Bandiere verdi alle buone pratiche e bandiere nere ai nemici della montagna. Tre mesi di campi volontariato, escursioni, dibattiti e incontri pubblici per denunciare il consumo di suolo nei fondovalle e il turismo pirata sulle Alpi. Ma anche per premiare le politiche di salvaguardia dell’ambiente e la valorizzazione sostenibile del territorio alpino
Legambiente consegna la pagella alle Alpi italiane e piovono promozioni ma anche pesanti bocciature. È partita, il 29 luglio, la decima edizione della Carovana delle Alpi che per tre mesi si muove lungo tutto l’arco alpino per assegnare le bandiere verdi e nere: i vessilli con cui ogni anno l’associazione premia le buone pratiche nelle località montane e denuncia le situazioni più significative di degrado e cementificazione. La campagna di Legambiente effettua il suo annuale “check up” dell’ambiente alpino sollecitando i cittadini, le forze economiche e le istituzioni a rendersi protagoniste della sfida della qualità ambientale sulle nostre montagne.
«Come testimoniano le segnalazioni che abbiamo raccolto» ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, «le Alpi e le aree montane in genere continuano a essere prive di appropriate politiche, su cui governo e regioni sono latitanti, ma molti dei fatti che denunciamo ci parlano anche della mancanza di una visione alpina che superi i confini nazionali. Dalla gestione faunistica, alle grandi vie di comunicazione e alle reti energetiche, le grandi sfide di sostenibilità non conoscono frontiere nazionali, è sempre più urgente e necessario che ogni Paese faccia la sua parte nel tavolo di lavoro della Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi. A partire dall’Italia, che ha sottoscritto la Convenzione nel 1999, ma non ne ha ancora ratificato i protocolli d’attuazione».
Sono in totale 18 le bandiere, tra verdi e nere, che vengono consegnate dagli ambientalisti nel corso delle iniziative che promuovono le buone pratiche in montagna. Cominciando da quelle nere, ben 9 vessilli quest’anno vanno ai “pirati” delle Alpi. Di questi, 3 sono stati assegnati a località montane in Lombardia, 2 al Piemonte, 2 al Trentino Alto Adige e le ultime 2 a Veneto e Friuli Venezia Giulia. Al primo posto tra le minacce c’è l’aggressione urbanistica ai fondovalle.
«Abbiamo voluto puntare l’attenzione sul pessimo stato in cui versano i grandi territori dei fondovalle alpini» ha spiegato Damiano Di Simine, responsabile dell’Osservatorio Alpi di Legambiente. «Spesso si associa il consumo di suolo alle grandi aree metropolitane, ma la situazione sta diventando sempre più allarmante anche negli stretti corridoi vallivi in cui vive la grande maggioranza della popolazione delle Alpi. Le regioni che hanno sviluppato analisi sull’uso del suolo nelle aree montane, come la Lombardia e l’Alto Adige forniscono dati gravissimi: il territorio di fondovalle è una risorsa in esaurimento, a essere intaccati sono i suoli più fertili, di importanza strategica per l’agricoltura e la zootecnia montana. Fermare il consumo di suolo è una vera e propria emergenza nazionale, perfino all’interno dei territori montani dell’arco alpino».
Il fondovalle osservato speciale, dunque, come nel caso delle bandiere nere assegnate ai comuni della Valchiavenna, in provincia di Sondrio per avere previsto nei loro piani urbanistici nuove aree residenziali e industriali destinate a compromettere zone preziose di una delle piane agricole meglio conservate delle Alpi centrali. Il cemento di fondovalle è anche quello delle grandi infrastrutture, come l’autostrada Alemagna di cui si vagheggia da decenni in Veneto per collegare Belluno a Monaco di Baviera, sebbene i vicini austriaci già da tempo abbiano opposto un chiaro veto alla realizzazione di nuove autostrade di attraversamento alpino. Un’ipotesi insostenibile anche economicamente, che ha come sostenitore l’attuale Presidente della Regione Luca Zaia. Ma c’è spazio anche per la denuncia di progetti che spargono cemento in alta quota. Come a Selvino, in Provincia di Bergamo, dove un accordo di programma prevede la realizzazione di un gigantesco impianto sciistico coperto (sky dome), o in Valmalenco (SO), una valle montana già violentata dalle troppe cave e da tempo nel mirino della speculazione immobiliare.
Dalle Alpi non arrivano solo brutte notizie: altrettante 9 bandiere verdi sono state selezionate per premiare progetti che mettono in campo politiche virtuose. In molti di questi casi, amministratori e cittadini si sono fatti carico dei bisogni della propria comunità e hanno saputo interpretarli in modo creativo riuscendo a incrociare il desiderio di sviluppo sociale e civile con la conservazione degli ambienti naturali più preziosi, quelli che se preservati sostengono l’identità e la coesione di una comunità. Emblematica la bandiera consegnata, fuori dai confini nazionali, al Dipartimento del Territorio del Canton Ticino e al municipio di Arogno (CH) per aver deciso di risolvere il problema dell’ecomostro della Sighignola in Val Intelvi (CO), struttura che ricade in gran parte in territorio italiano, recuperando il “balcone d’Italia” compromesso dal cemento. Un riconoscimento è andato anche al Comune di Cevo (BS), che grazie all’utilizzo delle energie rinnovabili l’intero paese è diventato autosufficiente per il fabbisogno di elettricità. Bandiera verde anche alla comunità S’Antonio/Oltreacqua di Tarvisio, in Friuli Venezia Giulia, per la sua opposizione a una Variante Urbanistica che apre le porte al cemento in pregiate aree agricole, e alla Fondazione Nuto Revelli per il notevole intervento di recupero e animazione culturale del borgo di Paralup (CN).