Un fenomeno climatico capace di condizionare il clima a livello globale: El Niño consiste nel riscaldamento anomalo delle acque dell’Oceano Pacifico ed ha un impatto sempre più allarmante, tra siccità e inondazioni
El Niño è un fenomeno climatico caratterizzato da un riscaldamento anomalo delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centrale e orientale, in particolare nel periodo compreso tra dicembre e gennaio – da qui il nome, che in spagnolo vuol dire “il Bambinello”, perché raggiunge il suo picco intorno a Natale.
El Niño e La Niña, due facce della stessa medaglia
Generalmente l’aumento della temperatura si manifesta al largo delle coste del Perù e dell’Ecuador – quindi sulla fascia equatoriale – prima nelle zone circostanti e poi su scala planetaria, con intensi fenomeni meteorologici. Questi fenomeni possono durare anche diversi mesi, alla fine dei quali subentra La Niña, che corrisponde a una fase di raffreddamento delle acque, associata all’aumento dell’attività dei cicloni nell’Atlantico e alla prolungata siccità in Sud America.
Insieme, sono due facce della stessa medaglia, ovvero di un fenomeno più complesso denominato ENSO (El Niño-Southern Oscillation). L’alternanza delle due fasi è continua ma irregolare: El Niño e La Niña si presentano in media ogni due-sette anni e tra le due fasi (calda e fredda) si interpongono spesso periodi (di mesi o qualche anno) di situazioni neutre, cioè con temperature, venti e precipitazioni nel Pacifico tropicale vicini alle medie di lungo termine.
Come si sviluppa El Niño
Cerchiamo di spiegare come si verifica questo fenomeno in modo comprensibile, anche a costo di qualche semplificazione. Cosa succede di norma? Sull’Oceano Pacifico soffiano in modo costante dei venti freschi e umidi, su entrambi gli emisferi verso l’equatore: da nord-est verso sud-ovest nell’emisfero Boreale e da sud-est verso nord-ovest nell’emisfero Australe. Questi venti, soffiando sempre ad una media di 30km orari, aiutano a spingere l’acqua calda dell’oceano -e di conseguenza le grandi quantità di aria umida soprastanti- trasportandole su lunghe distanze dal sud America verso l’Asia, fino ad arrivare sopra la Nuova Guinea e l’Indonesia, dove l’incontro degli Alisei da sud-est con quelli da nord-est provoca la costante presenza di molta aria umida proprio in quelle regioni.
Quanto più calda è l’acqua superficiale dell’Oceano Pacifico occidentale, tanto più vapore acqueo viene trasportato dagli Alisei e tanto più importante è la presenza di aria umida sopra le isole del Sudest asiatico. Il risultato è lo sviluppo di un’intensa attività temporalesca.
Cosa succede invece per El Niño? Ogni due-dieci anni circa, l’usuale attività nella zona dell’Oceano Pacifico equatoriale subisce un importante cambiamento: per diversi mesi gli Alisei da sud-est soffiano solo debolmente o, in alcune fasi, cessano completamente. L’impulso per il trasporto di acqua equatoriale verso l’Indonesia viene in gran parte a mancare. L’acqua calda accumulata nell’Oceano Pacifico occidentale torna indietro verso est, impiegando diversi mesi per attraversare l’oceano e di solito arriva sulle coste sudamericane intorno al periodo natalizio (da qui El Niño).
L’impatto globale di El Niño
El Niño può influenzare i modelli climatici a livello globale: le temperature tendono infatti ad aumentare in sua presenza, contribuendo a record di caldo, con effetti significativi che possono persistere per diversi mesi dopo la fine del fenomeno, causando variazioni nel clima. Gli impatti più significativi riguardano, in termini di precipitazioni, diverse aree del pianeta, come la parte meridionale degli Stati Uniti, il sud-est del Sud America, il Corno d’Africa e l’Asia orientale; mentre condizioni più asciutte si riscontrano in Indonesia, nell’Africa sud-orientale e nel Nord America nord-orientale. Ma vediamo nel dettaglio quali sono le conseguenze.
