La pianta trova spazio in cosmetica, nel tessile, nell’alimentare e in edilizia. Ma non solo: dalla ricerca arrivano nuove idee per produrre bioplastiche
La canapa si sta ricostruendo una buona fama. Perché c’è cannabis e cannabis: quella “virtuosa”, ovvero quella a contenuto praticamente zero di THC ossia il principio attivo “stupefacente”, trova spazio in molti settori, dalla medicina al tessile, dall’alimentare all’edilizia. Ma soprattutto può essere una protagonista nella bioeconomia, per ridurre le emissioni climalteranti e sposando in pieno i principi dell’economia circolare.
Della Canapa si usa davvero tutto
Da qui parte la ricerca condotta dall’Istm/Cnr su cui lavora la scienziata Nicoletta Ravasio. È lei, in occasione del convegno sulle biotecnologie, organizzato da Greenplanner a MyPlant & Garden, a spiegarla: «tra le materie prime vegetali rinnovabili disponibili la canapa rientra tra le piante da fibra. Un progetto avviato qualche anno fa prevedeva di reintrodurre la coltivazione della canapa e del lino, non dedicandola solo all’uso tessile, ma anche a produrre olio», particolarmente prezioso per il suo contenuto di omega 3 e omega 6, acidi grassi molto importanti per un’alimentazione salubre, «utilizzando anche gli scarti, in piena logica di economia circolare».
Da queste materie vegetali è possibile ricavare biocarburanti, oltre che isolanti e altri materiali edili. Non solo: «dalle proteine ricavate dal residuo della spremitura del seme, opportunamente idrolizzate, si sono ottenuti prodotti sia per la cosmetica che esaltatori di gusto, mentre dai fusti abbiamo messo a punto un processo complesso efficace per ottenere zuccheri (cellulosa) fermentabili da cui ricavare bioplastica».
Per coltivare canapa, inoltre, non servono diserbanti: la sua crescita così fitta annulla la possibilità di crescita di altre piante. Non solo: bonifica il terreno grazie alla sua capacità di catturare CO2 e agenti inquinanti non solo nell’aria, ma anche nel terreno, favorendo la fertilità del suolo.
Le proprietà dell’olio di canapa
Nicoletta Ravasio ha focalizzato l’interesse sull’olio di canapa: «la presenza, nel giusto rapporto, di omega 3 e omega 6, oltre che salutari fanno sì che, grazie alle catene molecolari, abbiano caratteristiche peculiari che rendono interessante il suo uso anche a scopo non alimentare». Può essere usato, oltre che in cosmetica, anche per produrre resine acriliche, epossidiche e poliuretani. Nascono così i biopolimeri, prodotti che vantano una crescita enorme in prospettiva, forse quello che sta crescendo di più in bioeconomia: si calcola che il suo mercato tra 2017 e 2025 conoscerà un incremento del tasso annuo di crescita composto pari al 14%, raggiungendo in Europa un giro d’affari superiore al miliardo di dollari.
Gli infiniti usi dalla canapa
La ricerca Istm/Cnr si sta concentrando sullo studio di queste resine per produrre bio compositi per vari impieghi, sostituendo il poliolo da fonti fossili e il polistirene con limonene, prodotto da fonti rinnovabili green, uno dei terpeni (biomolecole) più abbondanti nella pianta di cannabis.
«L’idea è rinforzare le resine con la fibra della canapa», spiega Ravasio. Tra i settori che potrebbero godere dell’apporto dei bio compositi c’è la nautica. Un esempio è quello delle tavole da surf, sport praticato da 23 milioni di persone nel mondo e con un mercato il cui giro d’affari, solo in termini di entrate, supera i 7 miliardi di dollari con un CAGR tra 2018 e 2022 pari al 12,24% (fonte: Technavio).
La prospettiva di farlo diventare uno sport acquatico davvero green è possibile abbattendo le emissioni di CO2 causate dalla produzione di ogni surfboard: «pensiamo che una tavola da 6 piedi e pesante 2,5 kg nel ciclo di vita produce 272 kg di anidride carbonica. Entrano in gioco per la sua produzione odierna resina epossidica, fibra di vetro e schiuma poliuretanica. Si possono sostituire diverse parti con bio compositi», spiega Ravasio, illustrando i vantaggi dalle prime sperimentazioni concrete che segnalano la riduzione del 30% in termini di emissioni climalteranti, del 61% di uso d’energia e del 23% in meno di domanda energetica totale. Prefigurando altri impieghi sempre nello sport: uno di questi è lo snowboard.