Wise Society : Il movimento Fridays for future si schiera per i Mapa: chi e cosa sono

Il movimento Fridays for future si schiera per i Mapa: chi e cosa sono

di Mariella Caruso
4 Maggio 2022

La crisi climatica non fa sconti a nessuno. Non tutte le persone e i territori del mondo, però, sono uguali di fronte alle sue conseguenze. Ci sono fette di popolazione e zone molto più esposte di altre ai cambiamenti climatici: si tratta dei Most Affected People and Areas, conosciute dal 2020 come Mapa. A lottare per loro sono i giovani attivisti di Fridays for future, movimento nato in sordina nel 2015 quando nel primo giorno della Conferenza Onu sui cambiamenti climatici di Parigi, la Cop 21, gli studenti scioperarono su invito di un gruppo indipendente. Tre anni dopo arrivò Greta Thunberg, giovanissima attivista svedese il cui nome avremmo tutti imparato a conoscere, che iniziò a scioperare da sola per il clima sedendosi ogni giorno del mese di agosto davanti al Parlamento del suo Paese.

Mapa: disastro ambientale in africa

Foto Shutterstock

La nascita di Fridays for future

A settembre il suo sciopero continuò a oltranza ogni venerdì con l’adozione dello slogan Fridays for future, ispirando i giovani studenti di ogni Paese. Fu in quel momento che il movimento dei giovani impegnati contro i cambiamenti climatici che, seguendo il suo esempio, cominciarono a manifestare ogni venerdì è diventato globale e organizzato nella sua forma attuale, il Fridays for future. Gli attivisti di Fridays for future si definiscono un movimento globale per la giustizia climatica e ambientale. Il loro impegno principale è fare pressione affinché si riconosca l’Emergenza climatica ed ambientale attraverso dichiarazioni ufficiali di enti, dalla scuola ai Comuni fino agli Stati, e promuovere l’informazione sugli stessi temi, a partire dai Mapa e dal concetto di giustizia climatica.

Disastri ambientali e migranti climatici

Foto di Kelly Sikkema / Unsplash

I Mapa, chi e cosa sono

Come detto la crisi climatica non colpisce tutti allo stesso modo: i Mapa subiscono maggiormente gli effetti dei cambiamenti climatici perché soggetti più deboli, territori situati in alcune aree del mondo particolarmente a rischio e, in particolare, soggetti deboli che si trovano in aree a rischio.

Tra i Mapa sono annoverate le donne, che sono oggetto di disparità di genere e ancora subiscono discriminazioni in molti paesi del mondo; le comunità indigene i cui diritti sono spesso violati in particolare nel Sud del mondo. Nella stessa categoria rientrano le minoranze razziali, gli appartenenti alle comunità LGBTQI+, i giovani, gli anziani e le persone più povere.

Per quanto riguarda i territori, invece, tra le aree più vulnerabili del mondo ci sono molti paesi dell’Africa, in particolare subsahariana, l’America centrale e del Sud, il Sudest asiatico e i piccoli stati insulari in via di sviluppo che sono stanno subendo pesantemente le conseguenze di un sistema basato sull’ingiustizia sociale e sui combustibili fossili. Una condizione che potrebbe essere aggravata dall’attuale crisi energetica derivante dalla guerra in Ucraina che sta mettendo in tutto il mondo in secondo piano i programmi per la transizione energetica.

Il simbolo dei Mapa

Simbolo dei Mapa

Immagine Fridays For Future

A simboleggiare l’impegno di Fridays for future in favore dei Mapa sin dal 2020 (anno in cui per porre l’attenzione sul fenomeno) fu organizzato il primo sciopero digitale, lanciato con l’hashtag #digitalstrike, sono due mani a pugni uniti premuti insieme con il pollice in alto.

Si tratta di un’immagine forte, il cui gesto simboleggia, allo stesso tempo, forza, solidarietà e speranza: si tratta di una simbologia universale perché in molte lingue dei segni è proprio quello utilizzato per indicare la solidarietà.  

I Mapa e la giustizia climatica

 Come già detto non esiste uguaglianza di fronte alla crisi climatica. E soprattutto chi maggiormente emette non è mai chi maggiormente soffre le conseguenze di quelle emissioni. Per questo il Fridays for future si definisce un movimento globale per la giustizia climatica e ambientale. Realizzare la giustizia climatica è il terzo pilastro della campagna Ritorno al Futuro del movimento. A chiamare all’azione sono in prima persona i giovani dei Paesi più colpiti dalla crisi climatica che, in una lettera aperta alle maggiori aziende che ne sono responsabili, hanno fatto sentire la loro voce.

Cos’è la giustizia climatica

Ma cos’è la giustizia climatica? Si tratta del principio etico per cui è necessaria una condizione di parità e uguaglianza dei diritti, dei doveri e delle risorse di fronte ai cambiamenti climatici di dimensione locale e planetaria. Per comprendere il concetto basta un dato su tutti: secondo il Global Carbon Atlas, l’intera Africa è responsabile solo di un 3-4% delle emissioni cumulative, secondo un principio etico le conseguenze dovrebbero quindi della stessa portata. Invece ben 27 Stati dello stesso continente sono tra i soggetti a un rischio estremo secondo il Global Climate Risk Index. Al contrario gli Stati Uniti, che sono tra i maggiori produttori di emissioni, hanno un basso indice di vulnerabilità. Di fatto si torna a parlare della contrapposizione tra il Nord del mondo e il Sud del mondo che, però, nel nuovo millennio, sono state sostituiti dai riferimenti al Nord globale e dal Sud globale, ovvero Global North e Global South.

 Global North e Global South

In un mondo che cambia anche le definizioni cambiano e valicano i confini geografici. Global North e Global South, infatti, sono definizioni storico-economiche che gli studiosi hanno cominciato a utilizzare all’inizio degli Anni 60, ma che all’inizio degli anni 2000, con la crisi climatica e sociale, hanno esteso il loro significato travalicando i concetti di Nord del mondo e Sud del mondo.

Se prima quelli del Sud del Mondo erano genericamente i Paesi in via di sviluppo, oggi con Global South si indicano quei paesi con grandi disparità in livelli di vita, speranza di vita o accesso alle risorse. Comincia a cambiare anche il concetto di Nord globale che, fino a poco tempo fa ricalcava più o meno le aree dell’ex G8, diventato poi G7 con l’esclusione della Russia, perché si stanno cominciando a prendere in considerazione anche nel Nord del mondo, ad esempio, i rapporti tra città e periferie, aree più o meno sviluppate. Non è un caso che l’obiettivo 10 dell’Agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo sostenibile introduca il concetto riduzione dell’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni.

Sud globale: mani che raccolgono acqua

Foto Shutterstock

Mariella Caruso

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