La diffusione del Coronavirus ha portato alla diminuzione delle emissioni di CO2 nell'ambiente. L'epidemia, al contrario del cambiamento climatico, fa paura
Il dibattito sul Coronavirus è continuo e incessante. E mentre in TV e sui giornali si parla di quarantena, mascherine, zone rosse e chiusura di musei e teatri, emerge un dato interessante: l’epidemia ha infatti avuto conseguenze positive sull’ambiente e, in particolar modo, sulle emissioni di CO2 e NO2. A dirlo sono sia Carbon Brief – che ha diffuso i risultati di uno studio condotto dal Centre For Research on Energy and Clean Air – che la NASA.
Coronavirus e riduzione delle emissioni di CO2: i dati di Carbon Brief
Stando ai dati diffusi da Carbon Brief, infatti, lo stop forzato delle produzioni industriali – e la ridotta mobilità delle persone in Cina dovuta al prolungamento delle vacanze per il capodanno cinese – avrebbe portato a una riduzione delle emissioni inquinanti non solo in Cina, ma su scala globale. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, infatti, le emissioni si sono abbassate di circa il 6%, percentuale corrispondente a circa 100 milioni di tonnellate in sole due settimane.
Ma non finisce qui: il prolungamento delle vacanze per il capodanno cinese ha generato un crollo dei livelli di diossido d’azoto nell’atmosfera (-36%), diretta conseguenza dello stop dei veicoli a motore e dalle attività delle centrali elettriche.
Diminuzione delle concentrazioni di Biossido di Azoto: il monitoraggio della NASA
Ad avvalorare i risultati della ricerca pubblicata su Carbon Brief ci pensa anche la NASA, che ha da poco diffuso le immagini satellitari di quanto avviene in Cina a livello atmosferico.
I satelliti della NASA e dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) deputati alla monitoraggio dell’inquinamento nell’atmosfera hanno infatti registrato una diminuzione significativa dei livelli di Biossido di Azoto sui territori cinesi: e se, inizialmente, il miglioramento era relativo alla sola zona di Wuhan, la qualità dell’aria è andata poi migliorando in tutta la Cina.
Fei Liu, air quality researcher alla NASA, ha dichiarato che è la prima volta che si riesce ad osservare un calo così decisivo in un’area così vasta, soprattutto in relazione a uno specifico evento.
Per dover di cronaca è doveroso affermare che ogni anno, nel periodo del capodanno cinese, in Cina si osserva un calo delle emissioni inquinanti. Ma, complice la quarantena imposta per contenere il contagio da Coronavius, Fei Liu conclude dicendo che le riduzioni quest’anno sono molto più significative degli scorsi anni.
E le immagini satellitari qui sotto non lasciano spazio a fraintendimenti.
Emergenza imminente e mobilitazione internazionale per il Coronavirus
La mobilitazione per contenere le diffusione del virus ha visto (e vede tuttora) coinvolta tutta la cittadinanza, anche in Italia: dalle istituzioni alla popolazione, tutti stanno mettendo in atto comportamenti virtuosi e precauzionali (certamente limitanti) per evitare contagi, infezioni e potenziali vittime. Panico a parte, istituzioni e a popolazione si sono scoperte capaci di far fronte – in veste di collettività – a un’emergenza.
E se in Italia si sperimenta per la prima volta lo smart working su larga scala, in Cina la paura del contagio ha fatto fermare anche l’economia, con perdite sicuramente rilevanti in tutti i settori produttivi. La salute pubblica, in questo caso, ha avuto la meglio.
Perché il riscaldamento globale non fa paura?
Questo ci mette però di fronte a un interrogativo: perché non riusciamo a reagire in modo così deciso anche di fronte al cambiamento climatico? Perché non riusciamo a mettere in atto – a livello istituzionale, politico, economico, globale e locale – comportamenti capaci di invertire una rotta che fino a oggi sembra essere immutabile?
Il Doomsday Clock (istituito nel 1947 dagli scienziati della rivista “Bulletin of the Atomic Scientists”) parla chiaro: il punto di non ritorno è estremamente vicino. Il 23 gennaio 2020 è stata diffusa una nuova dichiarazione in cui è stato reso noto il peggioramento di una situazione già critica in partenza: non siamo mai stati così vicini all’apocalisse ambientale. Dati alla mano, insomma, il coronavirus è molto meno pericoloso di quanto si presenta all’orizzonte.
Eppure il Coronavirus: ci ha insegnato molto: ci ha fatto capire che di fronte all’emergenza (soprattutto se tangibile e immediatamente misurabile) siamo in grado di reagire in modo funzionale – sia a livello istituzionale, che comunitario e individuale – per raggiungere un obiettivo comune.
Perché non riusciamo a fare lo stesso per contrastare cambiamento climatico e riscaldamento globale? La catastrofe ambientale è in atto, ed è purtroppo progressiva. D’altronde, quando si parla di climate change, si parla pur sempre di salute pubblica.
Questa non è una cospirazione ambientalista, questa è la nostra vita.