Quello materno è importante, ma quello vaccino non è fondamentale per l'alimentazione. E in alcuni casi è dannoso
C’è un alimento che ha unito fino agli anni ’60 i bambini di tutti i tempi e di tutto il mondo: il latte materno. «L’allattamento al seno è universale», osserva Piercarlo Grimaldi, rettore dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo. La rivoluzione culturale del ’68, però, portò in eredità il latte in polvere. «Le mamme tornavano dall’ospedale con la loro scatoletta – fa notare Grimaldi, docente di antropologia culturale -, ma l’allattamento al seno è fondamentale». Il perché lo chiarisce Andrea Pezzana, nutrizionista dell’Università di Torino, responsabile Area Salute di Slow Food Italia, e consulente per l’alimentazione di Samantha Cristoforetti in occasione della sua missione spaziale: «Ci sono vantaggi medici per la donna che vede calare le possibilità di sviluppare il tumore alla mammella, e per il bambino che sarà colpito meno frequentemente dalla sindrome metabolica. È per questo che l’Organizzazione mondiale della sanità consiglia di non completare lo svezzamento prima dei due anni di età del bambino ».
DAL LATTE MATERNO A QUELLO VACCINO – Questo, però, non vale dopo l’allattamento quando, con lo svezzamento, il latte materno viene via via sostituito con quello vaccino. «Il latte, come tanti altri alimenti, deve essere usato con moderazione e con cautela», hanno convenuto gli esperti riunitisi a Cheese2015, la manifestazione di Slow Food dedicata al mondo di allevatori e casari. «L’apporto proteico del latte vaccino è tra le cause di sovrappeso già nella prima infanzia e l’Italia è uno dei paesi con una popolazione di bambini e adolescenti tra i più grassi d’Europa», sottolinea Renata Alleva, nutrizionista, specialista in medicina ambientale e ricercatrice al Rizzoli di Bologna. Il latte e i latticini, quindi, fanno bene o male alla salute? Hanno ragione i vegani quando affermano che l’uomo è l’unico animale che continua a consumare il latte dopo lo svezzamento? La verità, come al solito, sta sempre in mezzo.
CONSUMARE CON MODERAZIONE – Non sarebbe un male scrivere nelle etichette di latte e latticini: “Attenzione, consumare con moderazione”. «Il consumo di latte è una questione di piacevolezza, non una reale necessità», chiarisce Paolo Bellingeri, nutrizionista in ambito oncologico. «Negli anni è cambiata la nostra cultura alimentare e abbiamo cominciato a utilizzare il latte, che non è necessario agli adulti, in maniera continuativa», aggiunge. «Non è un caso che nella dieta mediterranea, diventata patrimonio immateriale dell’Unesco, prevede un minimo consumo di latte post svezzamento, e un ridotto consumo di latticini – argomenta Bellingeri -. Se è vero che il latte di qualità contiene sostanze utili alla prevenzione oncologica, come gli omega 3 e l’acido linoleico coniugato, il consumo eccessivo di latticini può nuocere alla salute. Una dieta ricca di questi alimenti, infatti, potrebbe favorire lo sviluppo del tumore alla mammella nelle donne e alla prostata per gli uomini». Proprio per questo l’indicazione di Bellingeri è «cancellare latte e latticini dalla dieta se si è stati colpiti da questi tumori. Purtroppo, però, accade molto di rado che una diagnosi oncologica sia accompagnata dalle giuste informazioni nutrizionali».
LATTE, LATTICINI E OSTEOPOROSI – È vero, come ci hanno sempre raccontato anche i medici, che il loro consumo previene l’osteoporosi? Sembra proprio di no. «L’Oms non include quest’avvertenza nelle linee guida per la prevenzione – fa notare Renata Alleva -. Il picco di massa ossea, del resto, si forma intorno ai 30 anni». E allora? «Il consiglio – continua Alleva – è quello di ridurre drasticamente il consumo di proteine e sale, non far mancare nell’alimentazione i vegetali verdi a foglia come broccoli e spinaci ed esporsi regolarmente alla luce del sole per favorire la sintetizzazione della vitamina D attraverso la pelle».
È IMPORTANTE LA QUALITÀ DEL LATTE? – Nonostante il prezzo del latte sia quasi tutto uguali, non è vero che la qualità è la stessa. «Anche se non è più quella del latte prodotto dall’animale al pascolo diffuso fino al Dopoguerra – continua Bellingeri -. Oggi il latte è sempre più “bianco” ed erroneamente siamo portati a considerare non salutare quello che tende verso il giallo che, invece, è più ricco di carotenoidi. Non bisogna dimenticare che le vacche da latte possono essere alimentate con mangimi a base di soia Ogm e contenere residui di glifosate, un erbicida la cui cancerosità è evidenziata da molti studi». Quindi oltre ad essere consumato con moderazione, «è meglio – conclude – scegliere quello di un animale vissuto al pascolo e/o alimentato con fieno».