I cinghiali in città sono ormai una presenza nota. «Ma non si sono spostati in città: hanno esteso l’area di presenza fino a inglobare anche le aree urbane, confermando la loro presenza da nord a sud Italia, dai pendii erbosi sul Gran Zebrù, a 3000 metri, agli uliveti del Salento», spiega Barbara Franzetti, tecnologa del Dipartimento di Fauna selvatica dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Ma quanti sono in Italia? I dati Ispra segnalano un raddoppio del numero degli esemplari in 10 anni: dai 500 mila del 2010 a 1 milione nel 2020. La loro presenza in città ha cominciato a essere abituale, ma non priva di conseguenze. Si sa che diversi incidenti stradali sono stati causati dalla presenza degli ungulati sulla sede stradale, come pure anche altri problemi. Ma possono essere pericolosi per l’uomo?
Quanti sono i cinghiali in Italia
La presenza dei cinghiali in città è solo l’elemento più evidente del notevole aumento di questi animali selvatici in Italia. La stessa esperta Ispra conferma questa tendenza crescente: «l’unico dato a disposizione per quantificare il numero dei cinghiali in Italia è quello riguardante i capi abbattuti. Ufficialmente, in periodo pre-pandemico, ovvero tra il 2015 e il 2019 si abbattevano mediamente 285mila animali l’anno. Complice l’attività venatoria, che si è drasticamente ridotta dagli anni Settanta in poi, e l’attività predatoria molto limitata, diversi fattori hanno contribuito alla proliferazione di questi animali. In ogni caso, gli abbattimenti non riescono a intaccare l’incremento utile annuo. Quindi, da tutte queste considerazioni possiamo stimare presenti in Italia non meno di un milione di capi». Servirebbero comunque dati più precisi per connotare meglio l’incremento e la distribuzione sul territorio di questi animali.
Nel frattempo è stato appurato che i cinghiali presenti nel nostro Paese sono geneticamente autoctoni. Uno studio recente, basato sull’analisi del genoma di capi abbattuti in aree peninsulari e in Sardegna, ha evidenziato che le popolazioni italiane di questa specie, sebbene molto eterogenee, hanno ancora un’identità genetica caratteristica che le rende ben distinguibili da quelle europee.
Le cause del fenomeno
Cosa ha portato alla crescita dei cinghiali in Italia? Dagli anni Cinquanta del XX secolo in poi si è passati da un’economia fortemente agricola (con terreni lavorati dai 2000 metri fino al livello del mare) a una più industriale, con l’abbandono progressivo di gran parte delle terre e con il sempre minore impiego dei boschi. «In passato erano molto sfruttati, per ricavarne legna utile per il riscaldamento, per le costruzioni, lettiere per le stalle, cibo – spiega Franzetti –. L’abbandono dell’impiego dei boschi da parte dell’uomo li ha restituiti alla fauna selvatica. Queste aree verdi ne hanno guadagnato, anche in termini di biodiversità. Oggi l’Italia è coperta per un terzo del proprio territorio da boschi e foreste.
I cinghiali, animali di bosco per eccellenza, hanno trovato quindi il loro habitat ideale in cui trovare nutrimento in abbondanza (un surplus di calorie derivante da ghiande e castagne non più usate dall’uomo). L’avere a disposizione più spazio e più cibo ha permesso loro di diventare più numerosi e più grandi». In più, l’abbandono delle campagne e l’espansione delle aree boscate ha spesso azzerato la distanza tra le città e le aree verdi naturali, mettendo in contatto diretto le aree forestali con quelle urbane. Ed ecco che i cinghiali hanno iniziato ad affacciarsi in città e ad aumentare la frequenza di queste visite.
Cinghiali in città: i rischi per l’uomo
Questa maggiore presenza dei cinghiali in città come deve essere interpretata? «Occorre non avere un approccio naif alla natura, cosa che invece avviene in molte persone, che guardano agli animali selvatici come fossero creature fiabesche. Gli animali selvatici non hanno le stesse modalità di percezione dello spazio intorno a loro che abbiamo noi. Per questo vanno rispettati e non trattati come animali domestici, che hanno ormai familiarizzato con l’uomo. Di certo, i cinghiali e tanti altri animali selvatici apprezzano i vantaggi dell’ambiente antropico. Le città sono spazi tutto sommato sicuri, privi di potenziali minacce rappresentate dai predatori. Anzi, hanno sperimentato che dai contatti con gli esseri umani possono ottenere dei vantaggi, come ottenere cibo – e molto gustoso – con facilità», specifica l’esperta ISPRA.
La maggiore facilità di vita offerta dalle città e, quindi, il sempre più frequente uso delle aree urbane da parte dei cinghiali a quali rischi espone noi umani? «Potenzialmente elevati. I cinghiali sono animali dotati di enorme forza fisica, hanno una notevole capacità di pressione mandibolare, i maschi sono anche dotati di canini lunghi e affilati e sono caratterizzati da una stazza significativa, il che li rende potenzialmente temibili. In più hanno modi “selvatici” e nel momento in cui, avendo ricevuto del cibo dagli umani, cominciano ad abituarsi al fatto che ogni persona è un potenziale “donatore” possono risultare molto molesti e pericolosi nel pretendere da noi dell’altro cibo. Non attacca per indole, ma può certamente rappresentare un rischio». Il pericolo non è solo per l’uomo, ma anche per i cani, che possono essere scambiati per potenziali predatori, o comunque nemici. «La possibile interazione tra i due animali può diventare assai critica e mettere a repentaglio la vita del cane, destinato a soccombere in un possibile scontro con un cinghiale, ben più forte e meglio armato».
Come contenere la proliferazione dei cinghiali
L’unico possibile rimedio per contenere il numero dei cinghiali è l’abbattimento. «È una situazione che a molti non piace ma, attualmente, non esistono sistemi contraccettivi efficaci su larga scala e occorre pensare ai gravissimi rischi (incidenti stradali, danni al settore agricolo già provato dagli effetti dei cambiamenti climatici e dalla crisi energetica) legati alla sovrabbondanza di cinghiali».
Se già a Roma sono diventati un elemento abituale, potenzialmente anche una città come Milano può vedere presto l’arrivo dei cinghiali tra le sue strade. «Ci sono diversi parchi a contatto con la città, dal Parco Agricolo Sud al Parco Nord». È una possibilità, perché «non ci sono ambienti inidonei per i cinghiali: a loro basta uno spazio dove trovare rifugio, zone verdi (alberate o cespugliate) dove trovare frescura e tranquillità, e cibo di qualsiasi tipo».
Quali altri pericoli possono provocare i cinghiali? Quello maggiormente sentito ad oggi è rappresentato dall’essere veicolo della peste suina africana per i suini di allevamento. Questa malattia è recentemente comparsa tra Liguria e Piemonte, non colpisce l’uomo o altri animali ma solo i cinghiali e i maiali domestici, ed è estremamente letale. Il virus che la causa, rilasciato dagli animali infetti, può resistere per mesi negli ambienti naturali. Il rischio di diffusione tra i maiali, soprattutto quelli allevati allo stato semibrado che entrano più facilmente a contatto con i cinghiali, e la sua diffusione tra le popolazioni selvatiche avrebbe conseguenze devastanti per il settore suinicolo italiano e porterebbe ad un drastico calo delle presenze di cinghiali nel nostro territorio. Ciò allevierebbe, da un lato, gli impatti causati all’agricoltura e all’ambiente ma causerebbe, dall’altro, una variazione non stimabile degli equilibri ecologici esistenti, che andrebbe attentamente monitorata.
Andrea Ballocchi