Il fornaio economista Antonio Cera è artefice della nascita di un movimento culturale ed economico per la valorizzazione della terra e del pane
Due anni fa a San Marco in Lamis il fornaio economista Antonio Cera firmava, insieme a un piccolo gruppo di agricoltori e imprenditori, il Manifesto Futurista del Pane. L’occasione, propiziata dallo stesso Cera, fu la prima edizione di Grani Futuri evento che, nel giro di tre anni, è cresciuto fino a riunire sotto le stesse insegne l’intero Movimento internazionale del pane.
E di pane, quello buono, laico, salutare, fatto a regola d’arte con farine integrali e semintegrali ricavate da sementi di grani antichi coltivate in biologico senza alcuna concessione alle scorciatoie si parla anche nella terza edizione dell’evento in programma il 15 e il 16 giugno 2019. La due giorni, che da San Marco in Lamis si allarga a Rignano Garganico, accoglierà maestri panificatori in arrivo da ogni parte d’Italia e del mondo, tra cui l’indiano Alysha Aggarwal, l’olandese Sophia Ohligs del Forno Collettivo di Milano, che dibatteranno e metteranno le mani in pasta, un atto che sin dall’antichità è simbolo e sinonimo di nutrizione.
Il tema scelto per questa terza edizione è Di pane e di terra. «Il pane è tratto d’unione e trattato di pace, simbolo della riuscita alleanza tra energie di natura e braccia umane, da lasciare in consegna alle generazioni future», spiega il fondatore di Grani Futuri, Antonio Cera. Nato a San Marco in Lamis, laureato alla Bocconi e poi tornato nel suo Gargano, il fornaio pugliese, è l’artefice della nascita di un movimento culturale ed economico che si pone come obiettivo la valorizzazione della terra e del pane, attraverso la diffusione di una cultura che divulghi le buone pratiche nell’intero ciclo produttivo raccolte negli undici punti del Manifesto Futurista del Pane. «Un modo – spiega – per creare economia e cultura abbinata allo sviluppo di un certo modo di coltivare, di molire, di utilizzare il grano».
Non si tratta di un obiettivo semplice da perseguire, ma anno dopo anno le firme in calce al manifesto aumentano testimoniando un coinvolgimento sempre maggiore intorno a un alimento primigenio, facente parte da oltre 30.000 anni della storia dell’umanità. E oltre ai fornai, ai quali si è aggiunto anche Gabriele Bonci, compaiono anche quelle di un pasticciere come Corrado Assenza che ha fatto della naturalità e del territorio il suo mantra, di uno scrittore come Pino Aprile, di un biologo e farmacologo come Angelo Luigi Vescovi e di un artigiano della birra come Teo Musso. A dare il proprio contributo accettando l’invito a mettere le mani in pasta sono stati molti chef che, in collaborazione con altrettanti fornai, firmano piatti in cui – ça va sans dire – il pane è elemento fondamentale.
Tra gli intenti ce n’è anche uno benefico. Tutto il ricavato della cena, simbolicamente battezzata “Panenutrice” («Un nuovo lemma che speriamo entri nel linguaggio comune come la riscrittura dei modi di coltivazione del grano, della panificazione e del consumo del pane») saranno devoluti per l’allestimento di un Laboratorio del pane per i bambini del reparto di Oncologia Pediatrica dell’Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo. «Perché – conclude Cera – è dimostrato che mettere le mani in pasta è un “atto magico” che fa lievitare l’umore e allena ad avere cura, dell’impasto e di sé».