Le due organizzazioni svelano un quadro di edificazioni in costante crescita, espansione urbanistica abnorme, abusivismo edilizio e condoni. Con conseguente declino dell’economia rurale e assetto idrogeologico stravolto.
Il Belpaese perde terreno, e stavolta non in senso metaforico. A sostenerlo FAI (Fondo Ambiente Italiano) e WWF che hanno presentato il dossier “Terra rubata – Viaggio nell’Italia che scompare”, svolto dall’Università degli Studi dell’Aquila. Se non si cambierà marcia, nei prossimi vent’anni la superficie occupata dalle aree urbane crescerà di circa 600mila ettari, pari ad una conversione di 75 ettari al giorno. Stima che emerge da uno studio fatto su 11 regioni: Umbria, Molise, Puglia, Abruzzo, Sardegna, Marche, Valle d’Aosta, Lazio, Liguria, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia (44% della superficie totale). E che prende in esame il periodo compreso tra gli anni ’50 e i primi del 2000, svelando un quadro di edificazioni in costante crescita, espansioni urbanistiche realizzate anche in fasi di stabilità demografica, abusivismo edilizio e condoni, declino dell’economia rurale e assetto idrogeologico stravolto.
Nel dettaglio, la mappa della “terra rubata” rivela come l’erosione del suolo sia aumentata del 100% in Umbria, Liguria, Valle d’Aosta e Friuli, di oltre il 400% in Molise, Puglia e Abruzzo, e più del 500% in Emilia Romagna. Questa serie di violenze difficilmente avrebbe potuto non avere ripercussioni: ‘Il consumo sfrenato del suolo ha reso il nostro territorio fragile e più povero di risorse – si legge nel dossier – In Italia circa il 70% dei Comuni è oggi interessato da movimenti franosi’.
Cosa fare allora per limitare i danni attuali e futuri? Per FAI e WWF bisogna riutilizzare i suoli anziché edificarne di nuovi e consentire i cambi di destinazione d’uso se coerenti con le scelte in materia di ambiente, paesaggio, trasporti e viabilità. Poi rafforzare la ‘tutela delle nostre coste, estendendo da 300 a mille metri dalla linea di battigia il margine di salvaguardia e difendere i fiumi non solo attraverso il rispetto delle fasce fluviali, ma con interventi di abbattimento e delocalizzazione degli immobili situati nelle aree a rischio idrogeologico’.