Wise Society : Obsolescenza programmata: storia e implicazioni di una pratica poco green

Obsolescenza programmata: storia e implicazioni di una pratica poco green

di Andrea Ballocchi
13 Luglio 2022

Il diritto alla riparazione si impone in tutto il mondo: la fine programmata della tecnologia, in pochi anni, potrebbe diventare un lontano (e brutto) ricordo

Per comprendere quale impatto abbia l’obsolescenza programmata occorre immaginare la Grande Muraglia cinese, la più grande e pesante opera di ingegneria della storia. Bene, nel 2021 sono stati prodotti 57,4 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, un peso superiore a quello della Grande Muraglia. La crescita del consumo e della produzione di prodotti elettronici è una delle ragioni principali dell’aumento dei rifiuti, sottolinea il World Economic Forum in un articolo. Questo continuo incremento di prodotti elettronici e della conseguente produzione di RAEE, smaltiti solo in parte, è legato alla obsolescenza programmata, che si sta cercando di ridurre attraverso pratiche virtuose e proposte di legge in UE e negli USA.

Obsolescenza programmata: smartphone in un cestino

Foto Shutterstock

Cos’è l’obsolescenza programmata: definizione di una pratica poco corretta

L’obsolescenza programmata è la pratica di progettare i prodotti in modo che si rompano rapidamente o diventino obsoleti nel breve e medio termine. Si tratta di una strategia aziendale fondamentale nell’economia odierna, adottata da diversi settori. “L’obsolescenza programmata è sempre più riconosciuta dai politici come una pratica commerciale insostenibile, ma non è stata considerata, sia a livello accademico che legale, come un crimine ambientale aziendale”, scrivono Lieselot Bisschop, Yogi Hendlin e Jelle Jaspers.

Per fortuna ci sono Paesi che la stanno riconoscendo come una pratica da bandire. L’Unione Europea ratificherà nel 2022 una proposta di legge dedicata e che pone le basi per il diritto alla riparazione. Ma intanto la Francia si è già mossa a proposito: secondo la legge del 17 agosto 2015 sulla transizione energetica l’obsolescenza programmata è considerato un reato. I Paesi Bassi, l’Austria e la Finlandia hanno adottato misure per migliorare i diritti dei consumatori in termini di garanzia a questo proposito.

Sul diritto alla riparazione negli Stati Uniti lo Stato della California ha da poco affossato un disegno di legge dedicato. Tuttavia, in altri Stati si sta portando avanti una legislazione simile e c’è anche una proposta di legge federale in sospeso. Quest’ultima trova sostegno addirittura nel Presidente USA Joe Biden: proprio lui, nel 2021 ha chiesto alla Federal Trade Commission di redigere delle regole sul diritto alla riparazione. Sul tema c’è una crescente attenzione pubblica che trova forza in associazioni e movimenti di cittadini e che si manifesta anche in pratiche virtuose come i repair café.

Una storia che parte dalle lampadine

L’obsolescenza programmata non è una pratica nuova. Secondo il già citato articolo dei tre autori olandesi, risale al 1924. In quell’anno i maggiori produttori mondiali di lampadine si accordarono per limitare artificialmente la durata dei loro prodotti, dalle 2.500 ore di combustione a mille entro il 1940, molto al di sotto della durata di vita pluridecennale prevista per le lampadine a incandescenza inventate da Thomas Edison. Quella “trovata” fu poi seguita da altri produttori nel tempo: dalle auto ai frigoriferi fino ad arrivare ai prodotti elettronici del giorno d’oggi. Pensiamo solo agli smartphone e alle pratiche commerciali scorrette che riguardano l’obsolescenza programmata.

smartphone rotti

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Il “costo” dell’obsolescenza programmata

Proprio l’allungamento della vita utile degli smartphone avrebbe risvolti ambientali decisamente favorevoli: secondo EEB – la più grande rete di organizzazioni di cittadini ambientalisti in Europa, prolungare di un solo anno la durata di vita degli smartphone e di altri dispositivi elettronici farebbe risparmiare all’UE una quantità di emissioni di carbonio pari a quella che si otterrebbe togliendo dalle strade 2 milioni di automobili all’anno.

Oggi c’è chi, come Apple, ha cominciato ad aprire alla possibilità di riparare i propri smartphone: la stessa azienda ha annunciato il programma Self Service Repair con cui metterà a disposizione dei singoli clienti componenti e manuali per ripararsi il proprio strumento, a partire da iPhone 12 e iPhone 13.

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