Wise Society : Con quali terapie e farmaci si può vincere il Coronavirus

Con quali terapie e farmaci si può vincere il Coronavirus

di Fabio Di Todaro
31 Marzo 2020

Non solo vaccino. Per sconfiggere il Coronvirus medici e scienziati stanno sperimentando nuovi farmaci: ecco quali

La «pillola» buona per tutti non esiste. Con sempre più italiani alle prese con il Coronavirus, crescono le aspettative per avere un farmaco in grado di attenuare la sintomatologia e regredire l’infezione. Al momento, però, nessuna certezza. Le molecole in uso sono di fatto farmaci già presenti sul mercato con altre indicazioni terapeutiche, la cui efficacia è adesso in fase di valutazione anche nei pazienti colpiti da Covid-19. «Sarà più semplice arrivare a un vaccino che a un farmaco nuovo», ripetono da giorni gli esperti, per smorzare i facili entusiasmi che viaggiano a ruota delle notizie che rimbalzano da un cellulare all’altro, perlopiù attraverso i social network. Nel frattempo, dunque, non resta che sperimentare ciò che già in uso, sotto l’egida del Comitato Etico nazionale insediatosi all’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani di Roma. Ma andiamo con ordine.

La clorochina per «bloccare» il virus

La sfida al Coronavirus si può dire che è partita dalla clorochina, un antimalarico impiegato da oltre un secolo. Diverse ricerche hanno infatti dimostrato un’efficacia non soltanto nei confronti della malaria, ma anche di infezioni di origine virale. Come funziona la clorochina? Inibisce l’assemblaggio di alcune strutture presenti sulla superficie del virus, arrivando così a impedire il completamento della replicazione. Secondo gli specialisti che l’hanno utilizzata finora, la clorochina ha attenuato i sintomi dei pazienti affetti da Covid-19 e ridotto il periodo di degenza. Risultati che sono stati ottenuti su un centinaio di pazienti e che dovranno comunque trovare conferma su un campione più ampio di pazienti.

Covid-19

Foto: 123rf

Tocilizumab: un farmaco per l’artrite che spegne l’infiammazione

Sulla scena è poi arrivato Tocilizumab, un farmaco biologico da tempo in uso nei pazienti affetti da artrite reumatoide. Anche in questo caso il trattamento è sperimentale, motivo per cui la cautela d’obbligo. Ma le evidenze raccolte in queste prime due settimane sono incoraggianti, al punto da spingere l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) a far partire uno studio clinico sulla base del protocollo redatto dagli oncologi (che utilizzano il farmaco per smorzare un effetto collaterale dell’immunoterapia) dell’Istituto Nazionale dei Tumori Fondazione Pascale di Napoli, sulla base anche dell’evidenza clinica tratta dall’esperienza cinese. Il farmaco, ormai somministrato a oltre 100 pazienti in tutta Italia, sta accelerando il processo di guarigione dei pazienti più gravi, quelli in cui si registra un’accentuata risposta infiammatoria a livello dei polmoni (causa della polmonite interstiziale). «Sulla base dei primi risultati, quella del Tocilizumab appare la sperimentazione più solida tra quelle in atto», si è sbilanciato Walter Ricciardi, igienista e consulente del Governo italiano per la pandemia in atto.

Remdesivir: speranze a partire dalla Mers

Altro farmaco in sperimentazione in 12 centri è remdesivir (Gilead), testato su un «parente» del Sars-CoV-2: l’agente responsabile della Mers. La molecola aveva dato risultati promettenti in test di laboratorio e nei successivi, limitati, test sull’uomo. In virtù dei primi risultati, e in assenza di altri trattamenti approvati, alcune centinaia di trattamenti sono stati forniti in tutto il mondo gratuitamente in modalità «uso compassionevole individuale», dall’azienda produttrice, l’americana Gilead, che ha avviato anche studi in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il National Institute of Allergic and Infectious Diseases americano. In Italia il farmaco è finora stato utilizzato soltanto a Genova, da dove giunge la notizia della guarigione di un paziente. Delle scorse ore è invece l’ok alla somministrazione di Lopinavir/Ritonavir, una combinazione a dosi fisse utilizzata e autorizzata per il trattamento dell’infezioni da Hiv. Il medicinale per uso ospedaliero può essere utilizzato anche a casa. La decisione era stata presa dal comitato tecnico scientifico dell’Agenzia, per l’uso fuori indicazione (cioè usato in maniera non conforme a quanto previsto dalla scheda tecnica autorizzata dal Ministero della Salute), già due settimane fa, anche alla luce della nuove evidenze di letteratura, è stata confermata la scelta.

Avira, l’ultima promessa dal Giappone

È delle scorse ore, infine, l’ok dell’Aifa alla sperimentazione di Avigan, l’ultima promessa farmacologica sopraggiunta dal Giappone. Il farmaco è stato utilizzato in Cina nel trattamento di pazienti contagiati. Ma la sua effettiva validità divide gli esperti. «Non esistono evidenze scientifiche in merito», ha chiarito il virologo Roberto Burioni, che già aveva sottolineato in un tweet di non fidarsi di alcuni annunci che arrivano dall’estero. Le autorità cinesi alcuni giorni fa sostenevano che il farmaco nipponico, sviluppato dalla Fujifilm Toyama Chemical, si è dimostrato efficace nel trattamento di pazienti contagiati dal coronavirus. Il prodotto, ha riportato il Guardian, sarebbe stato utilizzato con successo nel trattamento di 340 pazienti tra Wuhan e Shenzhen. I pazienti a cui è stato somministrato il farmaco sarebbero risultati negativi, in media, a 4 giorni dalla positività. L’emittente Nhk ha riferito che i pazienti non trattati, invece, avrebbero impiegato 11 giorni per arrivare allo stesso risultato. Inoltre, le radiografie avrebbero confermato miglioramenti nelle condizioni polmonari del 91% dei pazienti a cui è stato somministrato il farmaco. La percentuale scende al 62% se si considera chi non ha ricevuto Avigan. Nessun commento ufficiale, al momento, dalla Fujifilm Toyama Chemical.

Twitter @fabioditodaro

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