Il carbon budget vuole essere la risposta alla frase “a tutto c’è un limite”. Il limite forse più importante da non superare per il futuro dell’umanità è rappresentato dalla quantità di emissioni di CO2. L’incremento di emissioni di anidride carbonica è legato all’aumento della temperatura media globale.
Carbon budget e CO2
È ormai una “chiara evidenza” che il principale elemento trainante del cambiamento climatico è proprio la CO2, anche se altri gas serra e inquinanti atmosferici influenzano il clima. Lo spiega l’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change, che ha pubblicato quest’anno il report AR6 Climate Change 2021, aggiornamento su valutazioni e conoscenze scientifiche riguardanti il climate change e tutto quello che comporta in termini di impatti e di rischi connessi, oltre a proporre soluzioni utili per la mitigazione e l’adattamento.
Da questo documento emergono diversi elementi inquietanti. Il primo è legato all’aumento della temperatura media superficiale globale: le concentrazioni atmosferiche di CO2 nel 2019 (+47%) sono state più alte che in qualsiasi momento degli ultimi 2 milioni di anni, e le concentrazioni di metano (+156%) e protossido di azoto (+23%) sono superiori agli ultimi 800mila anni. Infine, ma non meno importante, la temperatura superficiale media globale nel decennio 2011-2020 è stata di 1,09 °C superiore a quella del periodo 1850-1900. Occorre cambiare presto e lo si deve fare a partire proprio dalla riduzione (o meglio azzeramento) delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalla azione dell’uomo quanto prima. Ed è su questo che sarà essenziale assumere decisioni rapide e concrete, a partire proprio dalla COP26 di Glasgow, la conferenza sul clima dell’Onu che partirà il prossimo 31 ottobre.
Carbon budget: definizione e quantità
Ma cos’è il carbon budget? Con questo termine si indica quanta CO2 potrebbe essere ancora emessa, mantenendosi sotto una temperatura media globale “ben al di sotto dei 2 °C” rispetto ai livelli preindustriali, come auspicato nell’Accordo di Parigi, anche se l’obiettivo è non superare 1,5 °C. In poche parole è il bilancio che indica la quantità di anidride carbonica che è possibile emettere in atmosfera per avere ancora una possibilità di restare sotto i + 1,5 °C di temperatura globale.
In altri termini, come spiega IPCC, con carbon budget ci si riferisce alla quantità massima di emissioni globali nette cumulative di CO2 prodotta dalle attività dell’uomo che andrebbero a incidere sul riscaldamento globale a un dato livello con una certa probabilità.
Nel report AR6 sopra citato lo stesso Intergovernmental Panel ha aggiornato il “carbon budget” rimanente che può essere ancora emesso. E ha concluso che il mondo può emettere solo circa 500 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (GtCO2) a partire dal 1° gennaio 2020 per contare su una probabilità del 50% di limitare il riscaldamento a 1,5°C. Per una probabilità del 67% di evitare 1,5°C, il carbon budget scende a 400 GtCO2.
Carbon clock: quanto tempo ci rimane?
Stimata la quantità di CO2 che ci possiamo permettere di emettere il fattore tempo diventa fondamentale. Quanti anni ci restano prima di sforare il carbon budget?
Un utile riferimento è il Carbon Clock, messo a punto da MCC – Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change (MCC) co-fondato dalla fondazione privata Stiftung Mercator e dall’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico. Spiega lo stesso che le emissioni annuali di CO2, generate dalla combustione di combustibili fossili, dai processi industriali e dal cambiamento di uso del suolo sono stimate a 42,2 Gt l’anno, ossia 1.337 tonnellate al secondo. Da qui il calcolo del tempo che rimane: con le emissioni generate a un livello costante, il carbon budget dovrebbe essere esaurito in meno di otto anni. Per rimanere, invece sotto la soglia dei 2°C si esaurirebbe in circa 25 anni. I budget sono calcolati in modo tale che è altamente probabile che il rispettivo obiettivo di temperatura venga raggiunto, cioè in due terzi degli scenari climatici esaminati.
Carbon budget: la situazione attuale
Cosa fare a questo punto? Prima di rispondere alla domanda occorre illustrare lo scenario attuale in termini di emissioni. Un utile riferimento è quello del Global Carbon Project, progetto di ricerca globale avviato per lavorare con la comunità scientifica internazionale e per stabilire una base di conoscenza comune e reciprocamente concordata per sostenere il dibattito politico e le azioni utili a rallentare e fermare l’aumento dei gas serra nell’atmosfera.
Da qui si evidenziano diversi aspetti. Partiamo innanzitutto dalle emissioni in atmosfera di CO2: la concentrazione è prevista in aumento di 2,5 ppm nel 2020 per raggiungere 412 ppm in media annuale. “Le concentrazioni di CO2 atmosferica nel 2020 sono il 48% sopra i livelli preindustriali, il 16% sopra i livelli del 1990, e il 3% sopra i livelli del 2015. Il tasso di crescita previsto della concentrazione atmosferica di CO2 nel 2020 (2,5 ppm) è vicino al tasso di crescita del 2019, nonostante le emissioni antropiche leggermente inferiori”, specifica Global Carbon Project.
