Wise Society : Questione olio di palma: la querelle tra aziende e scienziati continua

Questione olio di palma: la querelle tra aziende e scienziati continua

di Fabio Di Todaro
19 Maggio 2016

L'ultimo rapporto Efsa definisce «genotossiche» e «cancerogene» alcune sostanze che si formano durante la raffinazione degli oli vegetali. E le industrie fanno un passo indietro

La querelle tra l’industria alimentare e il compatto fronte degli oppositori all’olio di palma – tema a cui Wise Society ha dedicato uno ampio speciale – è giunta a un punto di non ritorno. La questione olio di palma, diatriba in corso da oltre un anno e innescata dalla petizione lanciato da Il Fatto Alimentare, ha fatto registrare l’ultimo capitolo nel recente parere con cui l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) ha definito «genotossiche» e «cancerogene» alcune sostanze che si formano durante la raffinazione degli oli vegetali. A esserne più esposti soprattutto i consumatori delle fasce d’età giovanile, ma anche gli adulti che consumano eccessive quantità di prodotti da forno di origine industriale. Un’indicazione da non trascurare, che ha messo in allerta anche il mondo di «Big Food».

L’INDUSTRIA FA UN PASSO INDIETRO – Da qui ai prossimi mesi, occorrerà scegliere: dalla parte o no dell’olio di palma. Molte industrie, in realtà,  già fatto un passo indietro e dimostrato come sia possibile rimanere competitivi sul mercato pur rinunciando a un ingrediente che garantisce un’alta resa a basso costo. L’ultima evidenza scientifica, che va oltre le conseguenze sul sovrappeso e l’obesità e le ricadute sulle malattie metaboliche e cardiovascolari, ha convinto anche Coop a eliminare l’olio di palma da duecento prodotti a marchio e sostituirlo con olio extravergine di oliva o altri grassi vegetali. Una scelta dettata in primis da un dato portato alla luce dall’Efsa. Per un particolare composto – il 3-monocloropropandiolo, per cui il gruppo di studio sui contaminanti alimentari dell’Efsa non ha stabilito un livello minimo di sicurezza – è stata infatti fissata una soglia di tollerabilità di 0,38 microgrammi per chilo di peso corporeo: una dose oggi ampiamente superata dalla popolazione, in particolare da bambini, adolescenti e persino lattanti. Oltre questa, il composto sarebbe in grado di danneggiare il Dna: la mutazione sarebbe così trasmessa da una generazione a un’altra. A preoccupare, i consumatori prima e l’industria poi per le eventuali ricadute, anche la presenza dell’ingrediente in questione nei prodotti destinati ai lattanti. «L’esposizione dei neonati che consumino esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto risultano esposti a dieci volte il livello considerato a basso rischio per la salute pubblica», afferma Helle Knutsen, a capo del gruppo di lavoro che ha firmato l’ultima pubblicazione.

COSA SAPEVA L’INDUSTRIA? – Il ravvedimento dell’industria – che nei mesi scorsi aveva provato a respingere gli attacchi con una massiccia campagna pubblicitaria portata avanti in tv, sul web e sulla carta stampata – è stato accolto con moderata soddisfazione da parte dei primi sostenitori della petizione per opporsi al dilagante consumo dell’olio di palma: un danno per l’ambiente prima e per la salute poi. Secondo Dario Dongo, avvocato esperto di sicurezza alimentare, promotore della petizione lanciata con «Il Fatto Alimentare» e oggi fondatore del portale Great Italian Food Trade, «Big Food» sarebbe infatti stata consapevole da anni dei rischi correlati al consumo di olio di palma. «Tuttavia, all’insegna del maggior profitto, ne ha incrementato l’utilizzo, raddoppiandolo in pochi anni». Le prove raccolte paiono decisamente solide. La prima traccia sulla tossicità del palma risalirebbero al 2004, quando l’Università di Praga descrisse la presenza di contaminanti tossici (tra cui il 3-monocloropropandiolo) negli alimenti trasformati. Dopo tre anni il Centro per la sicurezza alimentare di Stoccarda, analizzando quattrocento alimenti, scoprì livelli significativi di contaminanti tossici nei prodotti contenenti olio di palma. Qualche mese più tardi l’Autorità tedesca per la sicurezza alimentare evidenziò la necessità di ridurre le sostanze cancerogene negli alimenti per la prima infanzia. A livello industriale le insidie legate al consumo dell’olio di palma sarebbero state note già prima del 2010, se si trovano tracce di alcuni convegni in cui la presenza di contaminanti tossici veniva descritta particolarmente elevata nell’olio di palma raffinato. Tutti avrebbero saputo, dunque, eppure l’impiego dell’ingrediente è avvenuto in dosi sempre più massicce.

LE REAZIONI ISTITUZIONALI – Subito dopo il rapporto dell’Efsa, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha chiesto lumi all’Unione Europea, di cui l’Efsa dal 2002 è l’organo tecnico consultivo. Ma da Bruxelles finora non è giunta alcuna risposta e le informazioni che filtrano dalla Commissione lasciano supporre che per il momento non saranno posti dei veti. L’Italia nel frattempo rimane tra i primi Paesi importatori di olio di palma in Europa. Stando ai dati Istat le importazioni sono passate da 274mila tonnellate del 2011 a 821mila tonnellate del 2015, registrando un aumento del trecento per cento.

Twitter @fabioditodaro

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