Wise Society : Silicio? No, grazie. Per il fotovoltaico del futuro basta una spremuta d’arance

Silicio? No, grazie. Per il fotovoltaico del futuro basta una spremuta d’arance

di Redazione Wise Society
20 Novembre 2013

In Sicilia si lavora al progetto Sagro per la realizzazione di celle solari con agrumi e altri materiali vegetali di scarto nel segno dell'ecosostenibilità, del riciclo e del contenimento dei costi

Avreste mai immaginato che l’energia per ricaricare la batteria di un telefonino, alimentare un piccolo dispositivo o un pannello fotovoltaico potesse arrivare da arance, fichidindia, melanzane, melograni, gelsi neri e qualsiasi altro vegetale ricco di antociani o betalaine?

Quella “vegetale” è una delle ultime frontiere della ricerca sul fotovoltaico e mira a sviluppare la produzione di celle solari fotosensibilizzate con scarti di prodotti vegetali o direttamente con gli agrumi. «Con una spremuta d’arancia si possono fotosensibilizzare 70 mq di pannelli solari», spiega Gaetano Di Marco, dell’Istituto per i processi chimico-fisici del CNR di Messina che, insieme con il Dipartimento di Orto-floro-arboricoltura e Tecnologie alimentari della Facoltà di Agraria dell’Università di CataniaOrtogel, Tozzi Renewable Energy (Tre) e Jo Consulting mettono la firma in calce al progetto Sagro, che mira allo sviluppo e alla produzione di celle solari fotosensibilizzate con coloranti naturali e alla creazione di una filiera industriale siciliana nel settore del fotovoltaico.

Le parole chiave del progetto Sagro sono ecosostenibilità e riciclo perché, spiega Di Marco, «il vetro è un materiale interamente riciclabile, per la fotosensibilizzazione vengono utilizzati coloranti naturali vegetali e l’ossido di titanio è un materiale già utilizzato come catalizzatore per ripulire l’aria dalle particelle inquinanti». In più l’utilizzo dei pigmenti provenienti da scarti vegetali comporta un notevole contenimento dei costi.

Ciò non significa che il fotovoltaico “vegetale” sia la soluzione ideale per ogni tipo di esigenza. «Nonostante il costo contenuto di questo tipo di celle solari che siamo già in grado di produrre, ancora i benefici costi/resa non sono in linea con i pannelli di terza generazione. La resa di un pannello fotovoltaico composto da celle solari di questo genere è di circa il 3%, quindi inferiore rispetto a uno alimentato a silicio che ha una resa del 15%. Quindi per un impianto fotovoltaico tradizionali bisognerebbe avere a disposizione grandi superfici», sottolinea Di Marco.

Ciò non impedisce, però, di pensare ad altri tipi di utilizzo per questa tecnologia che potrebbe essere ottimale per l’integrazione dei pannelli in pareti verticali di edifici o per «ricarire dispositivi portatili come pc o telefoni cellulari – conclude Di Marco – garantendo una durata di funzionamento più estesa e tempi di carica estremamente ridotti».

 

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