Wise Society : L’agricoltura italiana mira all’autosufficienza energetica

L’agricoltura italiana mira all’autosufficienza energetica

di Francesca Tozzi
12 Marzo 2012

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, il nostro Paese a livello europeo si colloca al secondo posto nell’evoluzione degli investimenti nelle energie rinnovabili. E il settore agricolo, attraverso lo sfruttamento dei residui colturali, dei reflui zootecnici e il recupero delle attività forestali, può ambire all’autosufficienza. Ma ci vuole un quadro normativo più chiaro e certo.

La nostra esterofilia e molti diffusi luoghi comuni portano a individuare un futuro per le energie rinnovabili solo per alcuni Paesi europei, in primis la Germania. Invece, secondo l’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), il nostro Paese a livello europeo si colloca al secondo posto nell’evoluzione degli investimenti nelle energie rinnovabili con il settore agricolo che, attraverso lo sfruttamento dei residui colturali, dei reflui zootecnici e il recupero delle attività forestali, può ambire all’autosufficienza energetica.

Le energie rinnovabili non conoscono crisi

«Le energie rinnovabili – spiega Giulio Volpi della Direzione generale energie presso la Commissione europea a Bruxelles – rappresentano un settore strategico che la crisi non ha intaccato; basti pensare che nel 2011 ha attratto 260 miliardi di dollari, il 5% in più rispetto all’anno precedente. Anche in Italia l’energia prodotta da fonti rinnovabili continua a crescere anno dopo anno. La ricetta per consolidare un trend positivo è quella di garantire un quadro normativo stabile e duraturo che ne promuova lo sviluppo, sia di quelle elettriche ma soprattutto di quelle termiche, come le bioenergie. Purtroppo i decreti attuativi della Direttiva europea sulle rinnovabili non sono stati ancora emanati e questo determina un’incertezza normativa che attualmente, in Italia, impedisce alle imprese del settore di programmare gli investimenti futuri».

C’è poi la questione dei sistemi incentivanti gestiti da ogni singolo Stato mentre la Commissione Europea sostiene la ricerca e l’innovazione tecnologica. Nel caso specifico, dal 2007 sono stati finanziati 20 progetti innovatori di ricerca sui biocarburanti e la produzione di elettricità dabiomasse per un ammontare di circa 70 milioni di euro. Ma altre priorità di ricerca a livello europeo riguardano le nuove materie prime, come la biomassa acquatica e i rifiuti, e le bioraffinerie.

Le differenze fra gli stati in Europa

«Ogni Paese è libero di definire le proprie modalità e i vari livelli di incentivazione – continua Volpi – Ma le differenze tra Stato e Stato sono significative perché differenti sono i costi di produzione dell’energia ottenuta da fonti convenzionali e da fonti rinnovabili, senza dimenticare l’efficienza delle procedure autorizzative e di connessione alla rete. In Germania, tanto per fare un paragone, la continuità del quadro normativo iniziato 15 anni fa insieme alla semplificazione amministrativa fanno sì che le tariffe incentivanti siano minori di quelle italiane». Il rapporto tra ambiente, energia e territorio sarà uno dei temi caldi di BioEnergy Italy (Fiera di Cremona, 15-17 marzo 2012), in particolare grazie a un appuntamento organizzato in collaborazione con Legambiente e Chimica Verde.

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