prodotti Ortofrutticoli di IV Gamma di AIIPA, Associazione rappresentativa dei produttori che operano sul mercato italiano del fresco confezionato di IV Gamma, replica che ospitiamo per amor di completezza perché riteniamo sia giusto dare spazio al punto di vista di tutte le “parti in causa”.
Nello stesso tempo, un’analisi microbiologica condotta dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta su 305 campioni dimostrerebbe che le insalate confezionate in busta, lavate e pronte all’uso, sono sicure; l’importante è che vengano conservate in frigo per non più di una settimana.
Ambrogio De Ponti, presidente di Unaproa, l’Unione nazionale che rappresenta oltre l’80% delle organizzazioni di produttori interessate alla coltivazione e confezionamento delle insalate pronte per l’uso, parla di ingiustificato allarmismo mediatico che rischia di mettere in difficoltà un settore che registra trend di consumo e di gradimento in costante crescita – con un fatturato di oltre 250 milioni di euro ogni anno e con oltre 8.000 ettari investiti – e chiede al ministero della Salute un urgente intervento chiarificatore sull’argomento ”a tutela dei produttori e dei consumatori”.
Al di là della questione microbica, fatta salva la sicurezza del prodotto, rimane però il dubbio se valga la pena acquistare un prodotto che sfuso costerebbe in media una decina di euro in meno e che, in fondo, chiede in cambio solo una decina di minuti del nostro tempo per essere lavato e tagliato.