Il complesso considerato sostenibile dai suoi promotori si trova a 25 chilometri dalla città di Dubai ed è costituito da 500 villette, serre, piste ciclabili ed ospita 2.700 abitanti
Per i «pro», è uno dei massimi esempi di sostenibilità da assumere come modello. Per i «contro», l’esperimento in atto a Dubai è quanto di più lontano esista da un approccio «amico» dell’ambiente. Pannelli solari sparsi su una zona fino a pochi anni fa occupata dal deserto. Serre per coltivare gli ortaggi in città, in modo da servire le quasi tremila persone che dal 2014 a oggi si sono stabiliti nella «Sustainable City»: l’ipotesi divenuta realtà alle porte di Dubai, una città «verde» in miniatura che vuole dimostrare come possa essere possibile mostrarsi sensibili alle tematiche ambientali anche negli Emirati Arabi, dove secondo gli esperti quasi l’80 per cento del cibo che si consuma è di importazione e il consumo di acque e aria condizionata la fanno da padrone almeno per sei mesi all’anno, per fronteggiare temperature difficilmente conciliabili con la vita che oggi si fa sull’Oceano Indiano.
DUBAI POTRÀ MAI ESSERE SOSTENIBILE? – Esempi di città «green» ce ne sono diversi nel mondo: il campus di Davis (Stati Uniti), le esperienze asiatiche di Songdo (Corea del Sud) e Fujisawa (Giappone). Realtà dove vecchi concetti e nuove tecnologie provano a fondersi per creare la città ideale per l’uomo del futuro. Qualcosa di analogo si sta provando a fare anche a Dubai, ma in questo caso il fronte delle opinioni non è ugualmente compatto. L’innegabile capacità delle maestranze impegnate in quella che è diventata la Capitale occidentale del lusso, dell’architettura ultramoderna e della vita notturna ha portato alla creazione di una città maestosa e surreale. La stessa che però fa un’enorme fatica a tenere sotto controllo i consumi, al diffondersi di isole artificiali, grattacieli sulle spiagge e impianti sciistici innevati in pieno deserto. Sembra difficile, di fronte a un simile scenario da «Disneyland», parlare di sostenibilità. Ma l’obiettivo che Dubai si è data per il 2020, anno che la vedrà protagonista dell’Esposizione Universale, è ambizioso: essere autosufficiente sul piano energetico, sfruttando tanto l’energia solare quanto quella eolica. Da qui l’idea di realizzare la «Sustainable Dubai».
«SUSTAINABLE DUBAI»: DI COSA SI TRATTA? – Il complesso, a 25 chilometri da Dubai, è costituito da 500 villette, per un totale di 2.700 abitanti. A completare l’opera 11 serre che ospitano coltivazioni ortofrutticole biologiche per la produzione alimentare locale, edifici per uffici e attività commerciali, un hotel, una scuola, un centro di innovazione, un centro religioso e un complesso sportivo. All’interno del villaggio, tutte le case
sono orientate verso nord: per massimizzare i benefici dell’ombra e ridurre l’utilizzo dei condizionatori. Tra i viali si circola esclusivamente con mezzi elettrici o con biciclette. Vietato l’uso delle auto tradizionali, la linea di trasporti è alimentata a energia elettrica e la rete di piste ciclabili è tra le più sviluppate al mondo. Per la gestione delle acque reflue, sono state previste due condotte differenziate: una per quelle grigie e una per quelle nere. Queste acque vengono successivamente raccolte in due laghi e convogliate in alcuni canali al fine di irrigare e di raffreddare l’aria delle serre. Per sei mesi l’anno ortaggi e frutta vengono coltivati all’esterno, mentre nei mesi più caldi la coltivazione si sposta dentro le serre. Queste ultime sono raffreddate artificialmente con un sistema utilizzato nel deserto da moltissimi anni. Ciascuna serra è dotata di ventilatori che buttano l’aria all’esterno. L’aria passa attraverso dei pannelli resi umidi dalle acque grigie purificate: in modo da far calare di 10-15 gradi la temperatura.
UN MODELLO PER ALTRE CITTA’? – La sua costruzione è cominciata cinque anni fa come desiderio di un cambiamento reale al problema ambientale: «La città sostenibile deriva dalla crisi finanziaria globale di dieci anni fa – spiega Karim El-Jisr, del See Change Institute -. Ci siamo resi conto che era necessario creare un modello diverso, più ecologico e sostenibile sul piano economico». Il progetto è stato sviluppato dallo studio Diamond Developers, un collettivo di esperti in ecosostenibilità e energie rinnovabili. «Crediamo che un progetto di questo tipo non possa finire qui. Una vera misura del nostro successo non è ciò che vedi qui, ma è vedere la replica di questo fatta da altri in altre città».
Twitter @fabioditodaro