Tre studentesse di Taiwan riproducono ghiaccioli rivestiti in resina di poliestere per rappresentare le diverse forme di inquinamento di fiumi, laghi e oceani
Una linea di ghiaccioli con cento tipi tutti diversi e tutti impossibili da trovare al bar. A prima vista possono apparire pure invitanti, ma guai a mangiarne anche soltanto uno. Nessuno di loro, infatti, è commestibile. La varietà non sta infatti a indicare lo sforzo da parte di un’azienda per soddisfare anche i palati più fini. L’ampia gamma altro non è che una rappresentazione di diverse forme di inquinamento. A ciascuno dei «gusti» corrisponde infatti non un sapore, ma un concentrato di acqua inquinata. L’idea è di tre studentesse taiwanesi di design (Hung Yi-Chen, Guo Yi-hui e Cheng Yu-Ti) che hanno creato il progetto «Polluted Water Popsicles». La collezione sarà esposta in una mostra visitabile fino al 24 settembre alla National Taiwan University of the Arts di Taipei, ma non è escluso che a seguire finisca in maniera permanente nel museo dell’accademia d’arte locale.
L’ESPOSIZIONE – I ghiaccioli, con tanto di classico stecco di legno, sono fatti con acque raccolte da fiumi, canali, laghi e porti. Oltre all’acqua, che assume anche colori intensi a causa degli scarichi industriali, nei ghiaccioli si trovano vari pezzi di plastica, insetti, pesci morti, reti, mozziconi di sigarette, oli e altri rifiuti. Il tutto per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni delle acque del Paese. I ghiaccioli originali sono stati ricreati con resine per poterli esporre, e confezionati in bustine di plastica dove è riportata l’origine dell’acqua. Chiaro l’intento: «Dimostrare che le risorse idriche sono molto più importanti rispetto a quanto siano state finora considerate», affermano le tre giovani designer, la cui idea è nata come progetto per l’elaborato finale del corso di studi in comunicazione visiva: costato loro tremila dollari e due mesi in giro per l’intera isola di Taiwan. Tutti i ghiaccioli sono stati rivestiti da una resina in poliestere, in modo da evitare che possano sciogliersi durante l’esposizione. Ottima la resa, soprattutto perché non va a intaccare l’immagine dei prodotti: rendendoli di fatto analoghi a dei normali ghiaccioli, pure alla vista. Sugli imballaggi è invece possibile leggere la fonte e la lista dei presunti ingredienti.
L’ARTE PER SALVARE IL PIANETA – «Prima non ci eravamo mai poste il problema, ma adesso speriamo che anche attraverso la nostra opera le persone riescano a cambiare il proprio stile di vita», è questa la chiave che ha messo in moto le tre ragazze. A scioccarle, sono stati i dati del «World Economic Forum», secondo cui ogni anno sono otto milioni le tonnellate di plastica che vengono scaricate nelle acque di oceani, fiumi e laghi: l’equivalente del carico di un camion che si libera del proprio carico ogni minuto. L’emergenza è sentita a tutte le latitudini: dall’Italia al Brasile. A Taiwan, dove il progetto è sbocciato, nelle acque finiscono rifiuti industriali, scarti agricoli e rifiuti speciali. La situazione viene definita in miglioramento dalla locale agenzia per la protezione dell’ambiente, secondo cui l’inquinamento dei corsi d’acqua è stato quasi dimezzato dal 2001 a oggi: grazie ai lavori di bonifica svolti e all’innalzamento delle sanzioni economiche a carico delle aziende responsabili.
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