Wise Society : L’Italia? Non è un Paese sostenibile

L’Italia? Non è un Paese sostenibile

di Fabio Di Todaro
25 Gennaio 2018

In base ai dati dell'Environmental Performance Index a livello globale, il trend è in deciso miglioramento ma il nostro paese si trova solo al 16esimo posto della classifica del green

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Per l’Environmental Performance Index l’Italia non sarebbe un paese sostenibile, Foto: Sgroi/Flickr

Complessivamente, la situazione è migliore rispetto a qualche anno fa: merito anche della maggiore attenzione posta alle condizioni dell’ambiente, snobbate per lungo tempo. Ma l’Italia, per definirsi un Paese sostenibile, ha ancora parecchia strada da percorrere. Questo è quanto si evince leggendo l’«Environmental Performance Index», l’indice di sostenibilità presentato in occasione del forum economico mondiale di Davos (Svizzera). Il nostro Paese risulta sedicesimo, nella graduatoria del green che vede in testa la Svizzera e messe comunque meglio, soltanto in Europa, la Francia (seconda), la Danimarca (terza), Malta e la Svezia. In coda alla classifica India e Bangladesh: precedute da Burundi, Repubblica Democratica del Congo e Nepal.

MISURATI 24 INDICATORI IN 180 PAESI – L’«Environmental Performance Index» si basa sui dati globali disponibili prodotti da enti di ricerca e organizzazioni internazionali come la Banca mondiale e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). Nel dossier sono state analizzate le condizioni di 180 Paesi, prendendo in considerazione 24 indicatori. Detto ciò, come segnalato dagli stessi estensori, «resistono delle gravi lacune nella raccolta dei dati che dovrebbero essere risolte quanto prima»: nello specifico relativamente alla sostenibilità in agricoltura, alla gestione delle risorse idriche e dei rifiuti e alla tutela della biodiversità. Ma i risultati del 2018, con tutti i loro limiti, comunque «confermano che i risultati in termini di sviluppo sostenibile dipendono da due componenti: il progresso economico e gli investimenti in infrastrutture ambientali e la gestione dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione», per dirla con Daniel Esty, direttore del centro per le politiche ambientali dell’Università di Yale: l’ente estensore del rapporto, assieme alla Columbia University.

I NODI ANCORA DA SBROGLIARE – Il rapporto offre un’istantanea del mercato della sostenibilità, su cui oggi comunque sempre più Paesi hanno deciso di investire. A livello globale, il trend è in deciso miglioramento: dalla protezione degli ecosistemi marini alla diffusione dell’acqua potabile. Ma secondo gli esperti rimangono comunque alcune questioni ancora parte: a partire dall’inquinamento dell’aria agli scarsi controlli nella pesca, che stanno determinando la progressiva riduzione delle scorte ittiche. Il primo problema è particolarmente sentito in alcune realtà orientali: come il Pakistan, l’India e la Cina. È sostanzialmente per questo motivo che gli ultimi due Paesi risultano in coda alla classifica, schiacciati da una crescita economica esponenziale e da un aumento demografico difficile da controllare. Mentre le emergenze più significative negli habitat acquatici si registrano in Portogallo, El Salvador e Papua nuova Guinea. D’attualità rimane pure il tema della deforestazione: con l’Indonesia, la Malesia e la Cambogia a rappresentare i casi limite.

Twitter @fabioditodaro

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