Wise Society : Cibi bio in crescita. Grazie anche alle garanzie del Marchio europeo

Cibi bio in crescita. Grazie anche alle garanzie del Marchio europeo

di Lia del Fabro
30 Maggio 2012

Qualità, sicurezza e sostegno ad un'agricoltura a basso impatto. Sono questi gli elementi che spingono i consumatori italiani verso gli alimenti coltivati con tecniche organiche

Sono passati già più di vent’anni da quando l’Unione europea, con il Regolamento CEE 2092 del 1991, introduceva regole e modalità relative alle tecniche di produzione biologica dei prodotti agricoli. Da allora, sulle tavole dei consumatori sono arrivati  sempre più alimenti coltivati secondo le tecniche biologiche, certificati anche dal logo che la UE ha introdotto alla fine degli anni ’90 su base volontaria e che, nel 2010, è stato rinnovato ed è diventato obbligatorio per chi  presenta i suoi prodotti come biologici.

Se dunque vogliamo avere la sicurezza riguardo l’origine e la qualità del cibo e delle bevande che consumiamo, andiamo a cercare il Marchio europeo biologico riportato sulle etichette dei prodotti.

Quanto e cosa si coltiva oggi in Italia

 

L’agricoltura ha dunque risposto in modo adeguato a un mercato in espansione e oggi molti produttori scelgono di coltivare razionalizzando l’uso delle risorse naturali e energetiche. Un aiuto è arrivato anche da un sistema di incentivi, partito a metà degli anni ’90, e che ha consentito al settore di decollare. Ma qual è la fotografia dell’agricoltura biologica oggi in Italia? Marta Romeo del SINAB, il Sistema d’Informazione nazionale sull’Agricoltura Biologica, ci fornisce i dati riferiti al 2010, ultimo anno disponibile.

Nel nostro paese la superficie biologica ha superato 1,1 milioni di ettari, vale a dire circa il 9 percento del totale della superficie agricola. Si coltivano soprattutto cereali, foraggere e prati per il pascolo. Ortaggi, vite, ulivi e agrumi  occupano un quarto dell’intera superficie biologica. Le regioni a più alta vocazione bio sono quelle del Sud, come Sicilia e Puglia, dove si produce il 50 percento dei cereali biologici. 48mila sono i produttori biologici in Italia.

Un fenomeno in fase di espansione

 

Ma i dati per regione possono variare di parecchio da un anno all’altro. Ci aiuta a capire il perché Andrea Povellato dell’INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria): «Gli aiuti decisi a livello regionale influenzano molto le scelte degli agricoltori che operano nel biologico. Però esiste una quota – direi il 30 percento di produttori – che per le proprie scelte produttive non si affida tanto agli incentivi anche per le difficoltà burocratiche che si incontrano per ottenere gli aiuti, ma preferisce  basarsi sull’andamento dei mercati», continua Povellato.

Infatti il settore biologico risponde a tre esigenze oramai consolidate tra i consumatori che cercano la qualità degli alimenti, la sicurezza dei processi produttivi e la partecipazione al mantenimento di un’agricoltura sostenibile, a basso impatto ambientale. «E la produzione che viene dal sistema biologico soddisfa questi tre obiettivi», conclude l’esperto dell’INEA.

L’offerta di prodotti biologici risponde a un fenomeno dei consumi che è sviluppato in pochi anni e che appare tuttora in crescita. La conferma viene dell’ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare): «Anche se l’incidenza complessiva dei consumi biologici oscilla dall’1,5 al 2 percento della spesa alimentare complessiva, l’incremento del settore è molto sostenuto» spiega Enrico De Ruvo esperto dell’andamento dei mercati per questo tipo di prodotti.

In testa tra i consumi uova e yogurt

 

Basti pensare che nel 2011 i consumi di bio confezionato nella grande distribuzione sono aumentati in valore quasi del 9 percento rispetto all’anno precedente. «Un fatto importante, soprattutto in un periodo di crisi economica, che ha visto contrarsi il consumo di beni alimentari in genere» continua De Ruvo che il biologico dimostri di essere un settore molto dinamico con valori in controtendenza».

