Vendemmie anticipate per il caldo sono sempre più frequenti. «Ad aiutarci devono essere gli scienziati», dice il presidente dell'Unione Italiana Vini Ernesto Abbona
Raccolte anticipate, volumi di produzione ridotti e acini molto piccoli: questi sono i risultati del gran caldo dell’estate che ha influito sulla vendemmia 2017. «Quello che è successo in quest’ultima vendemmia, in realtà, l’abbiamo già visto. Anche in passato ci sono state vendemmie molto calde e siccitose, anche se non con la frequenza in cui si stanno verificando in questi anni», ha spiegato Ernesto Abbona, nuovo presidente di Unione Italiana Vini, quinta generazione delle antiche cantine dei Marchesi di Barolo, a Wisesociety.it nel corso dell’edizione 2017 di Bottiglie Aperte. «Esempi di picchi come quelli con cui abbiamo avuto a che fare quest’anno non sono nuovi – ricorda Abbona -. Nel 1972 non abbiamo prodotto vino Barolo perché la quantità di pioggia era stata tale da consigliare a tutti di declassare la poca uva rimasta».
CLIMI SEMPRE PIU’ CALDI. Le cose, però, sono molto diverse da quel 1972. Come rileva Abbona, a causa dei cambiamenti climatici in atto, è «il trend è quello di un clima sempre più caldo. Questo – osserva il presidente dell’Unione Italiana Vini – fino a questo momento ci ha favorito perché abbiamo avuto uve molto più sane e perfettamente maturate. Nel caso dell’uva, infatti, il problema peggiore è l’umidità. Sicuramente avremmo bisogno d’acqua nei mesi invernali e in primavera per rimpinguare le falde». Ovviamente dei cambiamenti sono già in atto ma, ad oggi, è impossibile sapere se ci saranno sconvolgimenti nelle coltivazione viticole tali da modificare la geografia della produzione italiana di vino. «Vedere nel futuro non è facile, ma facendo il caso delle Langhe che conosco bene prima dell’arrivo della marchesa Colbert c’erano pochissimi vigneti. Oggi la biodiversità è quasi stata annullata dalla coltivazione del vino Nebbiolo che dà ricchezza al territorio – aggiunge Abbona -. Personalmente, ritengo, che il cambiamento sia connaturato all’ordine delle cose».
AFFIDARSI ALLA SCIENZA. Come affrontare il problema? «Affidandoci alla scienza – risponde senza alcun dubbio -. In questo senso voglio stimolare il Ministero dell’Agricoltura e quello dell’Ambiente a fare una sintesi per trovare un unico gestore cui delegare il coordinamento dei 25 Istituti regionali per ottenere al più presto dei risultati ai quali, personalmente, mi affido più che alla credibilità degli uomini. Non è più il tempo di pregare per far piovere o per far smettere di piovere». La conduzione di un vigneto secondo l’agricoltura biologica o biodinamica può aiutare? «Sicuramente un comportamento che tende a mantenere sostenibili i vigneti, pena un orizzonte di vita molto corto. La scienza, infatti, non deve essere in conflitto con le buone pratiche, ma integrarle là dove non si riesce a trovare una risposta. Deve trovare le soluzioni più adatte ad ogni situazione: se in Langa utilizziamo il sistema di allevamento Guyot, a Pantelleria c’è l’alberello. Ecco, la scienza non deve stravolgere, ma comparare e analizzare in modo obiettivo i risultati e aiutarci a operare in queste condizioni di cambiamento climatico», sintetizza Abbona. «Naturalmente la scienza deve essere equa e non utilizzata in maniera profittevole per qualcuno e lo Stato deve essere controllore delle ricerche e dei risultati».