Per riutilizzare gli accumulatori esausti dei veicoli elettrici si elaborano soluzioni innovative
Le vendite di auto ibride ed elettriche sono in costante ascesa in tutto il mondo, trend al rialzo e destinato a proseguire nei prossimi anni secondo le previsioni degli analisti. Una maggiore diffusione positiva per la lotta alla concentrazione di inquinanti nell’aria e di gas serra in atmosfera, ma che pone problematiche su altri fronti. A preoccupare sono soprattutto l’incremento della domanda di materie prime per la realizzazione di batterie e lo smaltimento degli accumulatori esausti. Due fattori con importanti ripercussioni economiche ed ambientali che ha stimolato l’avvio di alcuni progetti per tra le aziende del comparto automotive.
Il riciclo dei materiali preziosi
In principio l’intento perseguito dai costruttori d’auto è stato il recupero degli accumulatori per cercare di riciclare gli elementi chimici preziosi. I primi a farlo sono Honda e Toyota, primi marchi a debuttare sul mercato con modelli ibridi. Honda ha diversi progetti in corso, principalmente concentrati sul recupero delle terre rare presenti nelle batterie al nichel-metallo idruro, elementi scarsi in natura e, quindi, costosi. Con il riutilizzo delle terre rare nei processi industriali, la casa di Tokyo ottiene un doppio vantaggio: un risparmio economico dovuto al mancato acquisto degli elementi chimici e una maggiore tutela ambientale generata dalla minore estrazione e dal riciclo degli accumulatori.
Stesse motivazioni hanno indotto Toyota a potenziare il programma per il recupero delle batterie annunciando di recente l’intenzione di elevare il tasso europeo di raccolta dall’attuale 91% al 100% grazie agli accordi con i demolitori privati e con le aziende di riciclaggio Snam in Francia (per le batterie al nichel-metallo idruro) e Umicore in Belgio (batterie al litio). Società, quest’ultima, che provvede pure al rispetto delle normative europee (obbligatorio riciclare almeno il 50% dei materiali) per Renault e che sta collaborando, tra gli altri, con Tesla per incrementare la percentuale di componenti riutilizzabili, oggi fermo al 60% circa. Un processo migliorativo al quale stanno lavorando in molti, compreso il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) in collaborazione con il Consorzio nazionale raccolta e riciclo (Cobat). Un’intesa che si prefigge di individuare entro tre anni una tecnologia efficiente ed ecosostenibile per il totale riciclo e il trattamento delle batterie al litio. Obiettivo di rilievo se si considera che l’attuale domanda mondiale di litio di 25.000 tonnellate all’anno è destinata a crescere proprio per il maggiore impiego nelle auto, la cui incidenza sul totale di richiesta è passata dall’8 al 27% nel decennio 2002-2012.
Le batterie per lo stoccaggio
Se il recupero è importante e imposto per legge, vi sono alcuni progetti che vanno oltre al riciclaggio delle batterie. In Giappone Toyota ha messo a punto un programma per il ripristino delle batterie obsolete per le auto, non più adatte per l’impiego sulle vetture, ma con ancora una capacità di immagazzinamento dell’energia dopo apposito trattamento. Accumulatori che, di fatto, si tramutano in centrali di stoccaggio utilizzate per creare dei sistemi di gestione energetica destinati ai propri concessionari giapponesi che prevedono pure l’uso di prodotti green, come luci a LED, climatizzatori a risparmio energetico e pannelli fotovoltaici. Un insieme di tecnologie che, secondo i responsabili Toyota, consentirebbe di migliorare l’efficienza energetica e ridurre la bolletta elettrica fino al 50% grazie alla possibilità di accumulare energia prodotta in eccesso quando la disponibilità è alta, e quindi con prezzi bassi, per rilasciarla nelle ore di picco della richiesta, quando i chilowatt sono più cari.
La Second Life di Bosch e BMW
Progetti simili sono proposti da Nissan che, tra l’altro, ha da poco siglato un accordo con Endesa, sussidiaria del Gruppo Enel, per avviare un piano in Italia. Più avanzata l’iniziativa “Second Life Batteries” attivata ad Amburgo da BMW, Bosch e Vattenfall, gestore energetico svedese. L’idea è di creare una stazione di stoccaggio con gli accumulatori recuperati dai veicoli elettrici del marchio dell’elica e rigenerati dal produttore di batterie, che provvede pure al loro collegamento e al sistema di gestione della centrale di Vattenfall. A costituirla sono oltre 100 batterie con potenza di 2 MW e capacità installata di 2 MWh sufficiente per fornire corrente a 30 famiglie di quattro persone per una settimana. Il principale obiettivo del piano, oltre al ripristino degli accumulatori, è di favorire l’uso delle fonti rinnovabili, per loro natura instabili in quando dipendenti da condizioni specifiche, come il sole (il fotovoltaico) o il vento (l’eolico). Con la stazione d’accumulo l’energia prodotta in eccesso viene stoccata per essere rilasciata quando i consumi sono alti, evitando quindi il ricorso a fonti tradizionali per coprire la domanda in eccesso. Di fatto, l’esito sono minori costi economici per la produzione energetica e un impatto ambientale inferiore, sia per il mancato impiego di fonti tradizionali, sia per l’uso di materiali riciclati per la realizzazione della centrale di stoccaggio. Altro plus è la possibilità di analizzare il comportamento e la tenuta degli accumulatori per progettare batterie più evolute per il futuro.
Reimpiego per la ricarica mobile
Una proposta interessante per dare una seconda vita alle batterie arriva da FreeWire Technologies. L’azienda californiana ha utilizzato accumulatori dismessi dei veicoli elettrici per creare un “distributore” mobile pensato per la ricarica nei parcheggi privi di postazioni fisse, il Mobi Charger. Dotato di sensori e un motore elettrico, si sposta telecomandato con un app per tablet e può rifornire 5-8 auto grazie ai 48 kWh degli accumulatori rigenerati. Due le modalità di ricarica previste, lenta con potenza di 3 kW e rapida con erogazione di 20 kW.