La curva della produzione di energia da fonti rinnovabili è in continua crescita. Una buona notizia non solo per l'ambiente, ma anche per l'occupazione. Infatti portare uffici e case da avere la certificazione in classe A entro il 2021, significherebbe 850 mila nuovi posti di lavoro
Qualche spiraglio verso una visione più ottimista del futuro emerge dalla presentazione del “Rapporto annuale Comuni Rinnovabili 2013” di Legambiente. Il boom delle energie rinnovabili, che è scoppiato nel nostro paese soprattutto negli ultimi quattro anni, ha velocemente portato a cambiamenti radicali nel sistema di approvvigionamento energetico degli italiani.
Nonostante il momento di crisi economica, i dati più recenti non segnano una flessione delle energie rinnovabili, anzi l’aumento continua in modo costante. È una tendenza che non vale solo per l’Italia. Paolo Frankl, dell’International Energy Agency (IEA), durante il convegno di Legambiente, ha riportato dati molto interessanti relativi alla crescita esponenziale delle energie rinnovabili a livello mondiale nei prossimi anni, che si stima arriveranno a coprire il 47% della produzione di energia elettrica con una sensibile diminuzione dei costi dell’elettricità entro il 2020. «E la cosa importante – sottolinea Frankl – è che questa tendenza porterà a una riduzione delle emissioni di Co2 con benefici in termini di sostenibilità a lungo termine». Più che in Europa e in Usa, paese che non è sinora riuscito ad avviare una convincente strategia delle rinnovabili a breve termine, Frankl ha sottolineato che la crescita delle rinnovabili, almeno sino al 2050, sarà molto forte in Asia – con la Cina responsabile da sola del 40% della crescita mondiale delle rinnovabili – in America Latina e in Medio Oriente. E questo anche in assenza di una significativa politica degli incentivi.
Per tornare alla situazione italiana il Rapporto, che Legambiente prepara dal 2006 e che quest’anno è stato presentato dal suo vicepresidente Edoardo Zanchini, conferma una realtà oramai consolidata. Sono 600mila in Italia gli impianti da fonti rinnovabili che contribuiscono oggi al 28,2% dei nostri consumi elettrici (contro il 24,5% del 2011). Non c’è praticamente comune, città grande o paese di piccole dimensioni, che non conti sul proprio territorio un impianto, termico ed elettrico, da energie pulite.
Per essere precisi, le aree che restano fuori da questa rivoluzione verde sono solo puntini sparuti nel territorio del Paese, visto che è coinvolto il 98% del totale dei comuni italiani: in cifre assolute si tratta di 7.937 comuni (numero più che raddoppiato rispetto al 2008) che ospitano almeno una delle diverse tipologie di impianto da energie rinnovabili. Sul solare fotovoltaico, ad esempio, quasi tutti i comuni sono interessati, ben 7.857, tra cui si distingue il piccolo centro in provincia di Cremona di Casaletto di Sopra , primo in Italia con una media prodotta di 11,6 KW per abitante, ottenuta attraverso impianti installati su tetti e coperture del paese.
Anche il solare termico è molto diffuso, con 6.260 comuni coinvolti e il paese di Don, in provincia di Trento, è il primo in Italia per numero di impianti per abitante. L’o eolico è presente nei territori di 571 comuni, di cui 296 completamente autosufficienti per la produzione di elettricità, che complessivamente producono energia elettrica per i consumi di 5,2 milioni di famiglie.
Il mini-idroelettrico è localizzato in 1.053 comuni con una potenza prodotta in grado di soddisfare 1,8 milioni di famiglie. Le bioenergie, in larga espansione, sono diffuse in 1.494 comuni e la geotermia in 369 comuni, concentrati soprattutto in Toscana.
Tra tutti i comuni verdi, Legambiente ne ha individuati alcuni, sulla base di parametri quantitativi e qualitativi. La punta di diamante delle energie rinnovabili in Italia è costituita da soli 27 comuni al 100% rinnovabili, il che significa prima di tutto che le fonti installate riescono a soddisfare e anche superare i fabbisogni elettrici e termici (intesi come riscaldamento , acqua calda, elettricità nelle case) dei cittadini. Ma non basta solo questo, perché i comuni che rispettano questa condizione in Italia sono ormai centinaia. Per rientrare tra i magnifici 27 è necessario distinguersi anche qualitativamente, ovvero per la capacità di utilizzare insieme diverse fonti energetiche – almeno quattro – riuscendo a mixarle tra loro, con livelli ottimali di gestione e di innovazione negli investimenti. In questa classifica, come si vede molto restrittiva, nel 2013 sono stati ammessi comuni tutti localizzati al nord, nelle province di Bolzano (19), Trento (3), Aosta (2), Udine (1) e Sondrio (2).
C’è quindi da essere soddisfatti nonostante, nel corso della discussione, non siano mancati le sottolineature su alcune criticità, ma allo stesso tempo anche i modi per superarle. I vantaggi della trasformazione dei sistemi di approvvigionamento di energia attraverso le rinnovabili sono tangibili, ha ricordato Zanchini, almeno sotto quattro aspetti: in termini di sriduzione delle importazioni di petrolio e gas, di diminuzione delle emissioni di Co2 in coerenza con gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, di tagli ai costi dell’energia elettrica anche se questo vale soprattutto per le famiglie piuttosto che per l’industria – come ha rimarcato Sara Romano del Ministero dello Sviluppo economico – mentre l’occupazione del settore delle fonti rinnovabili stimata in 120 mila unità, può aumentare ancora .
Sugli aspetti critici del settore e i punti dove gli esperti pensano sia necessario intervenire, in primo luogo, tutti si sono trovati d’accordo sulla necessità di semplificare la burocrazia e quindi le regole con l’individuazione, ad esempio, di un unico interlocutore per ottenere l’approvazione dei progetti. È necessario non abbassare la guardia sull’importanza di investimenti soprattutto per l’innovazione e poi per il potenziamento della rete e lo stoccaggio dell’energia elettrica ricorrendo anche a moderne smart grid, per consentire flessibilità di gestione nei momenti di picco o di flessione della domanda.
Le incertezze che riguardano il sistema degli incentivi dovrebbero essere rapidamente superate, cercando di pensare anche a nuovi strumenti, abbandonando gradualmente quelli che sostengono la costruzione di nuovi impianti (con costi che ricadono in bolletta) per puntare ai benefici legati a una efficiente distribuzione della produzione dell’energia secondo le esigenze locali. Infine, tutti d’accordo sulle necessità di puntare sulla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio per gli edifici di nuova costruzione e su quelli già esistenti.
Portare verso la classe A di certificazione energetica case e uffici, secondo anche quanto stabilito anche dall’UE entro il 2021, oltre a ridurre le bollette, aumenterebbe l’occupazione sino 250mila persone nel settore delle energie pulite e a 600mila nel settore dell’efficienza e della riqualificazione edilizia, secondo le stime fornite da Legambiente.