Wise Society : Se respiri troppo smog ti viene l’Alzheimer

Se respiri troppo smog ti viene l’Alzheimer

di Fabio Di Todaro
14 Settembre 2016

Uno studio dell'Università di Lancaster rivela come la presenza di nanoparticelle di ossidi di ferro e di altri metalli nel tessuto cerebrale, possa raggiungere il cervello e determinare la malattia

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I ricercatori dell’Università di Lancaster hanno scoperto una correlazione tra l’inquinamento e l’Alzheimer, Image by iStock

Il ferro ed altri metalli contenuti nei gas di scarico delle auto che vengono respirati possono raggiungere il cervello. Lo ha scoperto un piccolo studio dell’Università di Lancaster pubblicato dalla rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences», che ha trovato nei campioni le stesse particelle che alcuni studi legano alla comparsa dell’Alzheimer, di cui soffrono cinquanta milioni di persone nel mondo, 1,3 soltanto in Italia.

TRACCE DI OSSIDO DI FERRO NEL TESSUTO CEREBRALE – I ricercatori hanno analizzato i campioni di tessuto cerebrale prelevati post-mortem da 37 persone: 29 abitanti di Città del Messico e nove residenti a Manchester. Due città ad alto tasso di inquinamento, sia di origine industriale sia legato al traffico di autoveicoli, in cui sono stati arruolate persone di età compresa tra tre e 85 anni (a Città del Messico) e tra 62 e 92 anni (a Manchester). Alcuni degli individui inseriti nel secondo gruppo soffrivano già di malattie neurodegenerative. In tutto il materiale prelevato sono state trovate elevate quantità di nanoparticelle di ossidi di ferro, della stessa forma sferica di quelle che si creano con la combustione, differenti da quelle derivanti dal ferro naturalmente presente nell’organismo (con forma di cristalli). In misura minore sono state trovate pure tracce di altri metalli: a partire dal platino, considerato un prodotto di scarto delle marmitte catalitiche, per finire al nichel e al cobalto. «Quanto osservato è estremamente preoccupante – ha spiegato alla stampa Barbara Maher, co-direttore del centro di studi sul magnetismo ambientale e il paleomagnetismo dell’Università di Lancaster, prima firma della pubblicazione -. Quando si studia il tessuto si vedono le particelle distribuite fra le cellule. E quando si fa l’estrazione ci sono milioni di particelle in un singolo grammo di tessuto. È come dire che ci sono un milione di opportunità di creare un danno».

ALZHEIMER E INQUINAMENTO AMBIENTALE: QUALE RELAZIONE? – La ricerca suggerisce che la maggior parte dell’ossido di ferro magnetico riscontrato nel tessuto cerebrale di origine umana proveniva da fonti industriali inquinanti. La successiva inalazione e il passaggio attraverso il bulbo olfattivo avevano determinato il raggiungimento del cervello. Dal momento che le più alte concentrazioni di magnetite si trovano nel cervello delle persone colpite dalla malattia di Alzheimer, il sospetto è che l’inquinamento ambientale abbia un ruolo tutt’altro che trascurabile nell’aumento dell’incidenza della malattia. Non c’è nessuna prova che documenti la correlazione diretta, ma la supposizione è doverosa. La magnetite è un composto tossico: e su questo non ci sono dubbi. E già un altro studio, pubblicato un anno fa su «Scientific Reports», aveva evidenziato come all’aumentare della quantità di ossido di ferro stoccata nel tessuto cerebrale, crescesse la concentrazione della beta amiloide, proteina il cui accumulo è legato all’insorgenza della malattia. Il tipo di danno cellulare provocato dalla magnetite è stato dunque ritenuto a più riprese compatibile con quello che si osserva nel tessuto cerebrale dei malati di Alzheimer. Ma in realtà le cause ambientali alla base della più diffusa forma di demenza senile potrebbero essere diverse.

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Secondo Jennifer Pocock, neurologa della University College di Londra, «per avere la controprova della correlazione tra smog e Alzheimer servirebbe uno studio che ponga a confronto le concentrazioni di magnetite rilevate nelle persone che hanno vissuto per anni in aree sottoposte a un forte inquinamento industriale con quelle rilevate in persone residenti in aree relativamente incontaminate», Image by iStock

SERVONO ULTERIORI RISCONTRI – L’ultima evidenza, però, secondo Maher «merita particolare attenzione da parte degli epidemiologi e dei politici che hanno responsabilità sulla qualità dell’aria». Secondo Jennifer Pocock, neurologa della University College di Londra, «per avere la controprova servirebbe uno studio che ponga a confronto le concentrazioni di magnetite rilevate nelle persone che hanno vissuto per anni in aree sottoposte a un forte inquinamento industriale con quelle rilevate in persone residenti in aree relativamente incontaminate». In questo modo, comparando i tassi di incidenza dell’Alzheimer, si potrà chiarire una volta per tutto il ruolo degli ossidi di ferro nella comparsa della malattia.

Twitter @fabioditodaro

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