America del Sud
L’acqua calda vicino alla costa porta a temperature più elevate e scatena piogge abbondanti, soprattutto nelle zone costiere dell’Ecuador, del Perù e del Cile settentrionale, spesso con conseguenze devastanti a seguito delle inondazioni. L’acqua calda del mare è letale per molti animali marini, con notevoli ripercussioni sulle popolazioni di pesci e le economie locali dipendenti dalla pesca.
Indonesia e Australia
Nel Sudest asiatico, invece, si soffre di una prolungata siccità. Un intenso episodio del Niño può distruggere gran parte del raccolto in questa regione e lasciare il bestiame gravemente decimato. L’enorme siccità porta spesso anche a incendi di foreste e boscaglie su vasta scala.
Nord America
El Niño può portare a inverni più caldi e umidi negli Stati Uniti meridionali e a condizioni più secche nel nord. Inoltre influenza le stagioni degli uragani dell’Atlantico e del Pacifico, portando di solito a un minor numero di tempeste tropicali e uragani nell’Atlantico e a un loro aumento nel Pacifico.
Africa
Può causare piogge abbondanti nell’Africa orientale, portando a inondazioni, mentre l’Africa meridionale viene colpita dalla siccità, con ripercussioni disastrose su agricoltura, allevamento e disponibilità di acqua potabile.
Europa
Qui gli effetti di El Niño sono più leggeri di quelli che si possono riscontrare in altri continenti, ma hanno comunque impatto. Uno dei motivi principali per cui è meno invasivo è legato all’equilibrio tra l’alta pressione sulle Azzorre e la bassa pressione sull’Islanda, che determina la destinazione delle piogge in Europa, spingendo i forti venti che soffiano verso Est -che trasportano la pioggia attraverso l’Atlantico– verso Nord o verso Sud, portando condizioni più umide nell’Europa meridionale, Italia inclusa, che tende quindi ad avere inverni più piovosi e umidi durante le stagioni di El Niño. l’Europa occidentale può sperimentare un aumento delle precipitazioni, soprattutto nei mesi invernali. Ciò può portare a inondazioni e condizioni meteorologiche estreme, soprattutto nelle regioni che già ricevono abbondanti precipitazioni, come il Regno Unito e la Francia.
Allo stesso tempo, alcune regioni europee potrebbero vedere inverni più miti del solito: le temperature invernali possono essere più alte del normale, particolarmente nell’Europa settentrionale e centrale. In questi casi, le regioni che normalmente ricevono molta neve in inverno, potrebbero vedere una riduzione delle nevicate, con impatti negativi sulle attività sciistiche e sugli ecosistemi locali, così come pure sull’agricoltura.
Italia e Mediterraneo
Anche l’Italia e il Mediterraneo possono sperimentare variazioni nelle precipitazioni e nelle temperature. In generale, l’Europa meridionale tende ad avere inverni più piovosi durante le stagioni di El Niño ed estati correlate a una maggiore attività dell’Anticiclone africano, i cui effetti più immediati si traducono in eventi meteo estremi, come ondate di calore durature, con punte che superano i 40°C e siccità prolungata. Di solito, però, questi effetti sulla temperatura si manifestano nell’anno successivo allo sviluppo del Niño, per cui quest’estate potremmo pagare con una stagione torrida il passaggio del Niño del 2023.
El Niño e il cambiamento climatico
Infine, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale è quasi certo che la concomitanza del Niño con il riscaldamento globale causato dall’inquinamento provocherà un caldo straordinario, con un’alta probabilità che, in almeno un anno, entro il 2027, le temperature globali superino di 1,5 °C i livelli pre-industriali, ovvero la soglia stabilita dall’accordo di Parigi sul clima. Non sarebbe però un superamento definitivo, ma solo un’anticipazione di ciò che ci aspetta se non riusciremo a tagliare le emissioni di gas serra.
Paola Greco