Seconda edizione per il convegno annuale sulla salute degli oceani che mette al centro la loro preservazione e spiega come la finanza blu sia determinante in questa direzione
Intelligenza artificiale, economia e oceani. Che cos’hanno in comune? Moltissimo. L’edizione 2024 del Blue Economy Summit organizzata da One Ocean Foundation è stata all’insegna della presa di coscienza collettiva che indietro non si torna. La salute degli oceani ha bisogno ora di essere preservata, ricostruita e tutelata. Per questo il convegno, alla sua seconda edizione con il focus sulle potenzialità del Capitale Naturale Blu, si inserisce nella Milano Ocean Week che si è svolta dal 3 al 9 giugno, in concomitanza con la Giornata Mondiale degli Oceani, puntando l’accento sulla necessità di collaborazione tra le aziende e le nazioni, condividendo il più possibile ricerche e studi per attivare politiche finanziarie che aiutino nella salvaguardia degli oceani.
L’AI al servizio delle aziende che pensano in blu
Ed è proprio la ricerca che oggi è in grado di indicarci la strada migliore da percorrere. In questo un aiuto importante arriva anche dall’Intelligenza Artificiale. Un punto messo in evidenza dal nuovo report del progetto Ocean Disclosure Initiative che One Ocean Foundation porta avanti dal 2019 con il supporto di McKinsey & Company e del Sustainability Lab di SDA Bocconi, con il professor Stefano Pogutz, intitolato Business Awareness and Response to Ocean Challenges. Grazie a una metodologia innovativa e pionieristica di Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) questo studio offre il primo quadro completo sull’impatto dell’uomo sugli oceani.
Il report che afferma che la salute degli oceani si sta guadagnando terreno negli sforzi di sostenibilità delle imprese. Ma non è ancora una priorità, con lacune importanti di consapevolezza e di risposta delle aziende alle sfide della sostenibilità oceanica.
Sono state valutate 48 aziende nel trasporto marittimo, 47 nel settore tessile e abbigliamento e 67 nei materiali da costruzione, coprendo così almeno l’85% della capitalizzazione di mercato globale in ciascun settore. I numeri dicono che le imprese si concentrano principalmente sulle emissioni di gas serra e sulla gestione dei rifiuti, con una consapevolezza limitata del loro impatto negativo sulla salute degli oceani. Insomma c’è ancora molto lavoro da fare. E lo studio in questo senso è utile perché fornisce anche alcune linee guida che le aziende potrebbero seguire per fare la differenza.
Al tavolo aziende italiane illuminate e scienziati
Al tavolo nei vari panel hanno preso parola diversi leader di fama mondiale del mondo della finanza, della scienza e dell’economia e si è discusso sulla salute attuale degli oceani, di tutte le iniziative dedicate alla Blue Economy, di come fare sviluppo di tecnologie innovative per il benessere dei mari e arginare la progressiva perdita di biodiversità e di come concretizzare un sistema idrico resiliente.
Moderato da Camila Raznovich, conduttrice tv e da Mariangela Pira, giornalista, il convegno ha visto sul palco alternarsi aziende illuminate e i loro rappresentanti. Da Barbara Cimmino per Yamamay, ad Andrea Illy, Chariman illycaffè a Filippo Bettini per Pirelli fino a Elisa Zambito Marsala per Intesa Sanpaolo hanno raccontato, insieme ad altri, progetti e obiettivi da condividere per la sostenibilità oceanica. Al pool di professionisti si sono affiancati un parterre di ospiti internazionali come Kilaparti Ramakrishna, esperto di politiche ambientali globali e cambiamento climatico, Sylvie Goulard, Co-chair dell’International Advisory Panel on Biodiversity Credits e Torsten Thiele, Founder di Global Ocean Trust che hanno discusso dell’urgente necessità di creare un mercato affidabile per il Capitale Naturale Blu, fondato su criteri scientifici e dati verificabili che soddisfino gli standard di mercato.
Dalla Nuova Zelanda a Milano, l’impegno è davvero globale
Un altro tema fondamentale di questa edizione è stato il focus sull’importanza delle nature-based solution, di cui si è discusso in modo approfondito con Mere Takoko, l’attivista neozelandese che ha spiegato come la concessione della personalità giuridica a cetacei ed altri animali marini possa contribuire concretamente alla salvaguardia degli oceani, semplicemente inghiottendo CO2. Per fare un esempio sembra che una balena nell’arco della propria vita è in grado di catturarne circa 33 gigatonnellate.
Vincent Doumeizel, Senior Advisor for Ocean presso il Global Compact delle Nazioni Unite, ha invece svelato la straordinaria importanza delle alghe e l’opportunità della loro coltivazione a livello industriale nell’economia legata all’oceano.
Infine, Giulio Magni, Direttore Operativo di One Ocean Foundation, ha presentato il progetto Blue Forest e la nuova campagna di Ocean Foresting mentre ha chiuso la kermesse Minna Epps, responsabile del Programma Oceano della UCN (Unione Internazionale per la conservazione della natura) che ha messo tutti di fronte all’importanza di convogliare fondi e ricerche all’SDG14.
Elisabetta Pina