Wise Society : L’impatto della morte sull’ambiente: quanto inquina morire?

L’impatto della morte sull’ambiente: quanto inquina morire?

di Serena Fogli
12 Maggio 2025

Anche la morte ha un impatto sull’ambiente, soprattutto perché il settore funebre si affida ancora a pratiche datate. Ma oggi le alternative sostenibili esistono: rendere un funerale più ecologico non è solo possibile, è già realtà in diverse parti del mondo

Non esiste vita senza morte. E non esiste azione dell’uomo che non abbia un impatto sul Pianeta. Anche morire inquina. O meglio, a inquinare è la gestione dei corpi, sia essa legata all’inumazione, alla tumulazione o alla cremazione. Dalle necropoli etrusche alle pire dell’antica Roma, questi sono i metodi che da millenni caratterizzano i riti legati all’estremo saluto. E se la vita che conduciamo oggi è molto diversa da quella dei nostri antenati, a essere “rimasta indietro” è proprio la morte: se ne parla poco e malvolentieri eppure, come tutto ciò che riguarda l’uomo, contribuisce alla crisi climatica. Oggi le soluzioni non mancano e molto può essere fatto per rendere un po’ più ecologico l’addio ai propri cari. Approfondiamo allora l’argomento cercando di capire qual è l’impatto della morte sull’ambiente e quanto inquina il settore funebre così come lo conosciamo oggi. 

Cimitero

Foto Shutterstock

Inquinamento post mortem: l’impatto del settore funebre sull’ambiente

L’uomo seppellisce e brucia i morti da sempre. E se i riti che circondano la morte sono molti e diversi, le pratiche di gestione dei cadaveri sono rimaste pressocché invariate. Il problema è che oggi siamo in tanti: a metà del 2024 la popolazione globale era di 8,2 miliardi di persone. Le stime delle Nazioni Unite prevedono una crescita di altri 2 miliardi nei prossimi 60 anni, raggiungendo un picco di 10,3 miliardi nel 2080. E se tutte le persone che nascono inevitabilmente muoiono, è chiara la natura del problema: serve spazio per le sepolture, l’inumazione inquina e lo fa ancor di più la cremazione.

Cimiteri e consumo di suolo

Quando si parla di cimiteri, ad esempio, uno dei problemi da affrontare è quello relativo al consumo di suolo. Il cimitero Flaminio e quello del Verano, a Roma, occupano 223 ettari; segue il cimitero maggiore a Milano, con 68 ettari. Non sembrano molti, ma moltiplicando lo spazio occupato dai cimiteri (grandi o piccoli che siano) si arriva a cifre da capogiro.

Ai morti serve spazio e quest’ultimo non è infinito, soprattutto in un Paese come il nostro dove, in termini di consumo di suolo, non ce la passiamo bene. L’ultimo report diffuso da ISPRA afferma che ogni giorno vengono sottratti alla natura 21 ettari di terreno. Nel 2023 le nuove coperture hanno riguardato 76,8 kmq. E, benché i cimiteri non siano in cima alla lista delle destinazioni d’uso del suolo, sono pur sempre un modo in cui il terreno viene utilizzato e cementificato.

Inquinamento da sostanze

Quando si parla dell’impatto della morte sull’ambiente, i dati non migliorano dal punto di vista dell’inquinamento. Ogni corpo ha un impatto sul pianeta, anche a fine vita. Dal legno massiccio utilizzato come materia prima all’energia necessaria per la fabbricazione del feretro, non manca neanche un nutrito elenco di sostanze chimiche (con la formaldeide in testa) usate per il trattamento dei cadaveri che devono poi essere seppelliti.

Cremazione ed emissioni climalteranti

Se si parla di impatto della morte sull’ambiente ed emissioni climalteranti, il dito va però puntato alla cremazione: pur risolvendo in parte il problema del consumo di suolo, la pratica di bruciare i corpi contribuisce a diffondere gas inquinanti nell’ambiente.

Secondo uno studio pubblicato nel 2022, cremando un corpo vengono prodotti circa 245 kg di anidride carbonica: solo nel 2020, il settore ha immesso nell’atmosfera oltre 14 milioni di tonnellate di Co2. Complessivamente l’impatto ambientale della morte relativo alla cremazione e alle sepolture incide per il 0,03%-0,04% sulle emissioni totali di carbonio. Non è molto, ma nell’epoca della crisi climatica ogni settore deve puntare alla decarbonizzazione per centrare l’obiettivo del Net zero entro il 2050.

Urna funeraria

Foto Shutterstock

La soluzione dei funerali verdi

Insomma, morire impatta sull’ambiente in vari modi, ma poco può essere fatto per cercare di risolvere concretamente il problema. Il settore funebre può essere sicuramente svecchiato in ottica sostenibile (e come vedremo le soluzioni non mancano), ma per ora le leggi italiane non lo permettono. Eppure, in attesa che anche l’apparato legislativo si adegui al nuovo sentire, si possono comunque fare scelte più green.

