Wise Society : Neve artificiale: in Italia è presente nel 90% delle piste sciistiche

Neve artificiale: in Italia è presente nel 90% delle piste sciistiche

di Monica Giambersio
23 Marzo 2023

I dati del report di Legambiente e di uno studio pubblicato su Nature evidenziano la necessità di un approccio più sostenibile alle attività, turistiche e non, che si svolgono negli ambienti montani

L’innalzamento delle temperature legate al cambiamento climatico, come è noto, ha fra le sue tante conseguenze negative anche la riduzione delle nevicate. Questa situazione – che ha delle forti ripercussioni sul turismo invernale – ha fatto sì che nel nostro Paese il ricorso alla neve artificiale sia aumentato notevolmente, causando una serie di effetti negativi in termini di consumi di acqua, energia e suolo. A delineare questo quadro è il dossier di Legambiente “Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi climatica”, che ha sottolineato come l’Italia sia tra i Paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale, con il 90% di piste innevate artificialmente. A seguire troviamo invece l’Austria che si attesta al 70%, la Svizzera (50%), la Francia (39%) e la Germania, con il 25%.

Neve artificiale in montagna

Foto Shutterstock

Turismo invernale montano e neve artificiale: serve un cambio di rotta

In questo contesto, secondo Legambiente, è fondamentale introdurre un cambio di paradigma nell’approccio al turismo invernale montano. E’ necessario infatti favorire un approccio più sostenibile, che tenga conto dei devastanti effetti del cambiamento climatico sul patrimonio naturale montano e punti su una diversificazione delle attività e sull’adattamento climatico.

In particolare, nella visione dell’associazione, la sfida è quella di adottare uno sguardo lungimirante e incentrato su una gestione sostenibile della risorsa idrica. In quest’ottica, tra le tante misure da mettere in campo, ci sono il miglioramento del piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e una indirizzamento più efficace delle risorse del PNRR.

Neve artificiale sulle piste da sci: l’impatto sull’ambiente

La forte presenza della neve artificiale sulle piste sciistiche italiane è una situazione preoccupante secondo Legambiente, che evidenzia l’importanza di intervenire in maniera mirata e repentina. Secondo le stime dell’associazione infatti il ricorso ad impianti di innevamento artificiale comporterebbe un consumo annuo di 96.840.000 di m³ di acqua, pari al consumo idrico annuo di circa una città di un milione di abitanti.

A ciò si aggiunge inoltre il continuo aumento dei costi di produzione della neve artificiale, che è passata dai 2 euro circa a metro cubo del 2021-2022, ai 3-7 euro al metro cubo nella stagione 2022-2023.  Un altro aspetto da non trascurare è infine anche il fatto che la realizzazione di questi impianti richiede consistenti investimenti in tecnologie di ultima generazione, nonché ingenti oneri a carico della pubblica amministrazione.

Aumentano i bacini idrici artificiali

Tra i dati più preoccupanti indicati dal report c’è quello relativo numero di bacini idrici artificiali montani ubicati in prossimità dei comprensori sciistici italiani e utilizzati principalmente per l’innevamento artificiale. Si tratta di ben 142 strutture che Legambiente è riuscita a mappare grazie al ricorso alle mappe satellitari. Questi bacini arrivano a coprire in totale una superficie di 1.037.377 mq.

Il dossier dell’associazione traccia inoltre un quadro della situazione su base regionale. In particolare, dai dati emerge come il più alto numero di bacini idrici artificiali sia registrato in Trentino Alto Adige con 59 invasi, mentre a seguire si collochino Lombardia con 17 invasi e Piemonte con 16 bacini. In Abruzzo invece si trovano 4 strutture, il dato più alto del centro Italia.

Declino della neve in montagna

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Il problema degli impianti dismessi in montagna

Altra questione chiave evidenziata da Legambiente è l’aumento del numero degli “impianti dismessi”, che arrivano a toccare quota 249. A cio si aggiunge il dato relativo a quelli “temporaneamente chiusi”, salito a 138, e quello relativo alle strutture sottoposte a “accanimento terapeutico” (181), che sopravvivono grazie a rilevanti investimenti pubblici. L’associazione evidenzia inoltre come gli “impianti un po’ aperti, un po’ chiusi”, ovvero caratterizzati da aperture “a rubinetto”, siano 84 in totale, mentre gli “edifici fatiscenti” si attestino a quota 78. Infine nella categoria “smantellamento e riuso”, i casi censiti sono 16.

L’esempio di Gressoney-la Trinité

Solo per fare un esempio, nell’impianto di Gressoney-la Trinité (AO) Loc. Orsia-Bedemie, dove l’ex sciovia era utilizzata per lo sci estivo e lo snowboard, si legge nel report, “lo skilift è stato dismesso per la fusione del ghiacciaio. Le stazioni di partenza e di arrivo del vecchio skilift sono state smantellate e sgomberate, ma i rottami dell’impianto nel 2018 erano ancora sul posto”.

Impianto sciistico dismesso

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Neve in montagna: un declino senza precedenti

A confermare il quadro preoccupante relativo alla neve in alta quota delineato dal dossier di Legambiente sono anche i numeri di uno studio pubblicato alla fine di gennaio su Nature, secondo cui, negli ultimi 50 anni, le Alpi hanno registrato una riduzione della durata del manto nevoso pari a 5,6% per ciascun decennio. Si tratta di un dato rilevante se si pensa al ruolo di primo piano di questi territori per l’economia, ad esempio in ambito turistico e sportivo.

Il ruolo chiave del manto nevoso per l’ambiente

Lo studio evidenzia in particolare l’urgenza di intervenire per tutelare una risorsa centrale come la neve, che riveste un ruolo chiave per gli equilibri dell’ambiente montano.

Il manto nevoso situato ad alta latitudine ha infatti effetti rilevanti sui cicli idrologici e sul clima delle regioni di alta quota e di alta latitudine, rappresentando una sorta di zona di interazione tra l’atmosfera e il suolo. Nello specifico la neve influisce sul bilancio energetico della superficie del suolo alterando, ad esempio, l’albedo, ovvero il parametro che misura la capacità di riflessione della radiazione luminosa, definito come il rapporto tra la radiazione solare incidente e riflessa da una superficie. A ciò si aggiunge, inoltre, il fatto che il manto nevoso ha proprietà di isolamento termico e contribuisce all’apporto di acqua di disgelo, influenzando sostanzialmente i ghiacciai, il permafrost e, più in generale, il clima.

E’ necessario un intervento urgente

Dai dati dello studio emerge, in particolare, come il manto nevoso registri una riduzione della durata di 36 giorni, che secondo i ricercatori rappresenta “un declino senza precedenti negli ultimi sei secoli”. In quest’ottica emerge con forza l’urgente necessità di sviluppare strategie di adattamento per i settori ambientali e socioeconomici più legati all’interazione con l’ambiente montano.

Monica Giambersio

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