A incidere, secondo il rapporto Ecomafia 2016 presentato al Senato da Legambiente, l’effetto della nuova legge sui delitti contro l’ambiente. Ma resta ancora molto da fare
La pressione della criminalità sui beni ambientali e culturali resta alta, ma per la prima volta si registra una flessione nel giro di affari complessivo delle ecomafie: dai 22 miliardi del 2014 ai 19,1 del 2015. Nella differenza di circa tre miliardi si colgono i primi effetti della legge 68 del maggio 2015 che ha introdotto i delitti contro l’ambiente (ecoreati) nel Codice penale. «La scorciatoia dell’illegalità non conviene più come prima», afferma Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente durante la presentazione del rapporto “Ecomafia 2016” al Senato della Repubblica.
I dati raccolti dalle fonti istituzionali impegnate sul territorio (Carabinieri, Guardia forestale, Capitanerie di porto, Guardia di finanza) fanno ben sperare ma è decisamente presto per cantare vittoria e festeggiare l’avvio di una reale inversione di tendenza sui “reati che rubano il futuro”, come li definisce il presidente del Senato, Piero Grasso. Si capirà meglio nei prossimi anni se il trend sia destinato a consolidarsi, quando si avranno i riscontri giudiziari della lotta alle ecomafie. «Credo non siano sufficienti i dati investigativi, serve la definitività», osserva il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, alludendo alle sentenze e agli esiti delle confische.
I NUMERI DELL’INDAGINE: Nel 2015 diminuiscono gli illeciti ambientali accertati: 27.745. Ma si tratta pur sempre di una media di 76 reati al giorno, più di 3 ogni ora, compiuti da 326 clan censiti dal 1994 ad oggi. Aumenta il numero degli arresti (188) ma calano le persone denunciate (24.623) e i sequestri (7.055). La speculazione edilizia continua a fare scempio del territorio urbano e costiero (18mila gli immobili costruiti illegalmente) anche se diminuiscono gli illeciti nel ciclo del cemento e dei rifiuti: due fronti che spiegano in parte il calo del giro d’affari complessivo delle ecomafie, soprattutto nelle Regioni meridionali a tradizionale insediamento mafioso, dove nell’ultimo anno è diminuita la spesa per le opere pubbliche e per la gestione dei rifiuti urbani (7 miliardi a fronte dei 13 dell’anno precedente). Non a caso proprio in Sicilia si è assistito quest’anno ad una recrudescenza delle intimidazioni, con gli attentati al sindaco di Licata e al direttore del Parco dei Nebrodi.
GEOGRAFIA DEL MALAFFARE: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia restano le aree a più alta densità di ecoreati, con la contestazione di 13.388 reati, pari al 48,3% sul totale nazionale (nel 2014 l’incidenza era del 44,6%). La Campania guida la classifica anche a livello provinciale, con Napoli e Salerno tra le più colpite in assoluto, seguite a stretto giro da Roma, Catania e Sassari. Ma sul fronte della corruzione, che è l’altro lato della medaglia delle ecomafie, i riflettori si spostano al Nord, e soprattutto sulla Lombardia, la Regione con il più alto numero di indagini (40 nel 2015, 302 dal 2010). Segno anche questo di un’infiltrazione ramificata ormai ovunque, attraverso la “criminalità d’impresa” che dà sponda alle mafie, con collusioni e prestanome, in particolare nel ciclo dello smaltimento illecito dei rifiuti.
I REATI IN CRESCITA: La novità assoluta riguarda il disastro ambientale colposo, con 30 contestazioni negli ultimi mesi, ma solo perché questa fattispecie di reato ha esordito nel Codice penale con l’entrata in vigore della legge 68/15 sugli ecoreati (da ultimo a Genova, dove lo scorso 18 aprile sono finiti 700metri cubi di greggio nel fiume Polvecera, uccidendo ogni forma di vita). Tra i reati di vecchia data, invece, si registra un incremento del racket degli animali (8.358 in tutto, con 7.270 denunce, 7 arresti e 2.204 sequestri), sotto forma di bracconaggio, commercio illegale di specie protette, allevamenti illegali, macellazioni in nero, pesca di frodo, combattimenti clandestini. Anche gli incendi dolosi continuano drammaticamente ad aumentare, soprattutto al Sud dove nel 2015 sono andati in fumo 37.582 ettari di superfici boscata e non boscata (+48,7% sull’anno precedente). Preoccupano anche gli illeciti nella filiera agroalimentare, con 20.706 reati accertati e 4.214 sequestri: le infrazioni riguardano soprattutto il settore ittico e la contraffazione dei prodotti a marchio protetto, come olio extravergine di oliva, vino e parmigiano reggiano. Tra i reati in crescita, da segnalare anche il traffico illegale di beni archeologici (3,3miliardi in valore dei pezzi recuperati o sequestrati), e il caporalato, con ottanta distratti agricoli finiti sotto la lente della forze dell’ordine da Nord a Sud.
LE PROPOSTE NORMATIVE E LE RESISTENZE DELLE LOBBY: Il bilancio del Rapporto 2016 è incoraggiante, e segnala che la strada imboccata con la legge dello scorso anno è quella giusta. Legambiente propone alle istituzioni di sviluppare un’azione di formazione per tutti gli attori del sistema di repressione, sul modello di quanto sta accadendo in Emilia Romagna, e di intervenire con un giro di vite contro i reati nell’agroalimentare (la maggiore tutela del Made in Italy, per esempio) e nel racket degli animali. Non solo. La richiesta pressante è di favorire un cambiamento del “paradigma economico”, incentivando l’impresa civile che opera nel pieno rispetto della legalità, della sostenibilità e della solidarietà sul piano occupazionale. Impresa non da poco in un Paese in cui la legge sugli ecoreati ha visto luce solo nel 2016, affrontando un vero e proprio percorso a ostacoli. «Qualcuno ha giudicato questa legge ‘contro l’impresa’», ricorda il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, senza citare direttamente gli ambienti confindustriali. Né i referenti politici di interessi opachi, se non criminali, rievocati anche da Ermete Realacci, il presidente della commissione Ambiente della Camera: «Nell’Aula del Senato, un senatore mi fece sapere che se vado a Napoli, con le mie idee sull’abusivismo edilizio, rischio grosso». Si può quindi parlare di lobby delle ecomafie in Parlamento? Realacci allarga le braccia con espressione eloquente.