La tassa sullo zucchero è arrivata anche nel Belpaese. Dopo un iter legislativo piuttosto tortuoso, sembrava pronta per essere applicata ma è stata nuovamente rimandata al 2025. Vediamo cos'è e cosa comporta
La sugar tax slitta ancora. Rimandata per anni, la tassa sulle bevande zuccherate sembrava quasi al via, sarebbe dovuta entrare in vigore da luglio. Ieri però dopo giorni di accese discussioni all’interno delle forze di maggioranza la commissione Finanze del Senato, con una modifica introdotta nel decreto Superbonus, ha approvato il rinvio di un anno: tutto rimandato all’estate 2025, quindi. Ma vediamo perché la tassa sui soft drinks ha suscitato tante polemiche e quali sono gli obiettivi (salutistici) che voleva raggiungere.
Cos’è la sugar tax e quando entrerà in vigore
La sugar tax, che dovrebbe entrare in vigore da luglio 2025 (sempre che non si allinei alla plastic tax, prevista per il 2026) prevede un’imposta sulle bevande analcoliche zuccherate ed edulcorate, ovvero dolcificate con prodotti naturali o sintetici, nella misura di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per kg nel caso di prodotti destinati alla diluizione (come le polveri per preparare tisane o tè freddo già zuccherati).
Fra le bevande colpite dalla sugar tax ci sono i succhi di frutta e ortaggi con aggiunta di zucchero e dolcificanti e le “acque” a base di acqua minerale, aromi e appunto edulcoranti o zucchero tanto di moda negli ultimi tempi. Quello della sugar tax è stato un iter tormentato e lungo: approvata dal governo Conte nel 2019, è slittata poi di anno in anno finché il Tar del Lazio ha sollevato addirittura dubbi di incostituzionalità sulla base del fatto che, potenzialmente, la tassa penalizzava, colpendole in modo selettivo, le bevande zuccherate rispetto ad altri prodotti dolcificati o contenenti zucchero. Respinto anche questo ricorso, l’imposta sembrava arrivata al via, non senza polemiche soprattutto per un possibile impatto sull’economia di settore. Proprio il danno occupazionale (l’associazione di categoria Assobibe, stimava la perdita di 5.000 posti di lavoro) e le possibili ripercussioni alla filiera agricola e industriale che c’è dietro le bibite sono i possibili motivi dello stop, sia pure momentaneo all’imposta.
A cosa serve e qual è la sua storia
La sugar tax è già una realtà in altri Paesi Europei, fra cui la Gran Bretagna, la Norvegia e la Francia. Questa tassa non vuole essere solo un provvedimento economico: è stata pensata e poi messa in atto dai legislatori di diverse nazioni con un intento salutistico e come incentivo a promuovere stili di vita più sani. Tutto è partito dalle raccomandazioni dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Per l’OMS una politica di “tassazione mirata” sulle bevande zuccherate può contribuire a ridurre l’esplosione di un fenomeno gravissimo e finora quasi incontrollabile: l’aumento di sovrappeso e obesità, oltre che di diabete e di altre malattie metaboliche, la cosiddetta “Diabesity”.
L’obiettivo a lungo termine: più salute e meno spese mediche
Proprio l’abuso di bevande dolcificate e di cibi processati, ricchi di zucchero, grassi e sale, sarebbe fra le cause dei chili di troppo di giovani e giovanissimi, i più attratti da fast food e soft drinks. Secondo l’OMS l’introduzione delle imposte sulle bevande zuccherate, con il conseguente aumento del prezzo finale di bottigliette e lattine di soft drinks sia per i produttori che per i consumatori, sarebbe un modo efficace per limitarne il consumo.
Un obiettivo a lungo termine in fatto di salute e di forma fisica che può diventare più raggiungibile se i diversi governi affiancano alla tassa anche una politica di supporto e incentivo verso prodotti alimentari “sani” come frutta e verdura. Secondo l’OMS i vantaggi per i Paesi sarebbero più di uno: un maggior gettito fiscale, una popolazione più magra e in salute e un sistema sanitario alleggerito da pressioni eccessive, quindi meno spese per la collettività.
La sugar tax funziona?
Ma la sugar tax tanto discussa e poco amata funziona? Secondo l’OMS, che cita in particolare il caso francese, sì: nei Paesi dove è stata applicata il consumo di bevande zuccherate ed edulcorate si è ridotto e anche i chili di troppo tenderebbero a diminuire. Un cambio di rotta che, secondo la rivista scientifica Plos One, sarebbe avvenuto anche in Gran Bretagna: il tasso di obesità fra le ragazzine è sceso dopo le misure fiscali sui soft drinks.
Di parere opposto, invece, le associazioni dei produttori: per Assobibe associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di bevande analcoliche, questa tassa, poco amata anche dai consumatori, nel nostro Paese sarebbe quasi inutile. Non solo perché gli italiani sono molto più moderati rispetto ad altre nazioni nel consumo di soft drinks (la maglia nera va al Cile ed altri Paesi dell’America latina) ma perché il taglio dello zucchero negli ultimi anni in realtà c’è già stato ed è partito proprio dai produttori che hanno modificato le formule delle bevande. Oggi i prodotti sugli scaffali, secondo i dati Assobibe, hanno fino al 41% di zucchero in meno rispetto al passato.
Lucia Fino