Insomma gli italiani, costretti a stringere i cordoni della borsa per fare la spesa , spendono meno ma meglio. Alcuni dati di ISMEA, dicono quali sono le preferenze di chi punta sul bio. In testa  ortofrutta fresca e trasformata in vendita nella Grande Distribuzione (ben il 30 percento). Va forte anche il settore del lattiero caseario, (con il 23 percento del totale), e in genere i prodotti della prima colazione, come  biscotti, marmellate, i corn flakes. In assoluto, il prodotto bio più acquistato sono le uova con il 13,6 della spesa bio, seguono lo yogurt e, più a distanza, il latte.

Ma quanto si spende in Italia per i prodotti alimentari biologici? «Circa 1,5/1,6 miliardi di euro l’anno», risponde De Ruvo, «dato che però si stima possa raddoppiarsi se consideriamo anche l’esportazione e i consumi alimentari fatti nei ristoranti o nelle mense di tipo biologico».

Nella UE ai primi posti Germania e Francia

 

Vediamo adesso come si rapporta il nostro paese con il resto Europa (dati del Rapporto FIBL-IFOAM 2012), le vendite di prodotti biologici sono state di quasi 20 miliardi di euro, con una crescita dell’8 percento nel 2010 rispetto all’anno precedente. L’Italia si pone al quarto posto, dopo Germania, Francia e Regno Unito. I quattro paesi costituiscono tutti insieme buona parte del fatturato europeo. A livello di spesa pro-capite biologica, ai primi posti nel mondo ci sono la Svizzera con 153 euro l’anno e la Danimarca con 142 euro, mentre l’Italia in questa classifica non compare tra i primi dieci paesi. Invece, il nostro Paese si distingue per numero di ettari destinati al biologico: in Europa siamo ormai secondi dopo la Spagna.

Le criticità da affrontare e le prospettive future

 

Torniamo a Andrea Povellato per sentire quali sono i problemi e le potenzialità del settore. «Una prima critica al biologico è di carattere tecnico-produttivo perché ci sono alcuni puristi che sottolineano quanto spesso l’agricoltura biologica significhi solamente introdurre tecniche di sostituzione di quei prodotti chimici che sono vietati. In questo modo c’è chi dice che non cambia nulla e che sarebbe necessario spingere molto di più sulle tecniche biologiche. Sul fronte opposto ci sono coloro che ritengono poco produttiva l’agricoltura bio in risposta alla domanda globale di beni alimentari. Direi che entrambe le critiche, per motivi diversi, sono eccessive. È possibile praticare sia l’agricoltura tradizionale sia quella biologica: basta che entrambe siano sostenibili e rispettino l’ambiente», sottolinea l’esperto.

Poi c’è il problema della distribuzione e della commercializzazione, tema da sempre considerato l’anello debole della filiera agro-alimentare e che è importante ovviamente anche per il biologico. Ma gli sbocchi di mercato spesso sono più garantiti per la produzione biologica rispetto a quelli dell’agricoltura tradizionale. Ad esempio i cereali biologici destinati dall’industria di biscotti, merendine e in genere di prodotti secchi vanno molto bene.

Ma vanno tenuti a mente anche gli aspetti positivi: «Considerando la situazione più generale del settore agricolo, quello biologico gode sicuramente di buona salute» aggiunge Povellato, «e anche il sistema di certificazioni che premia gli sforzi compiuti dalle imprese verso un sistema di produzione più sostenibile è ormai consolidato. Esistono undici organismi di controllo a livello nazionale, la situazione appare più che dignitosa, i controlli sono effettuati molto seriamente e i prodotti sono sicuri». Infatti le 60 mila verifiche annue mostrano livelli di conformità molto positivi e solo il 3 percento dei prodotti non risulta in regola.

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