Wise Society : Olio di palma: l’Istituto Superiore di Sanità lo “assolve”

Olio di palma: l’Istituto Superiore di Sanità lo “assolve”

di Fabio Di Todaro
1 Marzo 2016

Per Il principale centro di ricerca scientifico-tecnico in materia di sanità pubblica, "si tratta di un alimento che non può essere definito tossico perchè ciò che fa la differenza è quanto se ne mangia".

L’olio di palma è un argomento scottante – toccato qualche tempo fa da Wise Society con un ampio speciale – per chi si occupa di nutrizione. Il “nodo” è sempre stato rappresentato dalla presenza eccessiva di acidi grassi saturi, considerati dalla comunità scientifica (su queste colonne dal nutrizionista del Cra-Nut Andrea Ghiselli) un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, però, il palma non è dannoso in quanto tale «Nessun rischio per la salute legato alla presenza di componenti specifiche di per sé nocive» sebbene «l’alto contenuto di grassi saturi di questo alimento è legato ai noti rischi cardiovascolari, in caso di consumi elevati».

ATTENZIONE A BIMBI, ANZIANI E OBESI – Almeno momentaneamente, in attesa di ulteriori evidenze scientifiche, il parere chiude il cerchio di un dibattito, a volte dai toni anche piuttosto aspri (con una petizione online per bandire l’ingrediente), andato avanti tra i nemici “tout court” dell’olio di palma e gli esperti che da tempo circostanziavano il rischio nella stessa misura in cui adesso lo ha fatto il massimo ente istituzionale italiano in materia di salute pubblica. «Si tratta di un alimento che, come tale, non può essere definito tossico – ha spiegato all’Adnkronos Marco Silano, direttore del reparto Alimentazione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità -. Ciò che fa la differenza è quanto se ne mangia». Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, «non c’è nessun problema se si fa una dieta varia ed equilibrata, seguendo di stili di vita sani. Ma bisogna avere particolare attenzione per alcune categorie di persone più a rischio per il consumo di grassi saturi: forti consumatori di prodotti industriali, obesi, cardiopatici, anziani e bambini».

DA STABILIRE LA DOSE MASSIMA GIORNALIERA CONSENTITA – L’olio di palma è un ingrediente largamente impiegato nell’industria alimentare e rappresenta una rilevante fonte di acidi grassi saturi. È composto per il cinquanta per cento acidi grassi saturi (quasi esclusivamente acido palmitico), per il quaranta per cento da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e per il restante 10% da acidi grassi polinsaturi (acido linoleico). Resta da stabilire la dose massima giornaliera consentita. L’Istituto Superiore di Sanità ha preso in considerazione i dati contenuti in un unico studio scientifico che ha misurato i consumi giornalieri di olio di palma. Si tratta di un’indagine condotta dall’allora Inran – l’attuale Cra-Nut per cui lavora Ghiselli – nel 2005, troppi anni fa dal momento che non si può sottovalutare l’incremento in undici anni delle importazioni di olio di palma. Le stime di assunzione di acidi grassi saturi effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità  riportano un consumo nella popolazione generale adulta di circa 27 grammi al giorno, con un contributo dell’olio di palma stimato tra i 2,5  e i 4,7 grammi. Nei bambini di età 3-10 anni, le stime indicano un consumo di acidi grassi saturi tra i 24 e 27 grammi al giorno, con un contributo di saturi da olio di palma tra i 4,4 e i 7,7 grammi.

NESSUNA DIFFERENZA RISPETTO AL BURRO – Nel parere si precisa che «non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono o polinsaturi, quali, per esempio, il burro». A ulteriore riprova che gli effetti sulla salute dell’olio di palma sono legati alla sua composizione in acidi grassi, si osserva che il suo consumo non è correlato all’aumento di fattori di rischio per malattie cardiovascolari «in persone con peso e colesterolo nella norma, giovani» e «che assumano contemporaneamente le quantità adeguate di polinsaturi».

RESTA IL PROBLEMA AMBIENTALE – Oltre al fronte nutrizionale, l’altro protagonista del dibattito registrato negli ultimi mesi è stato quello ambientale. Deforestazione massiccia, uso di pesticidi poco controllato, scarsa tutela dei lavoratori: è questa la realtà delle coltivazioni della palma da olio, oggi la più redditizia nell’Africa Centrale e nel sud-est asiatico. Un aspetto, quest’ultimo, sottovalutato dalle popolazioni occidentali in ragione della lontananza dalle realtà coinvolte. Ma nell’Africa centrale il problema è più attuale che mai, se anche un gruppo di ricercatori europei s’è posto il dubbio che un uso così intensivo delle terre per produrre olio di palma possa portare all’estinzione dei grandi scimpanzé. «Quasi il sessanta per cento di questi animali vive in aree date in concessione per la coltivazione di palme da olio», è il monito lanciato lo scorso anno attraverso le colonne di Current Biology da Serge Wich, docente di biologia dei primati all’Università di Amsterdam e consulente scientifico del programma di tutela dell’orango di Sumatra. «In Indonesia molte foreste pluviali sono state distrutte per aumentare le rese produttive e lo stesso potrebbe accadere a breve in Africa, dove le aziende da tempo vanno a caccia di nuove aree coltivabili». Nel 2015 anche l’Italia ha raddoppiato le importazioni di olio di palma. Tra gennaio e ottobre, infatti, sono arrivate 307mila tonnellate di olio dalla Malesia (per le coltivazioni di palme rappresentano la terza voce del Pil, dopo l’industria del petrolio e quella elettronica), contro le 184mila tonnellate dell’anno precedente. Complessivamente l’Italia importa 1,6 milioni di tonnellate di olio di palma, di cui il ventuno per cento è destinato all’alimentare (l’11 per cento all’industria dolciaria).

Twitter @fabioditodaro

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