Emobility senza terre rare. C’è questa possibilità, di alternative ce ne sono, ma oggi c’è un consorzio europeo di eccellenze per rendere realmente competitive alcune di queste alternative alle terre rare, o rare earth elements (o metals), il cui valore di mercato è destinato a salire notevolmente. Le stime dicono che passerà da 5,3 miliardi nel 2021 a 9,6 miliardi di dollari nel 2026 (fonte: Research and Markets).
L’importanza delle terre rare nella transizione energetica
Oltre al cobalto, l’industria della mobilità elettrica fa grande uso di terre rare come neodimio, lantanio, terbio e disprosio. Sono fondamentali per la realizzazione delle componenti elettroniche e l’80% dei giacimenti di terre rare è detenuto dalla Cina. Questo è il primo elemento critico, unito al fatto che molte terre rare sono reperibili in Paesi geopolitcamente instabili. Infine, non sono così facilmente reperibili: l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) lo ha messo in evidenza in un recente report dedicato al ruolo dei minerali critici nelle transizioni di energia pulita. Ha scritto che elementi chiave come neodimio e disprosio “potrebbero trovarsi di fronte a un’offerta limitata nei prossimi anni”.
Mobilità elettrica e terre rare: esiste un’alternativa
Oggi l’introduzione su vasta scala di veicoli elettrici (auto elettriche e non solo) dipende fortemente dai motori PM, a magneti permanenti prodotti utilizzando terre rare. Oggi sono i più diffusi, ma non gli unici. La strada a tecnologie “rare earth free”, più sostenibili, non è quindi preclusa. Soluzioni tecnologiche alternative, infatti, già esistono, ma necessitano di uno stimolo in termini di ricerca e sviluppo per essere un’alternativa concreta. Per questo è sorto in Europa il progetto di ricerca e sviluppo REFREE Drive. È in via di ultimazione e l’obiettivo che si pone è progettare la prossima generazione di motori elettrici in grado di fare a meno delle terre rare nei magneti, puntando a garantire la fattibilità industriale per la produzione di massa, concentrandosi sul basso costo delle tecnologie di produzione.
Il progetto REFREE Drive
Acronimo di Rare Earth Free e-Drives, REFREE Drive è stato finanziato con 6 milioni di euro nell’ambito di Horizon 2020. Il suo fine è contribuire a evitare l’uso di magneti di terre rare attraverso lo sviluppo di una prossima generazione di trasmissioni elettriche, garantendo la fattibilità industriale per la produzione di massa, concentrandosi sul basso costo delle tecnologie di produzione.
Tra i partner del progetto ci sono il gruppo Jaguar Land Rover, ma anche diversi centri di ricerca insieme ad aziende e tra queste alcune realtà italiane di spicco, come Mavel e Privé. Quest’ultima è specializzata in ricerca e ingegnerizzazione di Electric Vehicle e si è occupata di progetti prestigiosi, da macchine movimento terra a collaborazioni nel settore automotive con FCA, Ferrari e altri prestigiosi brand.
Terre rare: cosa sono e perché sono importanti per l’auto elettrica
Prima di spiegare nel dettaglio il progetto per l’emobility senza terre rare, è bene comprendere cosa siano e perché siano così importanti. Con terre rare si definisce un insieme di 17 elementi metallici, che grazie alle loro proprietà chimiche, si rendono necessari a più di 200 prodotti in una vasta gamma di applicazioni, dagli smartphone ai display elettronici, ai sistemi di guida, fino a sistemi radar e sonar.
Per i veicoli elettrici le terre rare trovano spazio nei motori elettrici come elementi fondamentali dei magneti permanenti e rappresentano la via più rapida per aumentare l’efficienza e la potenza di un motore.
