Wise Society : Le case post terremoto a Pescomaggiore: green e low-cost

Le case post terremoto a Pescomaggiore: green e low-cost

di Olivia Rabbi
18 Maggio 2011

Un po' cohousing un po' eco-villaggio, con abitazioni autocostruie in legno e paglia. Antisismiche e a basso costo. Succede a Pescomaggiore, nell’Aquilano. Dove dall’emergenza del dopo sisma è nato un progetto di rinascita di un’intera comunità. Che condivide un sogno, un orto biologico e un frutteto da mille metri quadrati

Prima del terremoto dell’Aquila, Pescomaggiore, frazione di Paganica (AQ) e piccolo borgo di origini altomedievali, era uno dei tanti insediamenti in fase di abbandono e spopolamento. Oggi è il motore di un progetto di rinascita che ha trovato un forte simbolo nel ecovillaggio, speciale insediamento di sei unità abitative in via di completamento (previsto entro l’estate) dove le case, costruite dagli stessi residenti con l’aiuto di volontari da tutta Europa e il sostegno economico di una rete di donatori, sono di legno e paglia. Antisismiche, con ottime prestazioni di isolamento termico e consumo energetico molto ridotto.

Autocostruzione

L’ecovillaggio di Pescomaggiore

L’idea era già nata prima del sisma di due anni fa, su iniziativa del Comitato per la rinascita di Pescomaggiore, nell’ambito di una proposta molto più ampia per il rilancio dell’economia e la valorizzazione della memoria locale. Il terremoto ha accelerato il progetto e ne ha fatto una risposta abitativa per chi aveva perso tutto. Un villaggio autocostruito che può consentire a famiglie sia di Pescomaggiore che residenti nel cratere sismico di restare vicine alle proprie abitazioni e contribuire attivamente alla ricostruzione. Le case, assegnate in comodato d’uso, a fine emergenza diventeranno un luogo per l’ospitalità e per lo svolgimento di attività collettive a supporto dell’economia della zona.

Le case in paglia

Essenziali, modulari ma soprattutto facili da costruire o, meglio, autocostruire. Così sono state concepite le abitazioni dell’Ecovillaggio, il cui progetto è stato seguito dagli architetti Paolo Robazza e Fabrizio Savini del Bag (Beyond Architetcture Group) Officina Mobile di Roma, con l’assistenza tecnica di Caleb Murray Burdeau, esperto di bioarchitettura. L’insediamento sorge a poche centinaia di metri dal paese e comprende casette unifamiliari da due e tre locali low cost (500/600 euro per mq): realizzate su platea di calcestruzzo con struttura portante di legno e tamponamento in balle di paglia, capaci di creare un involucro esterno a prova di freddo, seguendo i principi dell’architettura bioclimatica, basata sullo studio dell’orientamento rispetto al sole. La copertura è isolata con fiocchi di cellulosa.

Le pareti sono intonacate con un impasto che riutilizza i coppi, macinati, provenienti dai tetti delle case distrutte. L’energia elettrica arriverà da impianti fotovoltaici, il riscaldamento proviene invece da una stufa a legna sufficiente a scaldare tutta la casa in un paio d’ore di funzionamento. A breve saranno installati anche pannelli solari per riscaldare l’acqua sanitaria. Le tecniche di costruzione con la paglia non sono nuove in sé ma la vera novità è averle utilizzate come risposta a un’emergenza. «L’Ecovillaggio è nato dall’incontro fra noi architetti e la comunità dei futuri abitanti dopo il sisma» racconta Paolo Robazza. «Solo per le prime due case, in otto mesi il cantiere aveva impegnato 20-30 persone fra abitanti e volontari, arrivati via Facebook, Internet o semplice passaparola».

La paglia, un materiale fortemente isolante, ha permesso di costruire velocemente, recuperando gli scarti di lavorazioni agricole provenienti dai campi vicini. «Una balla di paglia equivale a dieci mattoni», sottolinea Robazza. Sembra un approccio da fondamentalisti del bio a tutti i costi ma in realtà è sano pragmatismo. «Se dovessi costruire una casa per me la farei così, non per questioni ideologiche ma per aspetti pratici e concreti», aggiunge l’architetto.

Un futuro da auto-costruire

Autocostruzione

Autocostruzione e paglia

Sono già quattro le case realizzate all’Ecovillaggio, una è in fase di completamento. A fine progetto, entro l’estate, diventeranno sei con un ultimo edificio destinato a ospitare i donatori e i volontari che ne hanno reso possibile la costruzione. Intanto la piccola comunità è già formata e compatta e comprende oggi una decina di persone, tra cui anche due arzilli ottantenni.

Cittadini stravaganti alla ricerca di una perduta età dell’oro? Niente affatto, chi abita all’Ecovillaggio insegue un sogno molto concreto: restituire vitalità a un borgo in via di spopolamento e ricostruire, questo sì, una comunità condivisa, radicata nella memoria della cultura agricola autoctona. Il terremoto, è arrivato dopo.

Filippo Tronca, residente-costruttore dell’Ecovillaggio, sperava di trasferirsi a Pescomaggiore già prima del sisma. «O ti affidi alla Protezione civile e fai il “terremotato doc”, o cerchi un’altra soluzione», dice. «Noi vogliamo proporci come generatore di energia per superare le difficoltà del post terremoto, confrontandoci con i residenti del paese per promuovere insieme opere di ricostruzione, anche sociale ed economica» aggiunge Tronca.

Casa a Pescomaggiore

Casa a Pescomaggiore

Il punto di partenza e di arrivo è la terra. «Con il grano produciamo il pane e costruiamo le case spendendo pochissimo». Per raggiungere l’autosufficienza alimentare e ripagare almeno in parte i costi del progetto è stato realizzato anche un orto biologico che sarà irrigato in futuro con l’acqua trattata dall’impianto di fitodepurazione. Previsti anche l’apertura di un forno comunitario per i produttori di Pescomaggiore e dei borghi limitrofi, il varo di una Proloco per la vendita diretta e lo scambio dei prodotti come pane, cereali e zafferano. Già avviato il frutteto da mille metri quadrati con 40 piante autoctone, fulcro del progetto “Frutta antica” varato nel piano di azione Alma (Abitare-Lavoro-Memoria-Ambiente, per la rinascita di Pescomaggiore). Un’esperienza che coinvolge davvero tutti, anziani compresi, e aiuta a guardare avanti.

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