Wise Society : Un test clinico per prevenire le malattie neurodegenerative

Un test clinico per prevenire le malattie neurodegenerative

di Andrea Ballocchi
8 Novembre 2016

Lo ha messo a punto il Centro della Complessità e dei biosistemi dell’Università di Milano partendo dallo studio dell'aggregazione di proteine

prevenzione, malattie neurodegenerative

Le malattie neurogenerative come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer solo in Italia colpiscono circa 850mila persone, Foto: Centro della Complessità e dei biosistemi dell’Università di Milano

A Milano, presso l’Università degli Studi, un centro di ricerca multidisciplinare ha gettato le basi per un test preclinico fondamentale nella diagnosi di malattie neurodegenerative. Si tratta del Centro della Complessità e dei biosistemi dell’Università di Milano, un team dove operano biologi, fisici, informatici e attivi su più fronti. Il team milanese è partito dalla considerazione che una vasta categoria di malattie neurodegenerative tuttora incurabili è caratterizzata dall’anomala aggregazione di proteine, considerata un fattore chiave per il loro sviluppo. Stiamo parlando di patologie come il morbo di Alzheimer, che solo in Italia colpisce circa 600mila persone, e il morbo di Parkinson, di cui ne soffrono più di 250mila nel nostro Paese. Ma in questa categoria rientrano anche l’Huntington (che colpisce una persona ogni 10mila abitanti nella maggior parte dei Paesi europei), o il più raro FENIB (encefalopatia con corpi d’inclusione di neuroserpina).

Individuare la formazione di questi aggregati prima della comparsa dei sintomi della malattia è praticamente impossibile al giorno d’oggi, ma in futuro questa potrebbe diventare una strada percorribile, spiegano dal Centro. Senza addentrarci troppo nello scientifico, gli autori dello studio hanno affrontato il problema simulando al computer la formazione degli aggregati proteici, in modo da studiare le fluttuazioni di queste quantità in relazione al variare del volume del campione. «Il vantaggio di farla in silico rispetto allo studio in vitro è che così è possibile studiare in modo controllato tutte le variabili, analizzando i punti critici che si presentano quando si hanno a disposizione pochi centri di enucleazione, tipici nei soggetti pre sintomatici, verificando sperimentalmente cosa può creare dei falsi positivi o negativi e come ovviare a questo problema», spiega Caterina La Porta, biologa e coordinatrice della ricerca. Che aggiunge: «Questo è un importante esempio di un modello realizzato a computer che può fornire la base per lo sviluppo di un test clinico in grado di diagnosticare una malattia neurodegenerativa prima che essa si manifesti», sottolineando anche come il passaggio, ora, dalla fase teorica a quella pratica, ossia alla realizzazione di un kit diagnostico sia relativamente semplice.

La scoperta assume importanza perché garantisce una certa precisione nella diagnosi in

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Caterina La Porta ha coordinato la ricerca del Centro della Complessità e dei biosistemi dell’Università di Milano che ha gettato le basi per un test preclinico fondamentale nella diagnosi di malattie neurodegenerative.

quanto «spesso si assiste a una sovrapposizione sintomatologica con patologie di altro tipo nei pazienti in cui si pensa stiano insorgendo tali malattie – spiega la biologa e docente di patologia generale alla Statale di Milano – Contare su un test predittivo attendibile significa fugare i dubbi, nel caso di negatività, oppure al contrario cominciare prima e in modo mirato la terapia. Inoltre questo test potrebbe essere utile anche per monitorare e comprendere se, a malattia accertata, la conseguente terapia ha dei riscontri significativi». Il risultato della ricerca è la conseguenza di un precedente studio, svolto sempre dal team milanese, che ha chiarito come e dove si formano questi aggregati proteici, partendo dal loro studio nel reticolo endoplasmatico. In entrambi i casi, i risultati hanno avuto degna eco mediatica nel mondo scientifico attraverso prestigiose riviste.

Un importante riconoscimento per questo centro, nato con la finalità di accostare tante competenze diverse, «ma insieme ci si aiuta ad arrivare prima al risultato, con un arricchimento reciproco» evidenzia La Porta.

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