Dal 2007 è ad esempio possibile optare per bare e urne biodegradabili, purché il defunto non sia deceduto per cause infettive o potenzialmente pericolose. È possibile scegliere bare ecocompatibili (legali anche in Italia) o più ecologiche: dal legno naturale non verniciato, al cartone riciclato, bambù o mais, si tratta di opzioni che contribuiscono sia a diminuire il numero di alberi abbattuti e destinati al settore funebre che l’inquinamento del terreno.

Se poi piace l’idea di tornare alla natura, ci si può rivolgere alla cooperativa Boschi Vivi, che ad oggi rappresenta l’unica possibilità in Italia di interramento delle ceneri in aree boschive, e che reinveste i propri utili in progetti di salvaguardia di boschi e paesaggi.

Esistono tuttavia altri modi per “andarsene” in pace con l’ambiente: si tratta di metodi molto diversi a ciò a cui siamo abituati, ma possono rappresentare sicuramente un’alternativa all’inumazione, alla tumulazione e alla cremazione che, come abbiamo visto, sono metodi che impattano in diverso modo sulla salute (già precaria) del Pianeta.

L’acquamazione

Come anticipato, le alternative ecologiche alle classiche sepolture non mancano. E non mancano nemmeno esempi celebri. Nel 2021, ad esempio, l’arcivescovo Desmond Tutu aveva optato per l’acquamazione, chiamata anche idrolisi alcalina.

Si tratta di una cremazione verde che utilizza un quarto dell’energia necessaria alla cremazione tradizionale e che produce meno Co2 e sostanze inquinanti. Rispetto alla cremazione tradizionale, infatti, il corpo del defunto viene inserito in una camera d’acciaio pressurizzata, per essere poi sommerso da un liquido composto da acqua e una soluzione alcalina. Successivamente viene sottoposto a un processo che provoca la decomposizione dei tessuti molli che, lasciando intatte le ossa (che vengono poi frantumate e consegnate come ceneri), dà come risultato una soluzione liquida sterile che può essere smaltita in sicurezza nel sistema fognario.

Rispetto alle tecniche di cremazione tradizionale l’acquamazione produce meno Co2 e non utilizza combustibili fossili. Purtroppo la tecnica dell’idrolisi alcalina non è ancora legale in Italia.

La sepoltura senza bara

Sempre parlando di personaggi celebri e metodi di sepoltura alternativi ed ecologici, Luke Perry aveva scelto una sepoltura senza bara. Il suo corpo è stato infatti avvolto in una tuta biodegradabile cosparsa di funghi e microorganismi capaci di facilitare la decomposizione, neutralizzare le tossine presenti nel corpo e trasferire i nutrienti alla terra, per arricchirla.

Il compostaggio umano

La tecnica del compostaggio umano, detta anche terramazione, utilizza un processo del tutto naturale che consiste nella riduzione organica del corpo nel suolo. Il corpo del defunto viene inserito in una bara ermetica realizzata con materiale naturale, all’interno della quale viene aggiunto un mix di erbe e segatura, andando così a favorire l’attività microbica che sottostà alla decomposizione.

L’intero processo avviene in un mese e dà come risultato un terriccio che poi può essere utilizzato per concimare prendendosi cura di piante, fiori o alberi. Si tratta sicuramente di un modo per onorare il ciclo della vita e tornare alla terra restituendole, almeno in parte, ciò che le è stato sottratto dal sovrasfruttamento a opera dell’uomo.

La terramazione non è legale in Italia. E’ invece possibile avvalersi di questa tecnica in alcuni stati degli USA dove operano alcune aziende (come Recompose o Return Home), che offrono appunto servizi di compostaggio umano. In Europa l’adozione di questo sistema è invece discusso da diversi Stati, come Olanda, Svezia e Svizzera.

 

 
 
 
 
 
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Funerali sostenibili : cosa dice la legge in Italia?

Insomma, l’impatto della morte sull’ambiente non è marginale, ma purtroppo – come già anticipato – oggi la legislazione italiana non lascia molto spazio alle sepolture alternative o più ecologiche. La legge prevede infatti solo la cremazione, l’inumazione e la tumulazione.

  • La cremazione altro non è che la riduzione delle spoglie del defunto in cenere attraverso un processo di combustione. Le ceneri possono essere tumulate, interrate, conservate in casa, o disperse in mare e nell’ambiente, ma solo in specifici luoghi deputati ad accoglierle.
  • L’inumazione consiste al contrario nella sepoltura del feretro in una fossa precedentemente scavata nella nuda terra. L’interramento delle spoglie, accolte in un cofano funebre, può avvenire solo all’interno dei cimiteri. Una volta inumato, il feretro è ricoperto di terra per essere poi sormontato da una lapide, solitamente in marmo.
  • La tumulazione, infine, prevede la muratura del feretro all’interno dei cosiddetti loculi cimiteriali. In questo caso la bara deve contenere al suo interno una controcassa in zinco, poi saldata in modalità ermetica.

Sarebbe tuttavia necessario svecchiare il settore per consentire, a chi è vicino alle tematiche ambientali, di decidere come disporre del proprio corpo fisico dopo la morte. In fondo, in un mondo che lotta per la vita e per combattere la crisi climatica, anche i riti che circondano la morte devono necessariamente virare verso la sostenibilità.

Serena Fogli

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