Il problema delle terre rare
Il problema delle terre rare risiede nella loro disponibilità e nelle problematiche geopolitiche costituite dal loro reperimento. Come specificato nella U.S. Geological Survey, “nel 2008, la Cina ha rappresentato più del 90% della produzione mondiale di terre rare, e nel 2011, ha rappresentato il 97% della produzione mondiale. A partire dagli anni Novanta in poi, le forniture di terre rare sono diventate un problema perché il governo cinese ha iniziato a modificare i quantitativi da esportare”.
REFREE Drive: il progetto europeo di emobility senza terre rare
Per ovviare a queste criticità occorre quindi trovare un’alternativa sostenibile. Su questo hanno avviato il lavoro di ricerca e sviluppo i 13 partner del consorzio base del progetto REFREE Drive per studiare e sviluppare più soluzioni per il sistema di trazione elettrica dei veicoli elettrici. La Comunità Europea ha finanziato il progetto, stanziando 6 milioni di euro, convinta della sua bontà.
Entrambe le soluzioni studiate si basano su motori elettrici AC brushless: motore a induzione con rotore fabbricato e pressofuso in rame e motore sincrono a riluttanza.
Coinvolti nel progetto ci sono il gruppo Jaguar Land Rover, diversi centri di ricerca, università ed enti (tra questi l’Università degli Studi di L’Aquila e European Copper Institute) insieme ad aziende anche italiane come la valdostana Mavel, specializzata in fabbricazione di motori elettrici ed elettronica di controllo per applicazioni automobilistiche.
Tra queste è da segnalare Privè, il cui fondatore e amministratore delegato è Walter Vinciotti. È lui a spiegarci su cosa si sta lavorando oggi: «l’attività di ricerca si e sviluppata è focalizzata sulla possibilità di ottimizzare alcuni passaggi della produzione industriale che potessero permettere di ridurre i costi di produzione dei motori tradizionali e aumentarne il rendimento».
Ma il progetto ha anche un’altra finalità: non solo rendere fattibile l’emobility senza terre rare, ma anche creare le condizioni per far nascere una filiera europea specializzata nella ricerca, sviluppo e produzione di alternative “rare earth free”, coinvolgendo già le migliori realtà specializzate parte di Refree Drive.
Dal prototipo al termine del progetto: ora il passo è l’industrializzazione
Nel progetto per realizzare il sistema di trazione per l’emobility senza terre rare, Privé svolge la funzione di anello di congiunzione tra il mondo industriale e le realtà di ricerca e sviluppo, e ha il compito di system integrator. «È un ruolo importante e delicato perché deve riuscire a integrare tutte le componenti e le criticità, in modo da rendere attuabile e commercialmente valida la soluzione – spiega Vinciotti – Questo ha comportato, tra l’altro, la realizzazione del veicolo dimostrativo». È stato scelto per questo un Mercedes Sprinter elettrico creato in base alle specifiche del progetto, in modo da far dialogare tutte le componenti. «Abbiamo ritenuto che il mercato dei veicoli commerciali sia uno dei più interessati alla riduzione del costo dei motori e in generale dei prezzi di listino». Così Vinciotti e la sua impresa hanno lavorato per assemblare il sistema propulsivo “embrionale”, adattandolo alla tecnologia esistente e studiando l’andamento.
Il progetto Refree Drive è alle sue battute finali, ovvero alla validazione tecnologica. «I motori sono stati testati al banco, abbiamo ottenuto risultati incoraggianti e ci si sta dirigendo così verso la conclusione del progetto, durato tre anni».
Ci sarà quindi un sistema di propulsione elettrica privo di terre rare? «Il nostro lavoro ha dimostrato che è una strada percorribile perché con soli tre anni di sviluppo e senza l’impegno massiccio di tutta l’industria automotive, siamo comunque giunti a risultati molto incoraggianti che tracciano il futuro del consorzio Refree Drive. D’ora in poi si potrà proporre a interlocutori per avviare l’industrializzazione. Certo, ha bisogno d’ora in poi dell’industria», conclude l’amministratore delegato di Privé.
Andrea Ballocchi