Wise Society : ClientEarth fa causa a Shell per cattiva gestione del rischio climatico

ClientEarth fa causa a Shell per cattiva gestione del rischio climatico

di Patrizia Riso
22 Febbraio 2023

L’associazione di legali ClientEarth vuole fare causa alla multinazionale petrolifera Shell, di cui è azionista, per l’incapacità di rispettare gli obiettivi climatici globali di transizione energetica

Parte dei suoi azionisti fa fronte duro contro il consiglio di amministrazione. Il motivo? Politiche deboli e insufficienti dal punto di vista ambientale e cattiva gestione del rischio connesso all’attuale crisi climatica. Quella fra Shell e ClientEarth, organizzazione ambientalista nota per essere fra gli azionisti del colosso petrolifero, è una battaglia che dura da tempo e che rischia ora di diventare un contenzioso climatico unico nel suo genere.

Il logo Shell

Foto Shutterstock

Chi è ClientEarth e cosa centra con Shell

ClientEarth è un’associazione europea specializzata in diritto ambientale. La sua missione è usare strumenti giuridici per portare un cambiamento sistemico che protegga la terra e i suoi abitanti. Sembra quindi che tra le pratiche utilizzate da ClientEarth ci sia anche la scelta di diventare azionista delle multinazionali per poi avere voce in capitolo dall’interno.

Ed è proprio quello che sta avvenendo con Shell, multinazionale petrolifera di cui ClientEarth è investitore. In questo caso specifico, la strategia di ClientEarth si basa sulla bocciatura del piano Powering Progress di Shell, giudicato irragionevole perché non adatto a rispettare quanto previsto dagli obiettivi climatici globali. Per la prima volta, “un consiglio di amministrazione viene citato in giudizio per il suo fallimento rispetto alla gestione appropriata della transizione energetica”, dichiara l’associazione. A sostenere la battaglia del dell’ente c’è anche un gruppo di grandi fondi pensione e gestori patrimoniali europei, anch’essi fra gli investirori di Shell.

Le dichiarazioni di Shell

Shell ha annunciato di essere in grado di raggiungere entro il 2050 una strategia accelerata net-zero, cioè in grado di ridurre le emissioni di gas a effetto serra il più possibile, fino ad eliminarle del tutto come richiesto dalle Nazioni Unite. Shell dichiara di fare in modo di limitare l’aumento della temperatura globale a 1.5° oltre i livelli pre-industriali. Obiettivo che secondo ClientEarth non è realistico perché l’annunciata riduzione del 50% delle sue emissioni entro il 2030 è calcolata in termini assoluti solo su alcune linee aziendali. Quindi, secondo l’associazione, di fatto riguarderebbe meno del 10% delle emissioni totali della multinazionale.

Inoltre, gli investimenti nelle energie rinnovabili sono limitati, mentre Shell continua a crescere nel settore del fossile, che è da sempre il suo mercato di riferimento. Nel 2022, in piena crisi energetica, Shell ha avuto 40 miliardi di profitti, il doppio rispetto al 2021.

Piattaforma petrolifera

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Le ragioni dell’azione ambientalista di ClientEarth

Il mancato raggiungimento di questi obiettivi rende Shell poco competitiva perché non in grado di far fronte alle richieste di politica e società civile che desiderano forme di energia pulita ed economicamente accessibile.

Secondo ClientEarth, infatti, la multinazionale ha bisogno di abbandonare le fonti fossili e cambiare il proprio modello di business. L’azienda, in pratica, è accusata di dedicarsi a progetti e investimenti poco vantaggiosi rispetto alla inversione di rotta globale in cui si lavora per rendere la produzione di energia pulita e sostenibile per l’ambiente.

Questa modalità antica di pensare l’approvvigionamento energetico porterà, secondo ClientEarth, a un crollo dei posti di lavoro e dei fondi pensione e anche forti rischi per i portatori di interesse e investitori. In altre parole: produzioni energetiche davvero attente all’ambiente sono vantaggiose, mentre inquinare non conviene neanche a livello finanziario perché fa perdere autorevolezza e affidabilità agli occhi  del mercato azionario e della società civile. Per questo, ClientEarth spiega agli investitori che investire in Shell non conviene.

Le altre accuse a Shell nel mondo

Non è la prima volta che la compagnia multimiliardaria riceve accuse di provocare danni climatici e ambientali. Il 27 maggio 2021 la Royal Dutch Shell è stata costretta dal Tribunale dell’Aja nei Paesi Bassi a diminuire entro il 2030 le emissioni di gas serra del 45% rispetto ai parametri del 2019.  Per dare un’idea concreta, nel processo “Il popolo contro Shell” è emerso che il quantitativo di Co2 emesso dalla compagnia è nove volte superiore a quella dei Paesi Bassi.  Nel 2022 Caroline Dennett, consulente di Shell, ha rassegnato le sue dimissioni dopo undici anni perché la compagnia petrolifera ignora la crisi ambientale.

Che lo sfruttamento petrolifero abbia un costo umano e ambientale altissimo, è cosa nota, ma meno visibile in Occidente. Lo sanno bene le comunità del Delta del Niger, in Nigeria, che hanno raccolto 3.652 denunce per chiedere un risarcimento e un profondo intervento di bonifica dell’area inquinata. La contaminazione, causata dai riversamenti petroliferi, è in atto da 80 anni ed è ora così profonda da rendere impossibile la pesca e l’utilizzo dell’acqua per l’irrigazione agricola.

Intanto, Shell si prepara a lasciare il paese e continua a dichiarare che gli abitanti locali non hanno diritto a nessun risarcimento. Mentre seguiamo l’evoluzione delle vicende giudiziarie, quello che è certo è che casi del genere sono un simbolo del cambiamento di chi vuole rimettere al centro l’ambiente e il benessere sociale al posto del profitto.

Patrizia Riso

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