La crisi climatica sancisce il 2021 come l’anno nero per la produzione agroalimentare nazionale con perdite pari al 10%. Ma come sottolinea il Wwf, l'agricoltura è parte del problema ma anche la soluzione: modificando l'approccio al cibo e il sistema agroalimentare si fa del bene al Pianeta
C’è chi stenta ancora a capire che l’emergenza climatica colpisce davvero tutti. A ricordarlo, però, interviene anche la crisi dell’agricoltura italiana che “incorona” il 2021 come l’anno nero per la produzione agroalimentare nazionale con perdite pari al 10% della produzione nazionale e per un valore di più di 6 miliardi. A partire da questi dati (che vengono in parte da Coldiretti) e dopo il lancio dell’ultimo Living Planet Report, il WWF, attraverso la sua campagna Food4Future, lancia l’allarme sull’insostenibilità del nostro sistema alimentare, che finisce a sua volta per subire per primo, le conseguenze della sua insostenibilità.
L’impronta ecologica della filiera del cibo
Ogni scelta che facciamo ha ripercussioni dirette e indirette sulle emissioni totali di gas serra. Le scelte, infatti, orientano l’economia e possono anche favorire la lotta al cambiamento climatico. E questo è ancora più vero quando si parla di sistema alimentare. La filiera del cibo rappresenta il 29% dell’impronta ecologica globale delle attività umane. Basti pensare che il cibo deve essere coltivato, raccolto, pescato, allevato e poi trasformato, trasportato, confezionato, distribuito, cucinato e spesso anche sprecato. Tutti passaggi in cui si consumano risorse e si emettono gas climalteranti.
L’incidenza dell’agricoltura sui gas serra
Il 23% delle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane deriva dall’agricoltura (incluse silvicoltura e altri usi del suolo). Inoltre, oggi sono 5,3 i milioni di km2 di aree naturali convertite in terreni agricoli, corrispondenti a poco meno della superficie di tutta l’Europa continentale (esclusa la Russia).
L’agricoltura intensiva compatta il suolo, aumenta l’erosione e riduce la quantità di materiale organico nel terreno. L’uso di fertilizzanti artificiali ha causato il raddoppiamento delle emissioni di protossido di azoto, un potente gas serra, negli ultimi 50 anni. Gli allevamenti intensivi da soli sono responsabili del 14,5% delle emissioni globali, paragonabili all’intero settore dei trasporti globale. Queste emissioni aumentano e arrivano al 37% se si includono i processi di trasformazione, trasporto, consumo (e spreco) dei prodotti alimentari.
Tutte emissioni che si vanno a sommare alle altre e che influenzano la produttività agricola, minacciando la sicurezza alimentare. “Il settore agricolo ha la caratteristica unica di essere sia parte del problema sia della soluzione: da un lato genera emissioni di gas climalteranti, dall’altro può aiutare a riassorbirle con un’appropriata gestione sostenibile basata sui principi e metodi dell’agroecologia – dice dichiara Eva Alessi, Responsabile sostenibilità WWF Italia –. Parallelamente, un cambiamento della dieta verso sistemi alimentari più sostenibili, basati prioritariamente su verdure e cereali, sarebbe una misura efficace per ridurre in modo significativo i gas serra. La strada è ancora lunga, ma possiamo iniziare a percorrerla fin da ora”.
Crisi dell’agricoltura italiana: conseguenza del riscaldamento
Il riscaldamento, aggravato dalla siccità, ha causato una riduzione della produttività nell’Europa meridionale. L’Italia, al centro della regione Mediterranea, una delle aree più interessate da impatti significativi degli eventi climatici estremi (siccità e alluvioni).
Il caldo e la siccità dell’estate 2022 in Italia, così come in gran parte dell’Europa centro-meridionale, hanno determinato gravi ripercussioni su ecosistemi naturali (ghiacciai, aree boschive e foreste), ma anche su agricoltura, benessere umano e animale, favorendo la propagazione di numerosi e vasti incendi. La tendenza alla tropicalizzazione del nostro Paese si manifesta con caldi significativi e persistenti, siccità, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ma troppo intense. Le campagne italiane sono allo stremo e circa il 28% del territorio nazionale è a rischio desertificazione.
Perso il 10% della produzione
Quest’anno, questa grave situazione climatica ha determinato perdite pari al 10% della produzione agroalimentare nazionale, per un valore superiore ai 6 miliardi di euro (fonte Coldiretti). In alcuni casi, i numeri delle perdite sono drammatici: fino al 70% in meno per diverse varietà di frutta e verdura, tra il 50 e il 60% in meno per il mais, tra il 10 e il 30% in meno per il grano, il 20% in meno per cozze e vongole, il 45% in meno per il mais e i foraggi per l’alimentazione degli animali, il 20% in meno per il latte.
La riduzione agroalimentare nelle regioni
Ad esempio, a Cremona, si stimano cali nelle rese del 30% su frumento, orzo e pomodoro. In alcune zone fra Lombardia e Piemonte fino al 40% di perdite per il riso. La Puglia ha già perso in media 1/3 delle produzioni: dalla frutta al grano e avena (-30%), alle olive (-40%). Nella regione Toscana la vendemmia è partita con 2 settimane di anticipo, con riduzione delle rese tra il 10% e il 20%. Nelle campagne del Vercellese e del Biellese il maltempo estremo ha causato riduzione nelle produzioni che vanno dal 60% al 90% per riso, mais e soia (fonte Coldiretti). Un trend negativo complessivo delle rese agricole che sancisce la crisi dell’agricoltura italiana e la rende deficitaria in molte materie prime e aumenta la dipendenza dall’estero.
Le soluzioni esistono: serve un cambiamento di rotta
“La buona notizia – sottolinea Wwf in una nota – è che il nostro Paese può dare al mondo segnali positivi. Le soluzioni esistono, sia quelle tecniche sia sociali così come quelle politiche, ma ci vuole un cambiamento di rotta per applicare pratiche scientificamente provate al fine di modificare le scelte della popolazione e dei governi.
Serve mettere in atto una transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, lungo tutta la filiera, dalla coltivazione fino al consumatore. È urgente orientare l’agricoltura verso il biologico, verso l’agroecologia, con basso impiego di agro-farmaci, sistemi a filiera corta, scelta di prodotti stagionali e diete a basso consumo di carne e derivati animali”.
La campagna Food4Future
L’obiettivo della campagna Food4Future è quello di modificare i sistemi alimentari, dalla produzione al consumo, per renderli più resilienti, più inclusivi, più sani e più sostenibili, tenendo conto delle necessità umane e dei limiti del Pianeta. Il cibo è la leva più potente per migliorare la salute umana e degli ecosistemi. In pratica, come dice non c’è futuro per il pianeta senza cibo sostenibile. Le aree in cui è urgente agire sono 4: dal campo, al mare, dalla tavola, alla riduzione di perdite e sprechi alimentari. Quattro sfide per non superare i limiti planetari così riassunti:
- Grow better – Coltiva sostenibile
- Fish better – Pesca sostenibilmente
- Eat better – Mangia sostenibile
- Use better – Riduci gli sprechi alimentari
Maria Enza Giannetto