Wise Society : Il governo apre alla caccia allo stambecco. Insorgono le organizzazioni animaliste

Il governo apre alla caccia allo stambecco. Insorgono le organizzazioni animaliste

di Valentina Neri
17 Luglio 2024

“Totalmente ingiustificabile”: così il WWF descrive l’intenzione del governo italiano di tornare a permettere la caccia allo stambecco, un animale che un secolo fa è stato portato quasi all’estinzione proprio dall’uomo.

Sulle nostre Alpi potrebbe presto tornare la caccia allo stambecco. Almeno, è questa l’intenzione espressa chiaramente dalla maggioranza di governo, nonostante la strenua opposizione delle organizzazioni animaliste.

Stambecco: esemplare femmina sulle alpi

Foto Shutterstock

Quali sono i piani del governo sulla caccia

Durante la seduta di giovedì 11 luglio, Luigi d’Eramo – sottosegretario di Stato al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, in quota Lega – ha espresso parere favorevole all’atto che chiede di valutare se inserire lo stambecco tra le specie cacciabili “al fine di provvedere ad una sua corretta e utile gestione venatoria, anche attraverso l’introduzione di piani di gestione”. L’iniziativa è del deputato Dimitri Coin ed è firmata anche da Francesco Bruzzone e Attilio Pierro; tutti e tre fanno capo alla Lega.

Sempre nel corso della stessa seduta, il governo di Giorgia Meloni si è detto favorevole a una riforma più vasta della legge sulla caccia (legge n. 157/92). Cinque le aree di intervento: “blindare” i caldari venatori regionali, mettendoli al riparo dai ricorsi; eliminare l’esclusività delle forme di caccia; estendere a tutto il territorio nazionale le abilitazioni per la caccia di selezione; aggiornare i vincoli di protezione nei pressi dei valichi montani; recepire gli orientamenti della Corte di Cassazione (sullo status giuridico dei richiami vivi d’allevamento.

In entrambi i casi, non stiamo dunque parlando di leggi già approvate, bensì di ordini del giorno con cui il governo esprime il proprio indirizzo politico.

Come sta lo stambecco in Italia

Nell’ordine del giorno sulla caccia allo stambecco si legge che la specie è “ormai ampiamente diffusa sull’arco alpino dove sono stati censiti più di 50.000 capi dei quali ben 15.000 sul versante italiano. Numeri che giustificherebbero l’avvio di una gestione anche venatoria”. Si fa inoltre riferimento alla direttiva europea Habitat per la quale lo stambecco – così come il camoscio alpino – è “una specie di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione”.

Alla fine del XIX secolo, però, lo stambecco alpino ha rischiato l’estinzione: proprio a causa della caccia, ne sono rimasti meno di cento esemplari. In Italia è riuscito a sopravvivere soltanto nel Parco nazionale del Gran Paradiso, di cui tuttora è l’emblema. Un’attenta operazione di reintroduzione ha fatto sì che quel piccolo nucleo desse origine a tutti gli individui che oggi vivono sulle Alpi. La specie dunque si è salvata per un soffio, ma è anche diventata più debole, perché si è venuto a creare quello che in gergo si chiama “collo di bottiglia”: gran parte della variabilità genetica è andata perduta e ha reso quindi gli animali più vulnerabili e meno capaci di adattarsi.

Rispetto ad altri Paesi europei, si legge nel sito dell’amministrazione della provincia di Bolzano, la distribuzione dello stambecco in Italia è ancora frammentata e carente, soprattutto se parametrata sulle potenzialità del territorio. Le colonie presenti sono 63, per la maggior parte (il 62%) nelle Alpi occidentali. Gli animali censiti sono 15.783 in tutto, di cui 10.092 proprio nelle Alpi occidentali, 4.290 nelle Alpi centrali e 1.401 nelle Alpi orientali.

Esemplare maschio di stambecco

Foto Shutterstock

Perché le organizzazioni animaliste si oppongono alla caccia

Un quadro simile spinge l’organizzazione animalista WWF a dire che l’intenzione di tornare a cacciare lo stambecco è “totalmente ingiustificabile”. Non solo perché la specie ha già seriamente rischiato l’estinzione, ma anche perché vive in un habitat – l’alta montagna – che subisce in modo tangibile l’impatto dei cambiamenti climatici. Cosa che favorisce la diffusione di epidemie, nei confronti delle quali lo stambecco è molto fragile.

Stando alla nota diffusa dall’organizzazione animalista, “il governo sta subendo una enorme pressione da parte delle associazioni venatorie che va ben al di là delle normali istanze che le rappresentanze di portatori di interessi particolari rivolgono alla politica, mettendo in luce un sistema in cui vige uno scambio di favori che non tiene in alcuna considerazione l’interesse della collettività”. Alcune inchieste giornalistiche, a cura per esempio di Domani e il Manifesto, avevano già ipotizzato rapporti di particolare vicinanza tra Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni, e le lobby della caccia. Ma tale approccio – secondo il WWF – “fa male a tutti, non solo alla biodiversità e a chi la difende, ma anche ai cacciatori più ragionevoli”.

Valentina Neri

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