Prodotta da Yvon Chouinard la pellicola documenta le condizioni di alcuni vivai e il loro impatto sull'ambiente. Lanciata una petizione per la messa al bando dei recinti di rete
Dopo il film-documentario Blu Heart con cui nel 2018 Patagonia si è schierata con le Ong balcaniche per la protezione degli ultimi fiumi selvaggi d’Europa messi a rischio dalla realizzazione di 3.000 progetti idroelettrici, l’azienda di abbigliamento e attrezzature per l’outdoor continua la sua battaglia con un altro documentario: Artifishal. Stavolta Yvon Chouinard, fondatore di Patagonia, ha affidato a un film di 80 minuti il compito di tracciare l’impatto ambientale di vivai e allevamenti ittici in acque libere. Un impatto che, secondo il documentario disponibile su YouTube, crea rischi per le specie selvatiche, in particolare i salmoni, favorendone il declino e portandole verso l’estinzione. «Pensiamo di poter controllare la natura, ma in realtà, non siamo in grado di farlo. Una vita senza natura selvaggia e senza queste grandi specie iconiche è una vita miserabile – è convinto il fondatore di Patagonia Yvon Chouinard, da 40 anni impegnato con la sua azienda in battaglie ambientaliste -. Se perdiamo tutte le specie selvatiche, perdiamo anche noi stessi».
Le immagini di Artifishal documentano le condizioni di alcuni vivai in California, Washington, Oregon e Idaho e mostrano la produzione di salmone in allevamento, qualitativamente inferiore a quello selvatico. Il documentario, poi, accoglie i racconti degli attivisti sulla distruzione dell’ambiente sottomarino del fiordo di Alta in Norvegia. La maggior parte dei danni ambientali, infatti, vengono subiti dall’ambiente marino a ridosso dei recinti di rete in mare aperto delle aziende europee di allevamento di salmoni che si trovano in Norvegia, Scozia e Irlanda che, crescendo a ritmi sostenuti, stanno contribuendo all’estinzione del salmone selvaggio dell’Atlantico. Dai recinti di rete aperti, infatti, defluiscono inquinamento e malattie che vanno a impattare l’ambiente in cui si trovano sia salmoni selvaggi sia altre specie. La dimensione del problema sta nelle cifre che certificano la discesa della presenza del salmone nell’Atlantico da dieci milioni di esemplari ad appena tre milioni.
In contemporanea al film, Patagonia ha lanciato una campagna europea che chiede la firma di una petizione, attualmente già forte di 175.000 firme, rivolta ai governi di Islanda, Norvegia, Scozia e Irlanda che chiede di vietare la pratica dell’allevamento dei pesci in recinti di rete in mare aperto. In particolare Patagonia sta lavorando con le associazioni di tutela North Atlantic Salmon Fund Iceland, Norwegian Wild Salmon Alliance, Salmon and Trout Conservation Scotland e Salmon Watch Ireland per arrivare alla messa al bando delle reti per l’allevamento del salmone e la progressiva eliminazione di quelle esistenti e in tal modo arrestare la devastazione dei pesci selvaggi e degli ecosistemi circostanti.
«Ai governi e ai parlamentari di Islanda, Norvegia, Scozia e Irlanda: da parte di tutti i cittadini europei, vi invitiamo a porre fine alla devastazione dei pesci selvatici e degli ecosistemi circostanti causata dagli allevamenti di salmoni in reti aperte. Vi chiediamo – si legge nella petizione – di imporre un divieto immediato all’apertura di nuovi stabilimenti produttivi così strutturati e di impegnarvi a eliminare gradualmente quelli già esistenti».