Wise Society : Vertical farming, l’agricoltura del futuro: cos’è e come funziona

Vertical farming, l’agricoltura del futuro: cos’è e come funziona

di Andrea Ballocchi
19 Aprile 2022

Il vertical farming potrà fornire una risposta ai crescenti bisogni di cibo fresco nel mondo? Sulla coltivazione verticale sono in molti a scommettere: secondo Statista, il valore del mercato dovrebbe raggiungere circa 20 miliardi di dollari entro il 2026, partendo da circa 5,5 miliardi di dollari nel 2020. Gli Stati Uniti hanno recentemente incluso l’agricoltura verticale nella politica agricola federale, dedicando fondi (2 milioni di dollari fino al 2023 per lo “sviluppo dell’agricoltura urbana, interna e di altre forme emergenti di agricoltura”.

Vertical Farming

Foto Lianoland Wimons, CC BY-SA 4.0 / Wikimedia Commons

Vertical Farming, la necessità di un’agricoltura high-tech

La necessità di avere un alleato high-tech per l’agricoltura tradizionale è quanto mai urgente. Pensando che oggi sulla Terra vivono 8 miliardi di persone e nel 2050 se ne conteranno 9,8 miliardi, la speranza è che la coltivazione verticale possa offrire un contributo, di nicchia magari, ma comunque significativo, specie per le grandi città. Lo farà contando su un elevato impiego della tecnologia, utile per il monitoraggio dei parametri e dei nutrienti, riducendo al minimo i consumi energetici, ma anche l’impiego di acqua, nutrienti e sostanze fertilizzanti e antiparassitarie.

Cos’è il vertical farming?

Ma cosa si intende per vertical farming? Ebbene, questa tecnica fa parte della cosiddetta “agricoltura protetta”, che comprende anche la coltivazione in serra. Definisce una serie di pratiche colturali che permettono di coltivare specie vegetali su più livelli sovrapposti. L’obiettivo è massimizzare il numero di piante a metro cubo, cioè il numero di piante che possono essere coltivate in volume.

Il termine vertical farming è un concetto nato negli anni Settanta del XX secolo reso popolare da Toyoki Kozai, presidente dell’Accademia Agricola del Giappone, e da Dickson Despommier, professore emerito di microbiologia e salute pubblica alla Columbia University dove ha sviluppato il concetto di agricoltura verticale a partire dal 1999.

Le vertical farm sono caratterizzate da elementi comuni: sono situate in o molto vicino a grandi centri urbani, caratterizzati da alta densità demografica (le grandi metropoli sono le più interessanti a questo proposito); si basano su metodi di coltivazione idroponici o aeroponici, in ogni caso a consumo di suolo zero. Inoltre, tali strutture utilizzano sistemi tecnologici avanzati per controllare le condizioni di coltivazione al fine di ottimizzare l’uso delle risorse e la produttività delle piante. Acqua e nutrienti sono per lo più riciclati e il consumo di risorse è radicalmente ridotto.

Insalata in vertical farming

Foto Shutterstock

Che piante si coltivano in vertical farming

Ci sono delle varietà vegetali che si prestano particolarmente per la coltivazione mediante vertical farming. Insalata e pomodori sono le più indicate, per la rapidità di crescita e le rese elevate in rapporto allo spazio. Colture orticole, verdure a foglia, pomodori, ortaggi, ma anche piante aromatiche (il basilico, per esempio) possono essere ideali, come pure funghi e germogli.

Le tecniche di coltivazione maggiormente usate sono idroponica e acquaponica. La prima è una tecnica fuori suolo in cui le radici delle piante crescono a contatto diretto con l’acqua. L’acquaponica unisce l’acquacultura (di ricircolo) alla coltivazione idroponica, in modo da creare le condizioni per un ambiente simbiotico che consenta di produrre in contemporanea piante e pesci.

Un settore in crescita, tra potenzialità e limiti

Sul numero di imprese attive nel vertical farming non ci sono cifre precise. Esistono miriadi di startup, ma ci sono realtà di medio-grandi dimensioni. I paesi più attivi in Europa sono Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito «ma il mercato del vertical farming è ancora una realtà in divenire: un elemento importante per il suo sviluppo è in un contesto di città metropolitane, con altissime concentrazioni demografiche e dove i modelli di business potranno avere successo – afferma Michele Butturini, plant scientist ed esperto di vertical farming –. Il motivo è legato al fatto che il vertical farming è una tecnologia competitiva che funziona in contesti dove scarseggiano terreni coltivabili e in aree che hanno un accesso limitato a prodotti alimentari freschi a km zero come frutta e verdura a prezzi accessibili e nutrienti, a prodotti freschi».

Un limite su cui si lavora è ridurre il consumo energetico: le coltivazioni verticali richiedono grandi quantità di energia elettrica, da cui dipendono innanzitutto per l’illuminazione LED e anche per le altre tecnologie necessarie al monitoraggio e agli interventi utili per la produzione e la cura. Oggi per lo più dipendono da energia prodotta in prevalenza da fonti fossili. Quando si potrà contare su un mix energetico più “verde” allora la quantità di energia e di emissioni di CO2 equivalenti per la richiesta energetica si ridurranno considerevolmente.

Il vertical farming si rivela però sostenibile quanto a ridotto uso di acqua e di consumo di suolo. «Rispetto alla biodiversità a oggi è ancora tutto da dimostrare, anche se il ridotto uso di pesticidi e fertilizzanti è un elemento a favore».

Pomodori in vertical farming

Foto Shutterstock

Le prospettive delle coltivazioni verticali

Il settore del vertical farming è in crescita, «ma non è pensabile sia il futuro dell’agricoltura: potrà però contribuire come settore di nicchia», sottolinea ancora Butturini. In ogni caso già rappresenta una quota percentuale minima su una produzione mondiale di frutta e verdura, che rappresenta circa il 22% della produzione alimentare a livello globale, pari a circa 9 miliardi di tonnellate (dati 2018): potrebbe fornire quantitativi significativi.

Su cosa si sta lavorando a livello biologico e agronomico? «Un aspetto su cui si lavora è la luce, la sua composizione e varietà cromatica per ottimizzare il suo apporto per la resa. Un altro, che potrà avere risvolti potenzialmente molto interessante, è la creazione di ideotipi pensati per il vertical farming». L’ideotipo è detto di una pianta coltivata che riassume in sé tutti le caratteristiche morfologiche, fisiologiche o chimiche per dare il massimo rendimento nelle condizioni di crescita. Contare su piante specificamente pensate per essere coltivate in questo modo potrebbe cambiare sostanzialmente le aspettative del vertical farming.

Andrea Ballocchi

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