Wise Society : Il costo invisibile dell’e-commerce: dai trasporti ai resi, l’impatto ambientale è gigantesco

Il costo invisibile dell’e-commerce: dai trasporti ai resi, l’impatto ambientale è gigantesco

di Valentina Neri
14 Aprile 2025

Le spedizioni dell’e-commerce sono gratuite per l’utente, ma non per il Pianeta. Perché, tra packaging, trasporti e resi, hanno un impatto notevole sull’ambiente

L’amministrazione della città di New York vuole mettere un freno all’espansione dei magazzini che vengono costruiti appositamente in ambiente urbano perché servono per le cosiddette consegne dell’ultimo miglio; in particolar modo per quelle in giornata, sempre più richieste. A New York ce ne sono circa 8mila. Il problema è che le persone che vivono nei dintorni, soprattutto nere e a basso reddito, sono esposte in media al 20% di sostanze inquinanti in più rispetto alle altre. Si spiega così la proposta di legge che prova quanto meno a regolamentarli in modo più stringente. È soltanto un esempio, uno dei tanti, che testimonia quanto la passione sfrenata per l’e-commerce abbia svariati costi invisibili.

ecommerce

Foto Shutterstock

Quanto è diffuso l’e-commerce in Italia e nel mondo

Qualsiasi riflessione sull’impatto ambientale dell’e-commerce non può prescindere da qualche dato sulla sua diffusione, pur sapendo che le stime possono variare visibilmente a seconda del metodo di analisi adottato. Stando a quanto riportato da Shopify, più di 2,7 miliardi di persone hanno fatto acquisti online nel 2024. Le previsioni vedono l’e-commerce B2B – cioè tra imprese – attestarsi su un giro d’affari di 36mila miliardi di dollari entro il 2026 e quello B2C sui 5.500 miliardi. Secondo gli analisti, entro il 2027 il 23% delle vendite retail avverrà online.

E in Italia? Secondo il Politecnico di Milano, tra le fonti più autorevoli con i suoi Osservatori, nel 2023 l’e-commerce B2B valeva 468 miliardi di euro, con un’incidenza però ferma al 21% sul totale del transato B2B italiano. Gli acquisti dell’e-commerce B2C nel 2024 valevano invece 58,8 miliardi di euro, con un incremento del 6% sull’anno precedente. A fare la parte del leone sono i settori turismo e trasporti e ticketing per eventi che, da soli, raggiungono i 20,6 miliardi di euro di acquisti.

shopping online

Foto rawpixel.com su Freepik

Cosa sappiamo dell’impatto ambientale dell’e-commerce

Cosa comporta tutto questo per il Pianeta? Si può dare una risposta – per quanto parziale – focalizzandosi su specifiche dimensioni dell’e-commerce cercando di capire in che modo quest’ultime impattino sull’ambiente.

Il packaging

Nell’esperienza comune, l’e-commerce equivale a pile di pacchi accatastati. Spesso sovradimensionati rispetto all’oggetto che contengono, in parte per proteggerlo meglio, in parte per poter essere gestiti in modo ottimale dai macchinari. Non è soltanto un’impressione: stando al gruppo ambientalista Canopy, ogni anno 3,1 miliardi di alberi vengono sacrificati per ricavare cartone per le spedizioni. Poi ci sono tutti gli imballaggi in plastica: se ne producono ogni anno circa 86 milioni di tonnellate, di cui appena il 14% viene riciclato.

I trasporti

Ma l’elefante nella stanza sono le spedizioni. Stando a quanto riportato da Earth.org, da sole generano il 37% delle emissioni di gas serra legate all’e-commerce. Entro il 2030 saranno in circolazione 7,2 milioni di furgoni, il che farà aumentare di altri 6 milioni di tonnellate la quantità totale di CO2 dovuta al commercio online.

Particolarmente critiche in termini ambientali sono le spedizioni veloci, quelle che arrivano il giorno successivo o addirittura in giornata, spesso a costo zero per l’acquirente. Perché, comprimendo i tempi di attesa, rendono l’e-commerce ancora più conveniente rispetto al negozio e incoraggiano l’acquisto di impulso. Tanto, se si cambia idea, c’è sempre la possibilità di restituire i prodotti acquistati.

I resi

Proprio i resi rappresentano un altro enorme capitolo dell’impatto ambientale dell’e-commerce. Stando a un rapporto di CleanHub, fino al 30% dei prodotti acquistati online viene restituito, quasi il triplo rispetto a quelli acquistati in negozio. Soltanto in una minoranza dei casi – circa il 20% – il prodotto è danneggiato: poi ci sono tutte quelle occasioni in cui si rispedisce indietro un articolo perché in foto sembrava diverso, perché la taglia è sbagliata (c’è anche chi compra appositamente due taglie diverse e ne tiene solo una), perché – banalmente – si cambia idea. Tutto ciò è gratis per l’acquirente ma non certo per il Pianeta, visto che le emissioni di CO2 dovute ai resi arrivano a un massimo di 24 milioni di tonnellate l’anno. Il primo responsabile è il settore della moda, in cui le percentuali di resi arrivano al 40%.

Valentina Neri

© Riproduzione riservata
Altri contenuti su questi temi: , ,
Continua a leggere questo articolo:
WISE RADIO