L'insetto, dopo la Liguria, minaccia il Veneto, la Lombardia e l’Emilia. Gli esperti: "Occorre il finanziamento di una rete di monitoraggio scientifica"
Mai così lontano dalla zona rossa di infestazione, il Ponente Ligure, dove è apparsa per la prima volta nel 2012. La Vespa velutina, o calabrone asiatico, pericoloso insetto alieno predatore di api e altri impollinatori, dopo la penetrazione in Liguria e Piemonte meridionale e centrale (in provincia di Cuneo e Torino), si sta spingendo sempre più verso il Veneto (in provincia di Rovigo), la Lombardia e l’Emilia.
Vespa Velutina: perché è pericolosa
Comparsa in Europa per la prima volta nel 2004 in Francia, la Vespa velutina è stata responsabile, secondo i dati forniti dalla Francia stessa, della perdita di alveari pari al 50%, con un avanzamento potenziale di cento chilometri all’anno. Oltre a cacciare direttamente le api all’ingresso dell’arnia, il calabrone impedisce loro di uscire per raccogliere nettare e polline, indebolendo in questo modo anche le colonie che rischiano di morire.
L’emergenza è in primavera
La segnalazione è giunta sul sito della rete scientifica Stop Velutina, coordinata dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura ed Economia Agraria (Crea) e comprendente il Centro Nazionale Ricerche (Cnr), le università di Firenze e di Pisa e gli apicoltori di Apiliguria. «Si tratta sicuramente del calabrone asiatico e purtroppo ora è tardi per mettere in piedi una squadra che individui ed eradichi i nidi – ha confermato Laura Bortolotti, entomologa del Crea e coordinatrice di StopVelutina -. In questa stagione, infatti, i nidi sono già spopolati e le regine di velutina, già fecondate dai maschi, stanno iniziando il periodo di svernamento in attesa di fondare una nuova colonia. A primavera la popolazione di calabroni potrebbe aumentare esponenzialmente».
Come fermare la Vespa Velutina? Le strategie di difesa e sorveglianza
I ricercatori del Crea sono già al lavoro per avviare una procedura di sorveglianza per la prossima primavera. In accordo con la Regione Veneto e con quelle limitrofe, infatti, si coordineranno con gli apicoltori, le associazioni, i rappresentati di enti competenti per delineare insieme una strategia per tentare di eradicare o quanto meno contenere questo nuovo focolaio della Vespa velutina.
In quest’ottica, segnalano gli esperti, è sempre più urgente il finanziamento di una rete di monitoraggio scientifica, composta da alveari sentinella, in grado di intercettare l’avanzata di questo e altri parassiti. La rete preesistente, grazie ai progetti Beenet e Velutina, non è stata più finanziata ed è oggi basata solo sul volontariato degli apicoltori. «Occorre dunque – conclude Laura Bortolotti – proseguire e incrementare le reti regionali già avviate nelle regioni fin ora considerate indenni, come quelle di Toscana, Emilia Romagna e Lombardia, e ampliarle al Veneto e a tutto il Nord Italia».
Un pericolo serio per le api e gli insetti impollinatori
Si tratta di un’ulteriore tegola abbattutasi sul capo delle api e degli altri impollinatori, che secondo il primo rapporto pubblicato dall’organismo dell’Onu per la biodiversità, l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), sarebbero a rischio di estinzione.
Un aspetto tutt’altro che irrilevante per l’ecosistema, se si considera che quasi il novanta per cento delle specie di piante selvatiche e oltre tre colture alimentari su quattro dipendono in parte dall’impollinazione da api, farfalle e altri animali. L’ape occidentale è l’impollinatore più diffuso nel mondo e produce circa 1,6 milioni di tonnellate di miele all’anno. Il declino delle api ha raggiunto il 37% delle specie. Tra le cause di questa situazione, gli esperti indicano diverse cause: dall’agricoltura intensiva (con uso di pesticidi) all’inquinamento, dall’arrivo delle specie aliene al cambiamento climatico.
Twitter @fabioditodaro