L'additivo è contenuto in molte bevande dolci le cui quantità non sono quasi mai indicate in etichetta.
«Puro, bianco, ma nocivo», lo definisce John Udkin nel titolo del suo ultimo libro. Lo zucchero è uno dei bersagli finiti nel mirino della critica negli ultimi anni, con l’obiettivo di trovare una parziale spiegazione all’epidemia mondiale di obesità. Più che al saccarosio, il disaccaride composto da glucosio e fruttosio in passato largamente utilizzato per addolcire alimenti e bevande, il mirino è stato però puntato sull’intera categoria dei dolcificanti. In pochi lo sanno, ma sempre più spesso nei preparati industriali si utilizza lo sciroppo di glucosio-fruttosio: costa meno e assicura la medesima percezione al palato.
Sciroppo di glucosio & Co.: gli edulcoranti sono più dannosi degli zuccheri
I livelli di assunzione del fruttosio sono difficili da stimare, dal momento che, oltre che nella frutta, risulta spesso presente nelle bevande senza indicazioni specifiche in etichetta. È questa seconda applicazione, diffusasi negli ultimi decenni, ad aver incrementato l’assunzione di questo zucchero, differente dal glucosio soltanto nella forma. Di conseguenza è cresciuto l’attenzione dei ricercatori, interessati a valutare il metabolismo del fruttosio e le eventuali ripercussioni sulla salute. L’industria alimentare utilizza in larga parte uno sciroppo composto glucosio e fruttosio per dolcificare le bevande e gli edulcoranti – lo dimostrano diversi studi – hanno un potere dolcificante maggiore rispetto agli zuccheri semplici.
Sciroppo di glucosio e diabete
Risale a poco più di due anni fa, ma fa ancora discutere, uno studio pubblicato su The Journal of Nutrition che dimostrava come lo sciroppo di glucosio-fruttosio predisponesse al diabete, a problemi cardiovascolari e all’obesità: tutti riscontri negli adolescenti.
Lo sciroppo di glucosio-fruttosio viene ricavato dai cereali, soprattutto mais, e costa decisamente meno rispetto al saccarosio: da qui la scelta compiuta da molte industrie alimentari. La mancanza di chiarezza in alcune etichette – dove l’ingrediente viene descritto come sciroppo di mais – rende inoltre più difficile la selezione da parte del consumatore. Il problema, come sempre, sta negli eccessi. Alcuni nutrizionisti raccomandano di non superare un consumo superiore a 25 grammi al giorno, ma com’è possibile determinare questa soglia?
Succhi di frutta sotto accusa
Lo sciroppo compare nei prodotti da prima colazione, nei succhi di frutta, negli snack dolci e salati: ma quasi mai sulle confezioni risulta indicato chiaramente il contenuto in grammi. Per la prima volta, però, una determinazione quantitativa giunge da un gruppo di ricercatori statunitensi che hanno rilevato – attraverso tre rilevazioni chimiche effettuate in altrettanti – la dose del dolcificante in dieci delle 23 bevande dolci e succhi di frutta più venduti negli Stati Uniti. Rilevando una maggiore concentrazione di fruttosio rispetto al glucosio, e considerando che i due monosaccaridi sono presenti in egual concentrazioni nel tradizionale saccarosio, i nutrizionisti hanno così notato che tutte le bevande testate avevano un profilo di zuccheri ben diverso da quello atteso.
Da qui la constatazione che «il fruttosio è ben più utilizzato di quanto si pensi e i suoi effetti, alla luce dei consumi massicci, sono a questo punto da valutare con attenzione», il commento esposto nello studio pubblicato su Nutrition.
La rilevazione potrebbe essere la conseguenza di una miscelazione tra due sciroppi di glucosio-fruttosio con differenti concentrazioni dello zucchero contenuto nella frutta: per nulla pericoloso se assunto in questa forma. La procedura è in fase di valutazione da parte della Food And Drug Administration: fino a quando non ci saranno paletti rigidi, sarà impossibile rilevare le concentrazioni dei singoli zuccheri utilizzati. Nel frattempo un consiglio che vale sempre: meglio mangiare la frutta a pezzi piuttosto che ripiegare sui succhi.