Scrigni di biodiversità, luoghi dove ricavare farmaci salva vite, regolatori del clima: le foreste pluviali sono fondamentali per la vita umana. Ma vanno tutelate con opportuni investimenti.
Salvare le foreste pluviali offre molteplici benefici. Purtroppo, però, il tasso di perdita delle foreste non ha praticamente rallentato negli ultimi dieci anni: così circa 7 milioni di ettari scompaiono ogni anno. La deforestazione di queste aree fondamentali per l’esistenza stessa degli esseri umani e di moltissimi altri esseri viventi è un danno che non possiamo permettere prosegua. Il problema è: come fare a fermarlo? Servono 500 miliardi di dollari.
Perché stanno scomparendo le foreste pluviali
Gli interessi economici alla base della riduzione delle foreste pluviali sono sensibili: “un ettaro di foresta pluviale convertito in soia, olio di palma o pascolo per bovini può fruttare a un agricoltore un profitto di circa 500 dollari all’anno. Un ettaro di foresta pluviale mantenuto come tale non fa guadagnare quasi nulla al proprietario del terreno, nella maggior parte delle circostanze”, scrive Kobad Bhavnagri, Head of Strategy della società di ricerca strategica BloombergNEF (BNEF).
È lui a chiarire le possibili contromisure e a fare calcoli utili a comprendere quanto potrebbe costare tutelare e salvare questi enormi tesori di biodiversità. “La maggior parte delle stime suggerisce circa 500 miliardi di dollari all’anno. Ma anche una parte di questa cifra può fare una differenza immediata”. Bhavnagri segnala che già 50 miliardi di dollari all’anno dovrebbero essere sufficienti per finanziare il costo opportunità di circa 100 milioni di ettari per i proprietari terrieri, ovvero circa il 10% della foresta pluviale tropicale più a rischio ai margini dell’Amazzonia, del Congo e in tutto il Sud-Est asiatico.
Cosa sono e dove si trovano le foreste pluviali
Quando accadrà? “Quando il mondo prenderà sul serio la perdita di biodiversità”, evidenzia Bhavnagri. Le foreste pluviali sono i patrimoni forse più preziosi esistenti sulla Terra. Innanzitutto sono gli ecosistemi viventi più antichi del pianeta. Si trovano nell’area compresa tra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno, appena sopra e sotto l’Equatore. In termini di continenti, sono presenti in America centrale e meridionale, nell’Africa occidentale e centrale, nell’India occidentale, nel Sud-est asiatico, nell’isola di Nuova Guinea e in Australia.
Sono i più grandi tesori di biodiversità. Ospitano 170mila delle 250mila specie di piante conosciute al mondo. Si tratta di più di due terzi di tutte le piante. Pur coprendo solo il 6-7% della superficie terrestre, sono incredibilmente ricche di flora e fauna; un’area di 10 chilometri quadrati (può contenere fino a 1.500 piante da fiore, 750 specie di alberi, 400 specie di uccelli e 150 specie di farfalle. Già solo la foresta amazzonica, la più grande foresta pluviale tropicale del mondo, ospita circa 40mila specie di piante, quasi 1.300 specie di uccelli, 3.000 tipi di pesci, 427 specie di mammiferi e 2,5 milioni di insetti diversi.
Un’area di foresta pluviale delle dimensioni di un ettaro (equivalente a due campi da calcio) può contare più di 400 specie arboree, mentre un’area uguale di foresta negli Stati Uniti ne può contare meno di venti. Numerose specie presenti in queste foreste, soprattutto insetti e funghi, sono sconosciute: ogni anno vengono scoperte nuove specie appartenenti alla flora e alla fauna.
Rainforest: la loro importanza per il clima e per la salute umana
Perché le foreste pluviali sono importanti? Biodiversità a parte, per svariati motivi: contribuiscono a stabilizzare il clima mondiale; mantengono il ciclo dell’acqua; proteggono da inondazioni, siccità ed erosione.
Le foreste pluviali, inoltre, contengono buona parte delle piante da cui sono tratti numerose basi per medicinali. Circa 120 farmaci da prescrizione venduti oggi in tutto il mondo derivano direttamente dalle piante della foresta pluviale. Più di due terzi di tutti i farmaci con proprietà antitumorali provengono da piante della foresta pluviale.
