Nello stabilimento di Banbury la multinazionale americana chiude il ciclo ecologico-economico producendo biogas dai rifiuti
Il futuro di ogni azienda impegnata in processi produttivi con potenziali di recupero di energia è la cogenerazione. In molte lo hanno capito, perché trasformare gli scarti di lavorazione da rifiuti in risorse produttive, è un ottimo aiuto per l’ambiente, un veicolo di comunicazione positiva in tema di Csr oltre a essere un modo per ridurre la voce dei costi energetici.
Tra le aziende che utilizzano gli scarti di lavorazione per la produzione di energia elettrica e termica c’è la Kraft Foods International che, nel suo stabilimento di Banbury nel Regno Unito in cui produce il caffè Kenco che fa parte dello spin-off Mondelez International, ha realizzato un impianto di cogenerazione alimentato con i residui della torrefazione dai quali sviluppa 250 Kw elettrici e 265 Kw termici.
L’impianto inglese è alimentato da un motore Agenitor 306 della 2G, azienda tedesca presente anche in Italia dal 2011. «Quello della Kraft Foods di Banbury è un caso interessante di studio per via della tipologia di scarti utilizzati – spiega Pietro Bertelli, ceo di 2G Italia che wisesociety.it ha incontrato a Ecomondo – perché il sistema di cogenerazione del biogas viene alimentato dagli scarti di lavorazione del caffe dello stabilimento che hanno già in origine una temperatura di 45°. Questo è molto importante perché la digestione anaerobica, che permette di ottenere metano dalle sostanze organiche, migliora aumentando la temperatura delle sostanze utilizzate. Così, mentre in ambito agricolo e zootecnico c’è la necessità di riscaldare il digestore per mantenere in vita i batteri che sviluppano il metano, in questo caso essendo gli scarti già in temperatura è molto più facile ottenere biogas».
Per quanto riguarda l’utilizzo dell’energia termica ed elettrica prodotta dall’impianto, la metà dei 265 Kw termici prodotti sotto forma di acqua calda vengono utilizzati per il filtraggio biologico dell’acido solforico, gli altri prodotti sotto forma di gas di scarico a circa 450-500° vanno a generare vapore utilizzato per il processo produttivo. «Si stima – aggiunge Bertelli – che l’impianto eviti l’immissione di circa 1400 ton all’anno di CO2 in atmosfera e faccia risparmiare il 20-30% del costo energetico».
In Italia sono circa un centinaio gli impianti di cogenerazione alimentati da motori 2G. «Si tratta, però, quasi esclusivamente di impianti agricoli di dimensione media concentrati nel Nord Italia. Soltanto in alcuni, in particolare in uno di grosse dimensioni nella provincia di Cremona, vengono utilizzati per la cogenerazione scarti della Gdo (ortaggi, patate, pere) che – conclude Bertelli -, oltre a costare meno delle colture dedicate minimizzano l’impatto sull’ambiente perché non si utilizzano colture dedicate. Un modo ottimo per chiudere il cerchio ecologico-economico».