Per quanto riguarda, invece, le emissioni di anidride carbonica da fossili, che dovrebbero diminuire di circa 2,4 miliardi di tonnellate nel 2020 (-7%), un calo record specie rispetto agli ultimi anni. La diminuzione delle emissioni, causata dalle misure di confinamento COVID-19 in atto, porta le emissioni globali di CO2 fossile a 34 miliardi di tonnellate di CO2.
Le emissioni causate dai cambiamenti nell’uso del suolo, sempre nel 2020 sono state inferiori ai livelli del 2019 e simili al decennio precedente, con circa 6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio. Il totale delle emissioni di CO2 provenienti dalle attività umane (combustibili fossili e cambiamento di destinazione d’uso dei terreni) dovrebbe essere di circa 40 miliardi di tonnellate di CO2 nel 2020, rispetto ai 43 miliardi di tonnellate di CO2 nel 2019.
Un altro aspetto da considerare riguarda l’azione di cattura e sequestro di CO2 operata da foreste e oceani. Insieme hanno continuato ad assorbire il 54% della CO2 emessa nell’atmosfera, come mostrato nel 2020. Tuttavia sappiamo che gli stessi oceani subiscono un eccessivo incremento dei quantitativi di anidride carbonica, che è causa della loro acidificazione.
La nota finale riguarda i progressi fatti dall’adozione dell’Accordo di Parigi (2015). A cinque anni dall’adozione dell’Accordo di Parigi (i dati GCP sono del 2020) la crescita delle emissioni globali di CO2 fossile ha cominciato a vacillare. Per il decennio precedente al 2020 (2010-2019), le emissioni di CO2 fossile sono diminuite significativamente in 24 paesi con economie in crescita.
Le emissioni sono in crescita
Il fattore pandemia si è fatto sentire. Ma è stato temporaneo: come ha messo in luce il Global Electricity Review di Ember, già nei primi sei mesi di quest’anno c’è stato un aumento delle emissioni globali del settore energetico del 12% rispetto allo stesso periodo 2020.
Il settore dell’energia è il più impattante a livello di emissioni: il fatto che le emissioni globali di carbonio siano destinate a salire di 1,5 miliardi di tonnellate quest’anno, come ha affermato la Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) preoccupa molto. In particolare quanto emerge dal Global Energy Review della stessa IEA è da mettere in rilievo. Da qui risulta che le emissioni globali di CO2 sono diminuite del 5,8% nel 2020, o quasi 2 Gt di CO2, che costituisce il più sensibile calo di sempre. Tuttavia, nonostante il calo nel 2020, le emissioni globali di CO2 legate all’energia sono rimaste a 31,5 Gt, il che ha contribuito a far sì che la CO2 raggiungesse la sua più alta concentrazione media annuale nell’atmosfera di 412,5 parti per milione nel 2020 – circa il 50% in più di quando è iniziata la rivoluzione industriale. Non solo: quest’anno le emissioni globali di CO2 legate all’energia si prevedono crescere del 4,8% perché la domanda di carbone, petrolio e gas è destinata a salire con la ripresa dell’economia.
L’importanza della COP26 per non superare il carbon budget
Resta allora da comprendere come fare per ridurre e – ancora meglio – azzerare il quantitativo di emissioni di CO2 e far sì che non si superi il carbon budget.
Secondo uno studio pubblicato su Nature, per mantenere l’obiettivo del carbon budget (1,5 °C) occorre puntare da qui al 2050 a non impiegare il 60% del petrolio e del gas metano e il 90% del carbone devono rimanere non estratti. Il team di ricerca stima che la produzione di petrolio e gas debba diminuire globalmente del 3% ogni anno fino al 2050. Questo implica che la maggior parte delle regioni deve raggiungere il picco di produzione ora o durante il prossimo decennio, rendendo molti progetti di combustibili fossili operativi e pianificati non sostenibili.
Sia l’Unione Europea che gli USA puntano a essere net zero entro il 2050 e la Cina entro il 2060. Basterà questo? Secondo Fridays for Future occorre fare di più: prendendo a riferimento l’UE, deve abbattere le emissioni climalteranti dell’80% entro il 2030, e del 100% entro il 2035, per rispettare gli Accordi sul clima di Parigi.⠀
Ma sono molti i settori che intendono centrare l’obiettivo net zero entro il 2050.
Un esempio lo fornisce il settore finance con l’avvio di Net-Zero Banking Alliance (NZBA), un’alleanza globale di banche guidate dalle Nazioni Unite e impegnate in questo. Ma anche il settore del trasporto aereo (uno dei più impattanti) intende raggiungere lo stesso obiettivo, come conferma l’approvazione da parte della IATA (international Air Transport Association) di una risoluzione per l’industria del trasporto aereo globale.
Nel complesso, sarà determinante prendere decisioni tempestive e condivise a livello globale. Ecco perché l’esito della COP26 assume un’importanza vitale. Nel summit verranno discussi alcuni temi cardine, il primo dei quali è centrare l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. per farlo viene richiesto a ogni Paese “di presentare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni entro il 2030 che siano allineati con il raggiungimento di un sistema a zero emissioni nette entro la metà del secolo”.
Per farlo occorre: accelerare il processo di fuoriuscita dal carbone; ridurre la deforestazione; accelerare la transizione verso l’emobility; incoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili.
Andrea Ballocchi