Oltre cento aziende farmaceutiche e diversi settori del governo statunitense, tra cui il National Cancer Institute degli Stati Uniti, sono impegnati in progetti di ricerca sulle piante per la ricerca di possibili farmaci e cure per virus, infezioni, cancro e persino AIDS.
Alcuni dei composti presenti nelle piante della foresta pluviale, inoltre, sono utilizzati anche per trattare la malaria, le malattie cardiache, la bronchite, l’ipertensione, i reumatismi, il diabete, la tensione muscolare, l’artrite, il glaucoma, la dissenteria e la tubercolosi, oltre ad altri problemi di salute.
Le strategie possibili per la tutela delle foreste pluviali
Lo stesso Head of Strategy di BNEF mette in evidenza come le foreste pluviali del mondo abbiano un enorme valore economico. Insieme contengono circa il 50% delle specie terrestri e immagazzinano il 40% della CO2 terrestre. “Forniscono acqua dolce, ospitano impollinatori, gestiscono le sostanze nutritive e sono una ricca biblioteca genetica per i farmaci. Secondo una stima, tutti questi servizi valgono circa 4.741 dollari per ettaro all’anno. Le foreste pluviali sono un bene che ci fornisce servizi fondamentali. Continuare a perderle ci renderà più poveri”.
Per riuscire a cambiare questa tendenza e provvedere a tutelarle si possono mettere in atto tre approcci economici differenti, partendo da un aspetto essenziale: un agricoltore ai tropici può guadagnare 500 dollari per ettaro ogni anno.
I mercati specifici
Un primo approccio potrebbe essere quello di generare strumenti protezionistici sotto forma di mercati specifici. In breve, i proprietari terrieri che ospitano le foreste pluviali possono essere rinumerati attraverso mercati che attribuiscono un valore ai loro servizi globali, come il sequestro del carbonio e la fornitura di biodiversità.
La creazione di un’istituzione globale
Un secondo approccio è quello di creare un’istituzione globale come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale per la protezione della natura. È un’idea avanzata dall’economista indiano Partha Sarathi Dasgupta, famoso per i suoi studi e per aver formulato la possibilità di calcolare il valore della natura. Tale organismo erogherebbe fondi ai Paesi che ospitano biomi cruciali come le foreste pluviali, traendo i finanziamenti da un sistema di tassazione sul trasporto navale, in particolare sulle navi che utilizzano le acque internazionali – un bene comune globale che è a sfruttamento libero. Per essere sufficiente, si dovrebbe pensare a prelievi percentuali anche da altre fonti, per esempio sui prodotti che causano la perdita di natura.
Riconoscere il valore economico delle foreste
Una terza via potrebbe essere quella di riconoscere il valore economico delle foreste pluviali nei bilanci aziendali e nei conti nazionali. Il suo pensiero è chiaro in proposito:
“Se le aziende e i governi dovessero misurare formalmente la variazione del capitale naturale che si è verificata quando 1.000 ettari di foresta pluviale sono stati disboscati, dovrebbero riconoscere che la crescita dei beni prodotti o del capitale deve essere bilanciata dal deprezzamento del capitale naturale”. Nel suo ragionamento articolato, il dirigente BNEF espone le vie da percorrere, anche attraverso il calcolo dei rischi e delle opportunità.
Per salvare le foreste pluviali servono 500 miliardi
La conclusione cui arriva Kobad Bhavnagri è che potrebbe essere attuata una combinazione dei tre approcci. Da qui si arriva alla cifra necessaria: 500 miliardi di dollari. Quando si arriverà alla comprensione che tale cifra è ampiamente compensata dai benefici della tutela delle foreste pluviali? Non si sa. Occorre fare passi avanti significativi. Una speranza può essere la COP15 sulla biodiversità, ovvero la Conferenza delle parti della Convenzione sulla diversità biologica riunita a Montreal fino al 19 dicembre. In particolare, ci sarebbero elementi fondati per sperare se si addivenisse a un “accordo di Parigi per la natura”, che includa l‘obiettivo di proteggere il 30% della terra e del mare per la natura. Solo con un’esatta percezione e strumenti adeguati di stimolo alla tutela delle foreste pluviali potrebbero sortire effetti benefici. Come conclude lo stesso dirigente BNEF: “decine e poi centinaia di miliardi di dollari devono confluire per proteggere i biomi cruciali su cui l’umanità fa affidamento. Il rischio e le opportunità sono troppo grandi per essere ignorate”.
Andrea Ballocchi