Wise Society : Addio plastica, arriva il chitosano

Addio plastica, arriva il chitosano

di Michele Novaga
2 Marzo 2015

Materiale naturale presente in crostacei e insetti, potrebbe essere utilizzato per creare oggetti ora fabbricati in plastica. Con costi minori e senza danno all'ambiente.

Fino ad ora era stato dimostrato che coi gusci dei gamberetti si potessero produrre delle celle fotovoltaiche. Lo avevano rivelato al mondo i ricercatori della School of Engineering and Materials Science della Queen Mary University di Londra pubblicando i risultati della loro scoperta sulla rivista Angewandte Chemie: con la chitina e il suo derivato chitosano abbondantemente presenti nell’esoscheletro di insetti e crostacei, quelli del prestigioso ateneo londinese avevano dimostrato che si può infatti sostituire quella lega costosa di platino e rutenio utilizzata nella produzione dei pannelli.

Ma dal guscio dei crostacei un altro gruppo di ricercatori, questa volta dell’Università dei paesi Baschi in Spagna, aveva realizzato testandolo una pellicola alimentare sempre a base di chitosano più resistente dei sacchetti di plastica ora in uso e in grado di conservare più a lungo gli alimenti.

Si perché il chitosano è un materiale a basso costo e soprattutto biodegradabile a differenza della plastica – che viene realizzata a partire dal petrolio e che impiega dai 100 ai 400 anni prima di biodegradarsi – e potrebbe diventare il materiale del futuro. E’ quello che sostengono anche al Wyss Institute dell’Università di Harvard dove unendo il chitosano e una proteina della seta chiamata fibroina i ricercatori hanno creato il shrilk un materiale forte e trasparente che può essere utilizzato per il packaging, per produrre sacchetti dell’immondizia, oggetti in 3D dalla forma complessa, pannolini. Oggetti che possono essere prodotti con metodi industriali e che potrebbero portare ad una vera e propria rivoluzione volta a sostituire la plastica. 

Tradizionalmente utilizzato come scarto, il chitosano è il secondo materiale organico  più abbondante della terra dopo la cellulosa: un peccato pensare che gli scarti  dell’industria peschiera e soprattutto le teste e la pelle dei gamberi vadano dritti nel cestino.

«C’è un urgente bisogno in molte industrie di materiali ecosostenibili che potrebbero  essere prodotti su larga scala», commenta Donald E. Ingber, direttore del Wyss. Che aggiunge: «Il nostro metodo di produzione mostra come il chitosano che è ampiamente disponibile in natura e per questo a zero costi, può essere utilizzato al posto della platica e potenzialmente utilizzato in numerose applicazioni industriali».

Del resto cercare nuove e valide alternative alla plastica convenzionale è una necessità. Secondo alcune ricerche della Columbia University ogni giorno negli Stati Uniti vengono generate circa 34 milioni di tonnellate di plastica, solo il 7% delle quali viene riciclato e riutilizzato. Senza contare le circa 100 milioni di tonnellate di plastica che circolano liberamente negli Oceani che in alcuni casi hanno formato vere e proprie isole galleggianti di materiali inquinanti che minacciano l’ecosistema marino. Come conferma anche Javier Fernández ricercatore dello stesso gruppo del Wyss di Harvard: «Molti oggetti di plastica usa e getta o i materiali di imballaggio si fabbricano senza pensare al loro ciclo di vita utile. Se io fabbrico una bottiglietta di acqua poi non ti posso perseguire perché non la getti nel contenitore adeguato».

Ma in realtà il chitosano non solo si smaltisce naturalmente e in poco tempo senza interferire con la crescita di altre specie. Secondo gli esperimenti del team di Harvard è anche un materiale fertile e piantando un seme su una superficie di chitosano in pochi giorni cresce e fiorisce una pianta.

 

 

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