Secondo i dati del report Ecomafia 2015 redatto da Legambiente, il fatturato della criminalità organizzata ammonta a 22 miliardi di euro
I numeri sono monstre, nonostante la crisi. In Italia si compie un reato ambientale ogni 18 minuti, per un totale di ottanta al giorno e oltre ventinovemila in un anno. Da qui un fatturato che, nonostante la crisi, è giunto a quota 22 miliardi: sette in più rispetto al 2013. I dati che emergono dal rapporto Ecomafia 2015, pubblicato poche settimane dopo la legge che riconosce i reati contro l’ambiente, dimostrano come l’aggressione a tappeto a ciò che ci circonda sia diventata una delle opportunità più battute per gonfiare i forzieri delle organizzazioni criminali.
LA CRESCITA VERTIGINOSA DELL’AGROALIMENTARE – Il dossier è stato redatto da Legambiente, con il contributo di diverse forze dell’ordine, oltre che degli inquirenti: dai Carabinieri al Corpo Forestale dello stato, dalle Capitanerie di Porto alla Guardia di Finanza, dagli uffici della Polizia provinciale alla Direzione Investigativa Antimafia. L’istantanea, al 31 dicembre 2014, evidenzia come alla crescita dei numeri abbia contribuito soprattutto il settore dell’agroalimentare, come già emerso dal recente rapporto stilato dalla Coldiretti, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro. Ma la lista degli ambiti di interesse è lunga: dal traffico dei rifiuti alla filiera del cemento, dal recupero energetico all’archeomafia (traffico illecito di opere d’arte e reperti archeologici). L’interesse pubblico è costantemente minacciato da queste reti criminali. «Sono i professionisti dell’ecomafia la carta vincente per il business nei vari settori ambientali – si legge nel rapporto -. Si tratta di un variegato sottobosco del sistema imprenditoriale che sistematicamente inquina il territorio: truffando, evadendo il fisco, mettendo in crisi le aziende sane. Il loro rapporto con le mafie è stretto. Figure professionali e dipendenti pubblici si incontrano nella terra del compromesso criminale, scambiando competenze e conoscenze per aggirare le regole e violentare un altro pezzo di Paese, di bellezza, di civiltà».
LA MAPPA DEL PAESE – Puglia, Sicilia, Campania e Calabria occupano in quest’ordine la classifica dell’illegalità ambientale per numero di infrazioni accertate. Il Lazio resta la prima regione dell’Italia centrale. Il record del Nord lo detiene la Liguria, accompagnata dal Veneto e dalla Lombardia. Ma a colpire è l’aumento delle infrazioni nelle regioni più piccole: le Marche, l’Abruzzo, l’Umbria e il Friuli Venezia Giulia. A guardare bene, dunque, nessuna può più chiamarsi fuori. Come racconta anche Roberto Saviano, «negli appalti pubblici il sistema si arricchisce con la corruzione, una ragnatela che soffoca l’Italia e che ha la testa in Lombardia, dove la corruzione legata all’illegalità ambientale entra in 31 inchieste». Una situazione che ha portato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ad affermare che «ricostruire un equilibrio tra territorio e società, tra sviluppo e cultura, tra ambiente e diritto della persona è anzitutto la grande impresa civica a cui ciascuno di noi è chiamato con responsabilità. Il rispetto dell’ambiente è essenziale per la coesione sociale e per la ripresa del Paese».
LA NUOVA LEGGE – Dal 19 maggio nel Codice penale ci sono cinque nuovi delitti: l’inquinamento e il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale radioattivo, l’impedimento del controllo e l’omessa bonifica. Le pene previste vanno dalla reclusione da 2 a 6 anni (per il delitto di inquinamento) a quella da 5 a 15 anni ( disastro ambientale). Sono previste anche le aggravanti per lesione, morte ed ecomafia. I termini di prescrizione raddoppiano e si possono eseguire confische dei beni. Resta immutato il reato di disastro innominato, con il quale le Procure avevano aperto inchieste ancora in corso, come quella all’Ilva di Taranto.
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